Pietro Castellitto è il primogenito di Sergio e Margaret Mazzantini: due volte figlio d’arte. Due volte raccomandato, potrebbero pensare i maligni. Un doppio privilegio o un doppio peso da portare sulle spalle (dipende dai punti di vista), soprattutto adesso che ha scelto la carriera di attore e, dopo i primi ciak sotto la regia del padre in film con la sceneggiatura firmata dalla madre (Non ti muovere), comincia a fare da solo.

Pietro Castellitto è il primogenito di Sergio e Margaret Mazzantini : due volte figlio d’arte. Due volte raccomandato, potrebbero pensare i maligni. Un doppio privilegio o un doppio peso da portare sulle spalle (dipende dai punti di vista), soprattutto adesso che ha scelto la carriera di attore e, dopo i primi ciak sotto la regia del padre in film con la sceneggiatura firmata dalla madre (Non ti muovere), comincia a fare da solo.
Per giudicare come se la cava questo ragazzo 20enne, magro, con un volto un po’ tormentato, bisogna andarlo a vedere nel film È nata una star?, regia di Lucio Pellegrini, la sua prima vera prova senza la firma della premiata ditta Castellitto-Mazzantini. Osservato da vicino, mentre in un pomeriggio di primavera romana cerca di ammaestrare i piccioni nel parco di Villa Borghese, ma soprattutto ascoltandolo quando racconta di sé, della sua famiglia speciale, Pietro suscita immediata simpatia e curiosità per la carriera che lo aspetta.
Per il suo primo film senza papà Sergio, È nata una star?, si è scelto un ruolo piccante, quello del pornoattore.
«Ho messo tanta passione nella parte di Marco, un giovane timido, che senza dire nulla ai genitori gira un film porno, un evento che, una volta scoperto, mina l’apparente serenità della famiglia, perché supera ogni immaginazione dei genitori. Poi Luciana Littizzetto e Rocco Papaleo, mia madre e mio padre sul set, piano piano prendono coscienza e la gravità della situazione si ridimensiona. È una commedia intelligente e divertente».
Ma lei appare in situazioni osé?
«Solo in una scena: resto in mutande!».
È vero che è stato suo padre a insistere perché facesse il provino?
«Sì, il copione arrivò a lui. In quel periodo stavo girando Venuto al mondo, film diretto da mio padre e tratto da un libro di mamma. E poi ero concentrato sull’università».
Che cosa sta studiando?
«Filosofia: era l’unica materia che al liceo seguivo con vera passione. Il mio filosofo preferito è Friedrich Nietzsche, mi attira la capacità con cui è riuscito a usare la sua sofferenza anziché farsene travolgere. Seguo anche corsi in materie al di fuori dello stretto ambito filosofico, materie che studio a prescindere. Perché la verità è che mi laureerò soltanto per fare contenti i miei genitori. Mio padre mi dice sempre: “Come il più borghese dei padri, voglio che tu ti laurei”».
Si rivede un po’ nell’autore di Così parlò Zarathustra?
«Non esageriamo! Ho una personalità complessa, come tutti, ma pochi hanno il coraggio di ammetterlo a se stessi. Forse per paura, non so...».
Nella vita vera, quanto conta il sesso e quel potenziale di virilità, chiamiamolo così, di cui è dotato il protagonista del film?
«Per Marco, il mio personaggio, alla fine proprio le misure (piuttosto sviluppate) diventano un peso, ma credo sia meglio avere quel problema piuttosto che l’opposto...».
Tutti i ragazzi adesso guardano il porno su internet.
«La mia professoressa delle scuole medie raccontava dei bordelli. Penso che il sesso virtuale, facilmente accessibile a tutti, ne abbia un po’ preso il posto. Non ci vedo nulla di perverso, anche se forse mina l’immaginazione».
Si è ispirato a Rocco Siffredi, il più famoso pornoattore italiano?
«No, questa è una commedia, interpreto un ragazzo un po’ goffo».
Come pensa avrebbero reagito Sergio e Margaret, i suoi genitori, se avesse davvero deciso di fare il pornoattore?
«All’inizio forse sarebbero rimasti un po’ sconcertati, ma poi avrebbero accettato la mia scelta, mostrando anche una certa fierezza».
Scambierebbe, magari solo per pochi giorni, i suoi genitori cinematografici, Littizzetto e Papaleo, con i suoi?
«Le riprese a Torino sono state un idillio, un mese splendido: Luciana e Rocco sono persone molto disponibili e aperte, senza nessun pregiudizio verso di me, che sono all’inizio della carriera. Però i genitori veri sono i miei».
Parliamone un po’. È vero che prendevano sempre mezzi di trasporto diversi quando dovevano spostarsi con tutta la famiglia?
«Ancora oggi tutti noi preferiamo viaggiare in aereo con mamma, mentre papà prende un altro volo».
Suo padre com’è in famiglia?
«Papà è molto autoritario, anche se la sua durezza, negli anni, anche dopo tanti scontri e confronti con me, si è attenuata. Penso che fosse preso dall’ansia di crescerci nel modo giusto, non voleva che ci illudessimo, che pensassimo che tutto il mondo fosse come quello privilegiato in cui siamo cresciuti».
Com’è diventare grandi in una famiglia così numerosa?
«A me è piaciuto, tanto che vivo ancora a casa: ho un piano tutto per me».
Invece sul set com’è suo padre, che negli anni le ha fatto un po’ da chioccia?
«Sul set papà è deciso e autoritario come nella vita reale, un maestro, ho sempre tutto da imparare. E mi ha fatto fare, giustamente, la gavetta. In Libero Burro dicevo solo: “Buongiorno”, mentre in Non ti muovere serviva qualcuno che interpretasse mio padre da giovane mentre mangia gli spaghetti e io ero quello che più gli somigliava. Ho iniziato così...».
Pensa davvero di somigliargli così tanto? Il naso è lo stesso, però lei ha il volto dolce e gli occhi di sua madre...
«Nelle foto di mio padre alla mia età, ci somigliamo come due gocce d’acqua: anche lui era molto magro, mi racconta che gli cadevano i calzini tanto le gambe erano sottili».
Il confronto con lui, anche se avete quasi quarant’anni di differenza, sarà inevitabile. È una montagna troppo alta da scalare?
«Diciamo che per ora considero un privilegio essere suo figlio, altrimenti a 20 anni non avrei mai avuto la possibilità di recitare il ruolo del figlio di Penélope Cruz. Alla lunga potrebbe però tramutarsi in una condanna. Vedremo, per ora la cosa non mi turba».
Quindi ha deciso: farà l’attore.
«Penso di sì, è un mestiere meraviglioso, anche se ha i suoi aspetti negativi, come l’ansia di alzarsi la mattina aspettando proposte e copioni che possono anche non arrivare. Io vorrei che il mio lavoro dipendesse solo da me, dalle mie reali capacità».
Le piacciono i romanzi di sua madre?
«Non ho letto tutti i libri di mia mamma. Quando conosci benissimo una persona quasi quasi sei meno incuriosito da quel che può scrivere, perché sai già quando ha avuto quel pensiero, sai a chi o a che cosa si riferisce in quel determinato passaggio. È come se venisse meno il mistero. Mamma è diventata scrittrice con noi, in casa. Quando è soddisfatta di una pagina, cucina pesce per cena. Papà invece ha recitato da sempre».
Il film che predilige tra quelli interpretati o girati da suo padre?
«Molti li ho visti solo quando ero piccolo, forse Caterina va in città e Concorrenza sleale. Quando diedero in tv lo sceneggiato su Padre Pio, ricordo che mia madre piangeva sul divano, mentre io ridevo in camera mia perché stavo guardando Scemo più scemo, ero un ragazzino».
Tra le tante attrici che hanno frequentato casa sua, quale le è rimasta più impressa?
«Penélope Cruz: con me è sempre stata molto materna, affettuosa. Ha un carattere protettivo, le sono affezionato, anche se litighiamo per il tennis, lei è super tifosa di Rafa Nadal, io vado pazzo per Roger Federer».
So che sfida spesso suo padre sui campi di tennis.
«E lo batto, come del resto a calcio, sport in cui papà se la cava, anche se una volta, giocando ai giardinetti, fece un doppio passo e si ruppe il menisco. Mamma invece ama la corsa e il nuoto. I miei genitori hanno sempre assecondato il mio amore per lo sport: mi portavano a fare vela ad Anzio in pieno inverno, oppure a cercare le scarpe chiodate per l’atletica. Io non so se avrei la stessa pazienza con i figli».
Lei ha una faccia particolare, un po’ alla Vincent Cassel…
«Con queste orecchie non si può dire che io abbia i linea-menti perfetti. Ma un volto senza irregolarità alla fine stanca, no?».
Crede che si parlerà di una dinastia dei Castellitto?
«Magari, vedremo. L’idea di recitare attira un po’ tutti noi quattro fratelli, anche se Maria, nata sette anni dopo di me, forse è più timida, mentre Anna, che ha appena dieci anni, è molto estroversa, è davvero portata per lo spettacolo. Adesso sta attraversando la fase della passione per il canto, ceniamo con la sua voce in sottofondo. E poi c’è Cesare, che a sei anni è alto quasi come me. Mai nome fu più azzeccato: si comporta già come il dittatore della casa, guai a contraddirlo. A pensarci bene, mi ricorda tantissimo papà…».
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