Perché la serie sulla Regina Carlotta è anche meglio di Bridgerton
Esce il 4 maggio su Netflix la serie tv Queen Charlotte - A Bridgerton Story, spin-off della serie firmata da Shonda Rhimes dedicato a uno dei personaggi più amati di Bridgerton, la Regina Carlotta, appunto.
Nel corso delle due stagioni di Bridgerton aveva conquistato i fan con il suo cinismo e le espressioni del volto, a volte imperscrutabili, altre al limite tra il disgusto e l'annoiato. Solo in alcuni frammenti si percepiva che dietro certi atteggiamenti ci fosse una storia ben più profonda e complessa, che la produttrice e sceneggiatrice ha voluto risparmiare per una serie ad hoc.
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Queen Charlotte - A Bridgerton Story, infatti, nasce come prequel rispetto alle vicende delle prime due stagioni di Bridgerton, ma alterna i tempi del racconto. Scopriamo, così, non solo come Carlotta è diventata regina e ha acquisito il potere, ma anche come certi rapporti sono arrivati fino a oggi a essere quello che sono.
Scelta più che azzeccata, considerato che - secondo noi - quella che doveva essere una "costola" è forse la più riuscita delle stagioni dedicate all'epoca della Reggenza.
Perché lo spin-off sulla Regina Carlotta ci è piaciuto più delle prime due stagioni di Bridgerton
Scorrete sotto la foto per scoprire perché.
In Queen Charlotte c'è meno gossip
Se nelle prime due stagioni di Bridgerton molte delle dinamiche erano basate sull'apparenza (che nell'alta società britannica dell'epoca era tutto) e sulle voci di palazzo, in Queen Charlotte capiamo quasi subito che l'impronta è più intimista e che la volontà di Shonda Rhimes è quella di andare un po' più a fondo, nella conoscenza dei personaggi e soprattutto nell'animo umano.
Per dimostrare che, al di là dei tempi e del modo di vestire, certi limiti della società e certe dinamiche interiori e psicologiche non cambiano. Siamo tutti sulla stessa barca, quando si tratta di affrontare i propri demoni.
Nella serie della Regina Carlotta c'è una visione diversa del sesso
La prima stagione di Bridgerton era passata alla storia per la sua impronta "hot" (come dimenticare la valanga di meme e slow motion del Duca di Hastings che leccava un cucchiaino sotto gli occhi incantati di una Dafne Bridgerton che era un po' la versione ottocentesca di Anastasia di Cinquanta Sfumature di Grigio).
Non che manchino le scene di sesso in questo spin-off, anzi. Ma è tutto più bilanciato e meno fine a se stesso. I rapporti tra i personaggi non raccontano solo di un'attrazione fisica irrefrenabile, ma ci dicono qualcosa di più dei protagonisti, dei loro sentimenti e del loro modo di essere.
Conosciamo meglio alcuni personaggi
Nel corso delle prime due stagioni di Bridgerton abbiamo conosciuto Violet, la mamma dei protagonisti, e Lady Danbury, personaggi in qualche modo centrali per lo sviluppo della narrazione, ma lasciati sempre in secondo piano.
In questo spin-off diventano invece cruciali e co-protagoniste. Scopriamo come nasce la loro amicizia e in particolare quella tra la regina Carlotta e Lady Danbury, ma soprattutto entriamo nella loro mente, riusciamo a carpire qual è stato il percorso che le ha portate a essere tra le nobildonne più rispettate, ma anche i sacrifici che hanno dovuto fare, come donne, come mogli, come madri, per ritagliarsi quella posizione.
In Queen Charlotte vengono affrontate tematiche importanti
Non che nelle prime due stagioni di Bridgerton non si trattino sfide anche attuali. La condizione femminile è stata spesso affrontata e sviscerata attraverso le storie delle donne - protagoniste e non - e questo è un tema che ritroviamo anche in Queen Charlotte. Ma non è l'unico argomento sul quale Shonda Rhimes prova a generare una riflessione.
Attraverso la figura di Re Giorgio ci troviamo catapultati nell'insicurezza e nella fragilità di chi soffre di disturbi mentali. La sensazione di precarietà, di smarrimento e di paura. Ma anche la difficoltà, per chi gli sta accanto, di accudirlo e di aiutarlo nel suo calvario.
Non solo: viene affrontata a volto scoperto la questione razziale, attraverso il Grande Esperimento, ossia le nozze tra Carlotta e Giorgio, che rappresentano la volontà di andare avanti, ma anche l'incapacità di farlo davvero. Non basta un matrimonio multiculturale a spazzare via il pregiudizio e trasformare una società.
Infine, non trascurabile, il tema della solitudine che fa da filo conduttore un po' a tutto il racconto. Una condizione che accomuna tutti i protagonisti: dalla Regina Carlotta a Lady Danbury, da Violet Bridgerton a Brimsley, il valletto di Sua Maestà. Non bastano balli, passeggiate e sfarzi a riempire il vuoto interiore e non sempre c'è qualcuno pronto a salvarci, se non noi stessi.
Rimane un guilty pleasure
Perché, quindi, Queen Charlotte ci è piaciuto più delle altre due stagioni di Bridgerton? Perché racchiude tutte le caratteristiche più belle della serie di Shonda Rhimes basata sui romanzi di Julia Quinn, ma aggiunge maggiore complessità e profondità, alla narrazione e ai personaggi.
I costumi, le scenografie, la fotografia, la colonna sonora, i dialoghi sono ammalianti come solo la corazzata di Shondaland (e Netflix) sanno fare e si aggiunge una trama più coinvolgente e meno prevedibile, al punto che ci si appassiona (e speriamo ci sia modo per saperne di più) anche della vita privata di Brimsley, il valletto onnipresente, ma sempre cinque passi indietro.
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