Aveva promesso che non avrebbe più interpetato lo stereotipo della ragazza di colore che vive ai margini. Poi Naomi Harris ha cambiato idea. E ha dimostrato che puoi superare te stessa e fare del film che hai scelto la rivelazione dell'anno
C’è una donna che il 26 febbraio sarà candidata all’Oscar per un ruolo che non voleva. C’è un’elegante attrice di colore, cresciuta a Londra da un padre di Trinidad e una madre jamaicana, che arrivata a un certo punto della sua carriera aveva detto: «Basta, non chiedetemi più d’interpretare il ruolo della ragazza nera alle prese con uomini violenti, droga e bambini da crescere». Poi ha accettato di trasformarsi in una madre tossicodipendente e ora si contenderà con Viola Davis la statuetta destinata alla migliore attrice non protagonista dell’anno.
Questa donna si chiama Naomie Harris ed è tra i protagonisti del film sorpresa di questa stagione: Moonlight, otto candidature all’Oscar, passato lo scorso autunno in anteprima alla Festa del cinema di Roma e celebrato da tutti i critici ancor più del favorito La La Land. «Nessuno, e ripeto, nessuno si aspettava un successo del genere. Siamo al settimo cielo», mi dice ora lei.

Quarant’anni, diventata icona sexy da quando è stata scelta come Eve Moneypenny nella saga di James Bond, Naomie in questi giorni è sulla copertina del magazine americano New York, scelta come icona della moda di primavera. In Moonlight, invece, si trasforma in una donna alla deriva, che preferisce il crack a suo figlio e ignora i conflitti interiori che lo porteranno a scoprire la sua omosessualità in una Miami spietata.
Perché non voleva questo ruolo?
«Ho dovuto pensarci molto, è vero. Mia madre mi ha fatta nascere che aveva solo 18 anni, mi ha allevata grazie ai sussidi statali e, poi, è riuscita ad andare all’università e a diventare una scrittrice. Si è data da fare per emergere ed è sempre stata un esempio di donna forte, intelligente e capace: penso a lei e voglio sempre interpretare donne così, esempi positivi, non mi va di cadere nello stereotipo dell’afroamericana alla deriva».
Per alcuni questo è un atteggiamento da premiare, ma altri l’hanno criticata dandole della snob.
«Nei copioni non ci sono mai abbastanza donne forti, anche se nella vita ne conosciamo tutti moltissime. Tuttavia, alla fine ho accettato di essere Paula perché, anche se non è un ruolo positivo, lungo il corso degli anni impara a redimersi e a cercare il perdono di suo figlio. E s’impegna ad aiutare le giovani che hanno fatto i suoi stessi errori».
Per interpretare questa madre lei ha incontrato tante madri tossicodipendenti. È questo che l’ha aiutata nella trasformazione?
«È stato molto difficile diventare quella donna. Anche perché avevamo appena tre giorni di riprese per le mie scene e, allora, ho deciso di immergermi nel suo dolore senza mai uscire da questo bellissimi personaggio».

A proposito di bellezza, che cosa è per lei?
«Io l’associo all’amore, alla gentilezza e a un cuore generoso: queste sono le cose che mi toccano di più e che, se le vedo in una persona, me la fanno apprezzare sotto una luce speciale».
Di solito nelle interviste si chiede agli attori che cos’hanno in comune con il personaggio che interpretano, ma stavolta sembrate davvero il giorno e la notte. O c’è qualcosa che non sappiamo di lei?
«In effetti sono una donna senza vizi, tranne quello della vita sana: non amo l’alcol, non fumo e poi, da vera britannica, bevo tè e non caffè».
E di fronte alle difficoltà della vita come si comporta?
«Non sono una che sta lì a pensare a quante cose stiano andando storte o a ripetere quante migliaia di attività ci siano da fare. Penso sempre: “Ok, Naomie, cerchiamo la soluzione”. Sono una donna emotiva, a volte sentimentale, ma quando c’è da agire lo faccio senza perdere troppo tempo».
È stata la scuola di recitazione a insegnarle a separare cuore e testa?
«No, credo di essere nata proprio così».

Prima di Moonlight ha recitato nel film drammatico Collateral Beauty, con Will Smith. Lì si parlava della perdita di un figlio. Crede davvero, come ha detto, che anche nei momenti più oscuri possa esserci una luce da seguire?
«La vita ti porta spesso all’estremo e, anche quando hai perso le speranze, puoi scoprire di avere una forza interiore straordinaria. È quello che capita alla donna che interpreto in Moonlight, ma è anche quello che mi ha insegnato sul set di Collateral Beauty un’assistente di Will: anche lei aveva perso suo figlio e, prima di ogni scena, per cercare di farmi capire il suo dolore, mi mandava piccole poesie che l’avevano aiutata a superare la sofferenza senza sentirsi in colpa».
Che cosa le fa paura, Naomie?
«Non ho timore di morire, ma so bene che la morte t’insegna a rispettare la vita e la sua fragilità. Ovviamente non posso nemmeno pensare di perdere le persone che amo. So che sarebbe un trauma molto difficile da superare per una persona come me. Probabilmente, se avessi dei figli, avrei soprattutto timore che si facessero male, o che in generale qualcosa nella loro vita potesse andare storto. Nonostante questo, so bene che dobbiamo dare un senso alla nostra esistenza e stare vicini gli uni agli altri, perché altrimenti, nei momenti bui, restiamo soli»
Lei quando è in difficoltà a chi si appoggia?
«Sono ancora molto legata alla mia famiglia. Viviamo sulla stessa strada, a otto portoni di distanza. A volte mi presento dai miei uscendo di casa in pigiama senza curarmi troppo di chi possa vedermi, nel quartiere ci conoscono tutti, non abbiamo segreti».
A proposito di segreti, parliamo di 007, dove lei interpreta Miss Moneypenny. C’è una grandissima attesa per sapere se, nel prossimo film, ci sarà ancora Daniel Craig. Che cosa ci può dire?
«Piacerebbe saperlo anche a me. Quando ho incontrato i produttori del film, pochi giorni fa, ho fatto di tutto per sapere qualcosa, ma senza successo. Sono una pessima spia».
O forse è bravissima e non vuole rivelarci nulla. Dopo aver recitato in Moonlight, che vuol dire “chiaro di luna”, ci dica almeno che cosa vede quando alza gli occhi al cielo.
«Vedo forza e mistero, ma così intensi che non riesco a trovare le parole per descriverli».
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