È stato fidanzato con le attrici Liv Tyler e Anna Paquin. Ha detto che avrebbe sposato la sua insegnante di yoga, ma frequenta una dj 20enne. E ora ha anche perso la testa per Emma Stone. A Grazia il divo più imprevedibile di Hollywood ha svelato il punto debole che ha in comune con il personaggio che interpreta al cinema: l’incapacità di mettere ordine nella sua vita sentimentale

Si presenta con l’aria svagata e l’eterna sigaretta dietro l’orecchio: si alzerà spesso per andare a fumare sul terrazzo dell’hotel romano che lo ospita. Sarà lo stress da fuso orario, sarà la sua ben nota idiosincrasia per le interviste, ma il 40enne Joaquin Phoenix , come al solito, vorrebbe essere da un’altra parte. Sempre emozionante sullo schermo, si sottopone al confronto con i giornalisti con l’aria rassegnata di un agnello spedito al macello. «Dico tante di quelle cavolate, nelle interviste, che quando i giornalisti me le rinfacciano sono il primo a stupirmi», mi dice con una risata. Ha i lunghi capelli brizzolati addomesticati dal gel, lo sguardo magnetico, pullover nero e anfibi.
Nel suo nuovo film, Vizio di forma, nelle sale il 26 febbraio, ispirato al romanzo cult di Thomas Pynchon (Einaudi) e diretto da Paul Thomas Anderson, Phoenix interpreta uno dei ruoli più eccessivi e divertenti della sua carriera, incredibilmente snobbato dall’Oscar. E cioè, l’investigatore privato Doc Sportello che, sempre stordito dalle droghe, agisce nella California hippie degli Anni 70 tra sbirri violenti, miliardari strafatti, ex fidanzate enigmatiche, truffatori, spacciatori, assassini e surfisti. Tutti paranoici e tutti immersi fino al collo nell’atmosfera psichedelica di quel periodo all’insegna di sesso, droga e rock’n’roll. «Non conoscevo i romanzi di Pynchon», racconta. «Quando il regista mi ha scritturato, mi sono letto Vizio di forma due o tre volte. E ho scoperto un mondo di sentimenti, malinconia, nostalgia che mi ha lasciato con il cuore spezzato».
Il cuore spezzato, Phoenix, lo avrà anche nel nuovo film di Woody Allen Irrational Man, dove indossa i panni di un professore di filosofia in crisi esistenziale che perde la testa per l’allieva Emma Stone. Ma l’attore, anche nella vita, non sembra che abbia trovato pace. Al suo attivo ha un paio di fidanzate storiche, le attrici Liv Tyler e Ana Paquin, e da un po’ gira con la dj 20enne biondissima Allie Teilz. Di nozze nemmeno a parlarne. A dire la verità, poco tempo fa aveva annunciato al programma Late Show di David Letterman l’intenzione di sposare la sua insegnante di yoga. Lui smentisce tutto sghignazzando: «Era una bufala».
Scusi, ma perché ha pensato di dirla in diretta tv?
«Per sembrare più interessante. Ho una vita talmente noiosa. Quando non lavoro, sto a casa e porto a spasso il cane, che cosa vuole che racconti? Mi sembrava eccitante lanciare la notizia del mio imminente matrimonio, volevo conquistare il pubblico: la gente va pazza per quelli che si sposano».
Invece negli Anni 70, quando lei è nato da genitori hippie, il matrimonio non andava di moda. Ricorda qualcosa di quel periodo?
«Molto poco, a dire la verità, e non ho rimpianti. Per interpretare Vizio di forma mi sono documentato attentamente, come faccio per ogni film: metto dentro uno scatolone tanti libri, dischi, dvd, vestiti che possano aiutarmi a entrare nel mio personaggio. Ma poi, finite le riprese, dimentico tutto e quando riapro i pacchi trovo delle belle sorprese».
Il suo look nel film di Anderson è decisamente sopra le righe: a chi si è ispirato?
«Mi sono lasciato crescere i basettoni e i capelli incolti pensando all’immagine della rockstar Neil Young, famosa negli Anni 70. Un mito. Ce l’ha presente?».
Me lo ricordo bene, ma a parte il look secondo lei che cosa è rimasto della trasgressione di quel periodo?
«Ben poco, mi sembra. Oggi sopravvivono dei rimasugli di cultura alternativa: la vedo applicata, per esempio, nelle scuole in cui studiano i miei nipoti. Forse abbiamo maturato una maggiore coscienza ambientalista ed è un bene. Le battaglie di quarant’anni fa hanno lasciato una traccia come la goccia che piano piano scava la pietra. Ma inutile cercare la speranza di un mondo migliore e l’ottimismo: ormai sono stati spazzati via».
Sia sincero, un po’ somiglia al detective stralunato Sportello.
«Davvero? Non ci avevo pensato». Phoenix fa una lunga pausa, esce a fumare poi rientra con le idee più chiare. Dice: «Quello non è il tipico eroe, ma non è nemmeno un perdente. Credo di avere le qualità giuste per questo ruolo».
E quali sarebbero?
«Mi piace lasciarmi trasportare dall’istinto. Scelgo sempre dei personaggi che abbiano il mio stesso modo di vedere il mondo: ora mi riconosco nella pigrizia di Sportello. Ma non ho mai idee rigide o prefissate. Il regista mi ha chiesto di fare un tipo annebbiato: mi sono immerso nella confusione del set, c’era gente che entrava e che usciva, personaggi che spuntavano dal nulla e poi sparivano. Un’atmosfera onirica, di totale follia. A un certo momento non ci ho capito più niente. Perfetto. Ho potuto fornire la migliore interpretazione possibile».
Quanto conta, per lei, il senso dell’umorismo?
«Moltissimo, non riesco a vedere la vita senza coglierne gli aspetti più bizzarri, perfino grotteschi. E non potrei mai interpretare un personaggio piatto, noioso, senza guizzi divertenti. Capisce che cosa intendo?».
Certo, ho visto tutti i suoi film. A questo punto, cosa si aspetta dal cinema?
«Be’, voglio continuare a divertirmi senza ripetere quello che ho già fatto. I temi sono sempre gli stessi, che vuole che le dica, ma ogni volta io cerco un approccio nuovo. E mi sforzo di ritrovare sul set la complessità della vita che ho avuto fino a oggi. Non potrei mai recitare dei dialoghi fasulli, ogni film deve somigliare in un modo o nell’altro alla mia esperienza reale».
Per lei ogni interpretazione è una sfida?
«Potrei risponderle di sì, come fanno tutti, ma le chiacchiere servono a poco. Il cinema è come l’amore: ti accade e basta».
A proposito, come va l’amore?
«Mmmh...». L’attore esce a fumare di nuovo e quanto torna fa finta di nulla.
Come mai Woody Allen ha pensato a lei per il suo nuovo film Irrational Man?
«Non lo so, posso solo dirle che è un grande. Sul film devo tenere la bocca cucita, ma se proprio vuole saperlo ho già riempito uno scatolone di libri di filosofia. Sono molto fortunato, visto che i migliori registi pensano a me. Sì, sì, la mia carriera è una questione di fortuna».
Troppo modesto: sa benissimo di essere un attore di serie A, vulnerabile (come nel film The Master), sensibile (come in Her), feroce (nel Gladiatore), struggente (Two Lovers), divorato dalla passione (Quando l’amore brucia l’anima). Così riesco a perdonargli anche i suoi mugugni, le mancate risposte, l’immarcescibile repulsione per le interviste. Quando lo saluto mi torna in mente una sua apparizione alla tv americana di qualche anno fa, quando annunciò il suo ritiro dalle scene. Ma era una bufala anche quella. Joaquin ha continuato a girare film, per fortuna.
E a dare filo da torcere a noi giornalisti.
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