Mario Ermito: «preferisco che dicano che sono bravo, è lì che vinco»

«Più che la bellezza mi ha aiutato la determinazione. Il salto l’ho fatto quando ho imparato lo spagnolo e ho superato un provino. Da lì la mia vita professionale ha cambiato passo». L’attore Mario Ermito, 32 anni, da due lavora e risiede in Spagna, a Madrid. Dove è stato scelto, prima per il film Il racconto perfetto e per l’ultima stagione della serie Élite. E ora per il thriller erotico tratto dal romanzo dell’autrice Megan Maxwell Pídeme lo que quieras, prodotto da Warner Bros, e nei cinema spagnoli dal 28 novembre. Interpreterà il protagonista Eric Zimmerman, proprietario della compagnia farmaceutica tedesca Müller, al fianco di Judith, giovane assistente interpretata da Gabriela Andrada».
Che cos’ha amato del suo personaggio?
«Determinazione e carisma. È un uomo che ha sofferto e avuto grandi delusioni, ma ha imparato a ottenere ciò che vuole».
E che cosa vi rende diversi?
«Ha un vissuto faticoso, io vengo da una famiglia unita dove l’amore è sempre stato il fulcro di tutto. Invece lui vive in competizione col padre, che quando muore gli lascia la sua azienda. E anche dei segreti: Eric scoprirà che aveva una relazione con la donna che stava per diventare sua moglie».
Più che un thriller erotico sembra un trattato di psicologia.
«In qualche modo lo è, il sesso libero aiuterà Eric a stare meglio. Vorrà da Judith sempre di più. La tensione che si crea tra i due sarà la parte più interessante della storia. “Fino a che punto sei disposta ad arrivare”, chiederà lui».

E fino a che punto è arrivato lei? Pare ci siano scene molto sexy.
«È tutto finto. Abbiamo delle protezioni nelle parti genitali e attraverso dei movimenti che favoriscono la telecamera, può sembrare che l’atto avvenga ma è più una danza. Ad aiutarci c’era anche la coordinatrice d’intimità».
E che cosa fa una coordinatrice d’intimità?
«Mette gli attori nella condizione di rendere al meglio le scene di sesso, senza tensioni e paure».
Con Gabriela Andrada ci sono mai stati momenti d’imbarazzo?
«Si è creata da subito una forte chimica, mai imbarazzo. La parte più difficile del lavoro erano i cambiamenti emotivi perché Eric non era mai lo stesso. Appena il sentimento per Judith aumentava, lui tendeva a fuggire, non si lasciava trasportare».
L’aspetto fisico per il suo ruolo è stato determinante?
«Megan Maxwell è stata molto descrittiva sul personaggio di Eric. Avevo un personal trainer, Martin Giacchetta, che mi ha fornito un supporto fisico ma anche psicologico. Non uscivo quasi mai dal personaggio, mi allenavo cinque giorni a settimana e non potevo assumere zuccheri. Dovevo arrivare ad essere disegnato dal punto di vista muscolare, avevo molte scene a torso nudo e durante le pause per il pranzo andavo a dormire per non guardare i colleghi mangiare. Dopo l’ultima scena è arrivato il produttore con una torta di cioccolato».
Sarà stato contento del risultato.
«Non sono ipocrita, so che un bel corpo è utile per il lavoro che faccio, ma c’è anche tanto altro. I muscoli e lo sguardo sono un biglietto da visita, ma io mi sono sempre considerato più di ciò che la gente vede».
È meglio quando le dicono bravo o bello?
«Se mi imbruttiscono e sono contento. Preferisco che dicano che sono bravo, è lì che vinco. Il cinema insegna a sorprendere. Me lo spiegò il regista Carlo Carlei mentre giravo la serie per la Rai Fiori sopra l’inferno. Da allora mi sono tolto i panni del principe azzurro e ho scelto sempre ruoli da antagonista».

Ci sarà un seguito a questo film?
«È una trilogia, dipende da come va il primo film. Per ora so che sono l’unico attore italiano in un progetto spagnolo, e sento già di aver vinto».
A quale film del passato si è ispirato?
«A Mickey Rourke e al film 9 settimane e mezzo, che ho visto tante volte».
E come si è avvicinato al cinema?
«Grazie a mio padre. Il primo film visto insieme è stato Per un pugno di dollari, di Sergio Leone. Gli dissi: “Voglio diventare come lui”, riferendomi al protagonista Clint Eastwood. Ero bambino e mi affascinava più diventare bandito che attore, ma mio padre questo non l’aveva capito».
Da chi ha ricevuto consigli?
«Dai libri dell’attore Antonio Banderas: Una vida de cine e El viale de los ingleses. Quando studia un ruolo impara ogni dettaglio del personaggio e io cerco di fare lo stesso. È un grande, lo stimo e spero di incontrarlo presto».
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