Fotogallery Joe Bastianich: «Silenzio, parla lo chef»
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Venticinque ristoranti, tre aziende vinicole, la popolarità in tv. Tutto questo merita di essere raccontato. E Joe Bastianich l’ha fatto. In un libro che è come lui: cattivissimo
Venticinque ristoranti, tre aziende vinicole, la popolarità in tv. Tutto questo merita di essere raccontato. E Joe Bastianich l’ha fatto. In un libro che è come lui: cattivissimo.
«Come ho fatto a sfondare in un business così duro come quello della ristorazione? Semplice: sono uno spilorcio e orgoglioso di esserlo. Se non avessi contato ogni dollaro che usciva dalle mie tasche non sarei arrivato qui».
Senza mezzi termini, Joe Bastianich, 43enne rampollo di una famiglia friuliana emigrata in America negli Anni 50, racconta nel libro Restaurant Man (Rizzoli) gioie e dolori della vita da proprietario di 25 tra i migliori ristoranti al mondo.
Di sconti non ne fa a nessuno. A cominciare dal gossip, come quello sull’ex presidente Clinton (“Manca di disciplina: è sempre a dieta, ma appena arriva il menu si scatena”).
Ma anche frecciatine alla concorrenza (Sirio Maccioni, patron di Le Cirque, è “destinato all’oblio”) e persino ai clienti (l’ambiente della moda “fa semplicemente schifo”).
Il tutto condito dallo snobismo di un personaggio che, nel bene e nel male, ha costruito un impero e la cui severità è protagonista di Masterchef Italia. E dire che c’è stato un momento in cui - scrive nel libro - si sentiva “sfigato”…
Mi creda, leggendo il libro si pensa tutto tranne che sia uno sfigato.
«Eppure mi è successo di sentirmi inferiore agli altri. Come quando ho deciso di buttarmi nel business del vino. Un settore in cui c’è poco da bluffare, o è buono o affondi. E io non avevo lunghe tradizioni alle spalle, partivo solo dalla mia passione. Alla fine ce l’ho fatta, ho tre aziende vinicole e vanno tutte benissimo. Merito della mia testardaggine».
Non le sembra, però, di essere un po’ troppo duro con tutti?
«Nella vita sono una persona gentile, ma il lavoro è un’altra cosa. Non mi vergogno di ciò che ho conquistato e posso permettermi il lusso di dire ciò che penso».
Nel libro critica anche la cucina italiana…
«No, critico l’approccio degli italiani alla cucina: troppo snob, troppo pignoli. Non si può più gestire un ristorante pensando di aprirlo solo a cena, ci vogliono orari più flessibili. Se a New York voglio un branzino al sale con le puntarelle alle quattro del pomeriggio, lo trovo, e anche buono».
In autunno ripartirà “Masterchef”. Sarà ipercritico con i concorrenti come l’anno scorso?
«Sarebbe peggio se mentissi dicendo loro che il mestiere di ristoratore è per tutti, perché non è affatto vero».
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