Su Netflix arriva l’agghiacciante storia dei fratelli Menendez


Monsters. La storia di Lyle ed Erik Menendez, su Netflix dal 19 settembre, ripercorre in otto puntate la storia dei fratelli Menendez, nota alla cronaca: è la sera del 20 agosto 1989 quando i due ventenni, armati di fucili, entrarono nella villa di Beverly Hills in cui abitavano con la madre Mary Louise “Kitty” e il padre José, uccidendoli.
Entrambi i genitori vennero colpiti diverse volte, facendo supporre alla Polizia che si trattasse di omicidio per vendetta da parte di qualche creditore del padre, self-made-man di grande successo. La verità però non tardò molto a venire a galla: dopo una serie di spese di troppo e il rinvenimento a casa dello psicologo dei due di alcuni nastri - non denunciati per segreto professionale - contenenti la loro confessione, Lyle ed Erik furono arrestati.
Fu durante il processo che emerse il loro passato di abusi subiti dal padre, del silenzio della madre e della paura di essere uccisi dopo aver minacciato il padre di denunciarlo.
Nel cast ci sono Cooper Koch nei panni di Erik Menendez, Nicholas Alexander Chavez in quello del fratello maggiore Lyle, Javier Bardem in quelli del temutissimo José Menendez e Chloë Sevigny in quelli della madre Kitty.
È una stagione dura - come lo era la precedente, Dahmer con Evan Peters - quella della serie creata da Ryan Murphy e Ian Brennan. La storia di una famiglia che avrebbe voluto impersonificare il sogno americano, dimostrandone però l’illusorietà e lo spietato torbido che l’apparenza a volte può nascondere.
Perché vedere Monsters. La storia di Lyle ed Erik Menendez
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La storia vera della famiglia Menendez
Il 20 agosto del 1989, i coniugi José e “Kitty” Menendez furono uccisi a colpi di fucile nella loro casa di Beverly Hills. Dopo una serie di congetture fuorvianti, vennero identificati i figli Lyle ed Erik come responsabili. José era di origine cubana: emigrato negli Stati Uniti in seguito alla rivoluzione cubana, dopo tanta fatica e tanti lavoretti per sbarcare il lunario era riuscito a ottenere la borsa di studio universitaria.
Fu tra i banchi che José incontrò Mary Louise Anderson, detta Kitty, una vera reginetta di bellezza. Si sposarono e si si trasferirono a New York, dove la carriera di José ebbe un’impennata: da lavapiatti divenne infatti un manager di successo dello showbiz. La coppia ebbe due figli, Lyle (il maggiore) ed Erik (il minore), che negli anni si rivelarono dei promettenti tennisti. La famiglia, per seguire l’attività sempre più fiorente di José, nel frattempo si trasferì a Los Angeles.
José era un padre duro e imperativo, che esigeva il massimo dai due figli, sia sul piano di studio sia in quello sportivo. Forse anche per questo i due, a un certo punto, iniziarono a esteriorizzare il loro squilibrio interiore in modo diverso: Erik venne pizzicato a compiere una serie di furti con scasso, Lyle venne sospeso da Princeton. Fino al tragico epilogo che, durante un processo durato sette anni, portò a galla nuove e dolorose verità su quello che succedeva in quella casa.

La struttura della serie
Secondo capitolo della serie antologica creata da Ryan Murphy e Ian Brennan si compone di otto episodi. Il racconto viene distribuito con una serie di “plot twist” più o meno ogni due puntate.
Le prime due raccontano l’omicidio e la vita esageratamente fuori luogo e dispendiosa dei due ragazzi dopo i fatti, quando la Polizia è ancora alla ricerca di un colpevole e il loro unico problema è capire se l’eredità di casa Menendez è loro oppure no. Qui arriviamo a detestarli.
Poi si cambia registro: dopo essere stati arrestati e accusati d’omicidio, i due iniziano a raccontare gli abusi del padre e il silenzio della madre. È un racconto doloroso e tormentato. Lo spettatore non può fare a meno di chiedersi se dopo tanto subito, non sia stato quasi “dovuto” il reato commesso con tanta atrocità.
In seguito ci sono due puntate “di pausa” in cui vengono raccontati José e Kitty: la loro storia, il loro rapporto, i loro “vizi” e l’odio mai negato per quei due figli così “comodi” in quella vita che loro avevano faticato per ottenere. Mentre le ultime due affrontano il processo a Lyle ed Erik.

Il cast di Monsters. La storia di Lyle ed Erik Menendez
Javier Bardem dà il volto a José Menendez. Esigente ed estremamente controverso, José è un “cattivo” perfetto nelle mani di Bardem, che riesce a trasferirne il lato più pauroso.
Chloë Sevigny invece è Kitty: moglie succube del marito, tanto da non denunciarne mai gli abusi - di cui era a conoscenza - sui figli; madre che godeva dell’amore incondizionato ma non della stima dei figli; donna il cui unico obiettivo era quella famiglia che però le dava solo problemi; amante delle armi.
Nicholas Alexander Chavez e Cooper Koch sono rispettivamente Lyle ed Erik Menendez. Lyle tra i due è il più tosto, mentre Erik è l’animo fragile di famiglia. “Spara per prima, o ti tirerai indietro” dice Lyle al fratello conoscendo la sua natura più docile, nonostante l’idea iniziale del crimine fosse proprio di Erik. Entrambi bravissimi, riescono a mostrare le contraddizioni dei loro personaggi, su cui - un po’ come è successo durante i processi - è davvero difficile riuscire a prendere una posizione netta.

Perché vedere la seconda stagione di Monsters
Quella su Dahmer era una stagione molto più dura per lo stomaco e la pazienza (verso il personaggio, ma anche per i ritmi narrativi) rispetto a questa seconda.
C’è tutto Ryan Murphy “crime” nella messa in scena di Monsters. La storia di Lyle ed Erik Menendez, le cui tinte meno cupe e la narrazione di questi giovani-ricchi-ragazzi-perbene si avvicina di più a quella di un’altra sua serie di genere, The Assassination of Gianni Versace.
Non serve aver visto la prima stagione per vedere questa seconda, quindi - a patto che riusciate a sopportare le storie di abusi su minori e violenza psicologica - guardatela. Per gli amanti di cronaca e del genere, sicuramente un’altra ricostruzione davvero ben fatta.
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