Valentina Castellani è una delle donne più potenti nel mondo dell’arte. Torinese, braccio destro di Larry Gagosian (il numero uno dei galleristi), vive nella Grande mela e si occupa dei più famosi talenti contemporanei. La sua filosofia? «Studia, viaggia, ama»

Valentina Castellani è una delle donne più potenti nel mondo dell’arte. Torinese, braccio destro di Larry Gagosian (il numero uno dei galleristi), vive nella Grande mela e si occupa dei più famosi talenti contemporanei. La sua filosofia? «Studia, viaggia, ama».
Se siete appassionati d’arte, il nome di Larry Gagosian certamente non vi è nuovo. È il creatore di un impero di 11 gallerie, l’unico con una presenza globale che va da New York a Hong Kong, passando per Los Angeles, Londra, Parigi, Atene, Ginevra e Roma.
Ma forse non sapete che il suo braccio destro è una donna ed è italiana: Valentina Castellani, nata a Boston 45 anni fa, ma cresciuta a Torino (dove suo padre, Valentino Castellani, è stato sindaco dal 1993 al 2001). Vive a New York dal 2002 insieme al marito Gianluca Violante, docente di Economia alla New York University.
Accetta volentieri di incontrare «Grazia» nel suo ufficio sulla Madison avenue «perché», spiega, «credo molto nella solidarietà femminile e penso che raccontare le storie di chi è riuscita a raggiungere una posizione importante possa essere un esempio per le altre donne e incoraggiarle».
Larry Gagosian dice che il mondo dell’arte non è mai stato un club per soli uomini. È così? È più facile per una donna “sfondare” in questo settore rispetto ad altri?
«Negli Stati Uniti, e a New York in particolare, non si è più penalizzate in quanto donne: si hanno le stesse responsabilità, si è sottoposte alla stessa pressione degli uomini e giudicate secondo i meriti. Credo sia vero in tutti i campi, ma certo nella storia dell’arte il ruolo femminile è stato fondamentale in America: penso a Peggy Guggenheim, la prima a esibire Jackson Pollock nella sua galleria newyorkese nel 1942, e a Ileana Sonnabend, che negli Anni 70 lanciò la Pop art».
Cecilia Alemani è responsabile della High Line Art a New York; Massimiliano Gioni, nuovo direttore artistico della Biennale d’arte di Venezia, dirige il New Museum; Francesco Bonami è curatore al Museo di arte contemporanea di Chicago. Negli Usa, dunque, vince il gusto italiano...
«La differenza la fa la preparazione di base, molto solida, dei licei italiani: alla lunga dà i suoi frutti in tutti i campi. A me è servito molto anche lo studio dell’archeologia greca all’Università di Torino: l’idea del bello e dell’armonia nell’arte contemporanea ha radici nel mondo antico».
Quando è nata la sua passione per l’arte?
«Ce l’ho da sempre, da quando andavo in giro per mostre con i miei genitori. Nel ’97 a Londra ho trovato il primo lavoro in una galleria, poi da Sotheby’s, dove ho imparato l’abc di questo business. Nel 2004 sono passata alla Gagosian perché Larry mi ha fatto una proposta impossibile da rifiutare».
Lei è specializzata in arte contemporanea, che per molti ha un linguaggio incomprensibile... Quali consigli può dare a un pubblico poco esperto?
«Allenate l’occhio. Visitate molte mostre per farvi un gusto personale. Davanti a un’opera cercate di avere l’approccio spontaneo che hanno i bambini, senza pregiudizi. Come i miei nipotini italiani, che si divertono molto quando li porto in giro per le gallerie».
D’accordo, però è difficile per i principianti innamorarsi, per esempio, degli “Spot paintings”, i dipinti a pois di Damien Hirst esposti ora alla Gagosian: decine di migliaia di pallini colorati…
«Hirst è un artista complesso. Mi colpisce il suo modo, molto forte, di trattare i temi della vita e della morte, come ha fatto in un’opera con le mosche sulla carne in putrefazione. Gli Spot paintings si chiamano anche Pharmaceutical paintings, perché il titolo di ognuno riprende il nome di un medicinale. È un approccio scientifico al dipingere simile a quello dell’industria farmaceutica alla vita, ha spiegato Hirst. Forse conoscere il pensiero dell’artista alla base delle sue opere aiuta a capirle e ad apprezzarle».
Perché gli “Spot paintings” occupano tutte le 11 gallerie Gagosian al mondo?
«È un riflesso della globalizzazione dell’arte. Ed è anche una provocazione. Fa pensare al rischio di banalizzare la cultura, di trasformarla in merce da supermercato, uguale sugli scaffali di tutti i Paesi».
Negli ultimi anni nel mondo dell’arte sono entrati nuovi compratori - i russi e i cinesi - e i prezzi sono saliti alle stelle: è una nuova bolla speculativa?
«In realtà il mercato dell’arte ha retto bene alla crisi finanziaria. Chi ha comprato artisti affermati - come Warhol, Picasso, Giacometti e lo stesso Hirst - non ha perso soldi. Anzi, le loro quotazioni hanno continuato a registrare record».
Ma chi non ha milioni da spendere?
«Può puntare sugli artisti emergenti: è più rischioso, certo, ma anche più soddisfacente. Con cinque mila dollari, per esempio, si può comprare una bella foto. Comunque, raccomando sempre di collezionare ciò che ci appassiona. Così, se non si rivaluta, almeno ci resta qualcosa che ci piace...».
Alla Gagosian lei cura anche importanti mostre, come quella della scorsa estate su Marie-Thérèse, amante-musa di Picasso, organizzata con la nipote Diana. Com’è lavorare con gli eredi degli artisti che hanno fatto la storia?
«È emozionante! Ora sto organizzando una mostra sulla relazione fra Picasso e un’altra delle sue compagne, la pittrice francese Françoise Gilot, madre di Paloma e Claude. È stata l’unica che abbia saputo tenergli testa: non è stata abbandonata da lui, lo ha lasciato lei... Ha 90 anni e sta lavorando con me per l’esposizione: una donna molto intelligente da cui prendere esempio».
A proposito di esempi, che cosa consiglia alle ragazze per avere successo?
«Studiate, imparate le lingue (io ne conosco quattro, il francese e lo spagnolo, oltre all’italiano e all’inglese), siate disposte a uscire dall’Italia per vedere che cosa c’è fuori. E, soprattutto, non rinunciate ai vostri sogni: impegnatevi davvero in ciò che amate».
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