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Lifestyle

3 manifesti a Ebbing, Missouri è il film più bello che vedrete quest’anno

3 manifesti a Ebbing, Missouri è il film più bello che vedrete quest'anno

foto di Valentina Barzaghi Valentina Barzaghi — 9 Gennaio 2018
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3 manifesti a Ebbing, Missouri è un film da vedere in vista degli Oscar e non solo: vi spieghiamo perché vi consigliamo così caldamente di non perderlo

Vincitore di quattro Golden Globes - Miglior film drammatico, Miglior sceneggiatura, Migliore attrice in un film drammatico a Frances McDormand, Migliore attore non protagonista a Sam Rockwell - 3 manifesti a Ebbing, Missouri è uno dei film più sorprendenti che vedrete quest’anno e promette di far parlare di sé anche il prossimo 4 marzo, agli Academy Awards 2018.

Nelle sale italiane l’11 gennaio, vi consigliamo vivamente di non perderlo.

LA TRAMA

Ebbing, Missouri. Mildred Hayes (Frances McDormand) è una madre di famiglia che non si dà pace: sono trascorsi sette mesi da quando sua figlia Angela è stata violentata e uccisa, ma la Polizia locale non ha fatto ancora nessun passo avanti nelle indagini.

La donna, decisa a sollecitare le Forze dell’ordine, affitta così tre giganteschi cartelloni pubblicitari che si trovano alle porte della cittadina e vi pubblica, in bella vista, alcune domande provocatorie che l’aiuteranno a riprendere le ricerche, innescando però una spirale di violenza che mostrerà il peggio della comunità in cui vive.

(Continua sotto la foto)

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La storia

Morte, rabbia, vendetta, rimorso, personaggi ben caratterizzati, tragedia e commedia insieme: gli elementi cari al cinema di Martin McDonagh ci sono tutti, ma a differenza dei suoi precedenti «In Bruges» e «Sette psicopatici», «3 manifesti a Ebbing, Missouri» è un film più ambizioso sia per intreccio narrativo sia per scopo dei suoi protagonisti.

Il regista inglese, infatti, tesse una trama a effetto domino: ogni azione non rimane mai fine a se stessa, ma ne va a innescare un’altra, che complica ulteriormente le cose.

«3 manifesti a Ebbing, Missouri» è architettato e raccontato attraverso dialoghi da manuale, taglienti e scritti con un ritmo che non lascia mai tregua.

Non solo: il film sviluppa in modo emozionante e senza pecche l’evoluzione di tre personaggi principali per cui non potevano essere scelti attori migliori.

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Mildred Hayes

Protagonista assoluta del film è Mildred Hayes, splendidamente interpretata da Frances McDormand, a cui il registra dice di essersi ispirato già dalla costruzione del personaggio in sceneggiatura.

Mildred è una donna ferita che inizia una guerra contro la Polizia locale, rea a suo avviso di essere troppo occupata a preoccuparsi di pericoli inesistenti - uno su tutti quello razziale - per avere tempo anche di risolvere problemi reali, come trovare il colpevole della morte di sua figlia.

Mildred deve affrontare da sola (le diranno che tutti sono con lei per quello che le è accaduto, ma nessuno lo è per quello che sta facendo) la sua battaglia: tuta, bandana e rasatura, va in guerra contro l’ottusità, perlopiù rappresentata da maschi inadempienti contro cui si vuole scontrare a armi pari.

Mildred porta sul grande schermo una nuova eroina femminile, una donna apologetica che se ne frega delle regole, una madre che non si nega l’uso della violenza per raggiungere i suoi obiettivi, una figura tutta d’un pezzo che si costringe a non crollare per non darla vinta a chi la vuole vedere sconfitta.

Mildred è tutt’altro che un personaggio positivo: è totalmente incurante degli effetti disastrosi che ha la sua missione. Eppure il suo spirito combattivo ci conquista da subito. Fino a quel pianto di dolore liberatorio che ce la fa arrivare in tutta la sua drammatica umanità.

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Il cast

Co-protagonisti del dramma di McDonagh sono il disneyano Sceriffo Willoughby, un animo buono e puro interpretato dal perfetto Woody Harrelson, e l’agente Dixon, ovvero Sam Rockwell nella sua miglior forma.

Dixon è un uomo meschino, fannullone e violento, a cui però McDonagh regala una trasformazione profonda, che attinge nel mito dell’araba fenice per parlare di speranza e di seconde chance da non sprecare.

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Lo humor esistenzialista di Martin McDonagh

Tutti i personaggi vivono un dramma che li porta a cercare un senso nelle proprie esistenze e li pervade di malinconia.

Il regista inglese racconta le loro storie calcando la mano sulle sfortune che incontrano nel corso delle loro vite e le loro imprevedibili reazioni.

Lo fa attraverso il suo inconfondibile humor dark, che diventa l’elemento narrativo portante di tutti i suoi film, compreso questo.

La risata per McDonagh, d’altronde, non è solo un escamotage per arrivare a tutti, ma anche uno strumento di riflessione: il cinismo di Mildred Hayes - la scena con il prete rimarrà negli annali - è così spietato che ci porta a ridere di quello che dice, ma le ragioni che la muovono a essere o esprimersi così sono tragiche e rimangono tali nelle nostre menti quando consideriamo la sua situazione.

La comicità dei protagonisti è intelligente, profonda, mai banale o patetica, è concentrata su sentimenti reali e su tematiche, quali la colpa comune e il perdono individuale che permeano il film, ma che sono difficilissimi da raccontare in questo modo.

Nonostante ciò Martin McDonagh è riuscito nella sua ardua impresa, regalandoci un film splendido e una grande conferma del suo lavoro come regista e sceneggiatore.

© Riproduzione riservata

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