Il giornalista Dario Maltese: «Tornando indietro intervisterei la Regina»
Il desiderio di viaggiare e conoscere il mondo, la curiosità, il coraggio di lasciare casa e la propria comfort zone: se vi riconoscete in queste parole la storia di Dario Maltese vi sarà di ispirazione. Finito il liceo classico, il reporter e volto dell’edizione serale del TG5 decide di lasciare la sua Erice (dove è nato) e Castellammare del Golfo (dove è cresciuto) e spostarsi a Roma per studiare Scienze Politiche all’università.
Dopo la laurea in Scienze politiche, entra in Mediaset: come inviato segue sul campo i principali fatti di cronaca e politica estera (Brexit, referendum in Scozia e Catalogna, elezioni in Usa, Francia, Regno unito, Spagna e Grecia, attentati terroristici a Charlie Ebdo, Bataclan, Bruxelles, Nizza, Londra, Berlino e al Museo del Bardo a Tunisi).
Ma anche grandi eventi di costume internazionale, come i due ultimi Royal Wedding inglesi.
Dopo TGCOM e Verissimo, oggi è uno dei volti di punta del telegiornale di Canale 5.
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Quando hai capito che la tua strada sarebbe stata il giornalismo?
Da bambino rispondevo sempre che da grande avrei voluto avere un’edicola e vendere i giornali così avrei avuto l’opportunità di poterne leggere quanti ne volevo.
Penso che già in questa risposta ci fosse, un po’ anche a livello inconscio, il mio desiderio di fare il giornalista. Un desiderio che si è concretizzato durante gli anni del liceo.
La tua più grande soddisfazione dal punto di vista professionale?
Non è tanto legata a un singolo evento quanto a un percorso fatto, quello che a 18 anni mi ha portato a prendere la decisione che mi ha cambiato la vita: lasciare la Sicilia, la famiglia, le certezze e una realtà molto piccola di provincia per scegliere di andare a vivere in una città che non conoscevo e dove non conoscevo nessuno per frequentare l’università e inseguire i miei sogni.
Oggi torno in Sicilia una volta al mese per vedere i miei genitori, ma probabilmente se fossi rimasto lì, la mia vita avrebbe avuto una piega molto diversa.
Hai seguito i momenti cruciali del nostro tempo: dalla Brexit all’attentato al Bataclan, dai referendum separatisti in Scozia e Catalogna alle elezioni americane. Quali di questi eventi ti ha segnato di più e perché?
Dal punto di vista emotivo, certamente la stagione degli attentati in Europa: Parigi, Nizza, Bruxelles, Berlino.
Improvvisamente eravamo ripiombati in un clima di terrore e di sospetto. Sono stati anni pesanti, ma anche formativi dal punto di vista professionale.
Sul momento, quando sei sul posto e devi raccontare quello che sta accadendo, prevalgono la lucidità e l’aspetto razionale, non ci può essere spazio per altro.
Il carico emotivo, almeno nel mio caso, arriva dopo, quando torni a casa, seppure accompagnato dalla sensazione di avere vissuto un fatto storico seppure drammatico.
Il tuo preferito tra i vari Speciali che hai curato?
Quelli legati alle elezioni del presidente degli Stati Uniti perché mi piace la politica americana.
Il loro sistema elettorale è molto complesso, la notte successiva al voto riserva sempre molte sorprese: singoli stati, di cui di solito si parla poco, in quell’occasione diventano cruciali per il futuro di una grande potenza come l’America, un Paese che ho girato anche negli angoli più sperduti e che ancora oggi, seppure con molte contraddizioni e spaccature, porto sempre nel cuore.
Se avessi la possibilità di intervistare un personaggio, anche del passato, chi sceglieresti?
Oriana Fallaci, che non ho mai conosciuto. Prima de La rabbia e l’orgoglio, non avevo letto nulla di lei. Quando uscì quel libro, rimasi spiazzato e conquistato dalla forza della sua scrittura.
E poi la Regina Elisabetta che in vita sua non ha mai rilasciato un’intervista.
A cos’altro ti saresti dedicato se non avessi scelto questa carriera?
Mi sarebbe piaciuta molto la carriera diplomatica. Una delle mie passioni è viaggiare, mi piace scoprire il mondo. L’idea di vivere un Paese che non è il mio mi ha sempre affascinato.
Anche in questo caso forse ha giocato l’inconscio perché oggi come giornalista mi occupo di esteri, da inviato per il TG5 ho avuto la possibilità di visitare e raccontare posti che non avrei immaginato o di accedere in situazioni fuori dall’ordinario.
Anni fa hai vinto il premio Ischia internazionale di giornalismo come Miglior giornalista under 35. Che consigli daresti a un giovane che oggi vorrebbe intraprendere questo mestiere?
Dare consigli è sempre molto rischioso e presuppone un atteggiamento da cattedra che non mi appartiene.
Detto questo, penso che sia fondamentale studiare, leggere, viaggiare per ampliare i propri orizzonti e superare i propri limiti, anche culturali. Imparare almeno una lingua straniera.
Avere una buona resistenza fisica perché questo è un lavoro bellissimo ma anche molto faticoso, senza orari e che richiede una grande flessibilità. E poi avere come riferimento i migliori e cercare di imparare da loro.
Foto: Gianmarco Chieregato
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