Le suole rosse delle sue altissime calzature fanno sognare tutte. Christian Louboutin ama le donne e, dice, combatte per loro. A colpi di stiletto

Le suole rosse delle sue altissime calzature fanno sognare tutte. Christian Louboutin ama le donne e, dice, combatte per loro. A colpi di stiletto.
La pop star Christina Aguilera adora collezionarle, giusto per avere l’imbarazzo della scelta (ne possiede più di trecento).
La Gossip Girl Blake Lively, invece, le nasconderebbe ogni notte sotto il cuscino per evitare che a qualcuno venga la cattiva idea di portargliele via.
Dita Von Teese, regina del burlesque, le calza mentre si spoglia e Anne Sinclair, la quasi ex moglie di Dominique Strauss-Kahn (ex direttore del Fondo monetario internazionale, nel pieno della bufera per svariati scandali a sfondo sessuale) non ha rinunciato a indossarle neppure nell’aula del tribunale di New York, dove il marito compariva dopo l’accusa di violenza a una cameriera dell’hotel dove alloggiava.
Da vent’anni, le scarpe di Christian Louboutin seducono, eccitano, consolano, rassicurano.
Riconoscibili grazie alla celebre suola rossa, i modelli del creatore francese, nato 48 anni fa a Parigi, sono ai piedi delle più belle donne del mondo (da Nicole Kidman ad Angelina Jolie, da Uma Thurman a Scarlett Johansson) e sfilano sulle passerelle di grandi griffe della moda, come Jean-Paul Gaultier, Givenchy by Riccardo Tisci, Lanvin. Persino Yves Saint Laurent le aveva scelte per il suo indimenticabile défilé d’addio, nel 2002.
A coronare vent’anni di successi, due eventi importanti: l’onore di una mostra prestigiosa al Design Museum di Londra, (da poco conclusa), dove erano esposti su un nastro rosso di 17 metri i tacchi vertiginosi che hanno reso la marca famosa in tutto il mondo, e il lancio di una linea di cosmetici di lusso, in collaborazione con Batallure Beauty, che vedrà la luce alla fine del prossimo anno.
Nell’ufficio ricavato nel mezzanino della prima boutique parigina, aperta nel 1992 in rue Jean-Jacques Rousseau, tra scaffali carichi di ricordi (come un buffo peluche azzurro e il prototipo della scarpa cult della sua prima collezione, la Pensée) e foto appuntate su un grande pannello di sughero (un’immagine lo ritrae abbracciato a una Liz Taylor sorridente), Christian Louboutin evoca la sua gloriosa carriera sorseggiando un tè bollente.
Ci sono voluti quasi otto mesi per avere il privilegio d’incontrarla: è così occupato?
«Mi scuso, ma sono quasi sempre in viaggio. Nelle prossime settimane sarò in Cina, in Inghilterra, in Turchia e, dopo un passaggio in Italia, me ne andrò in Portogallo».
Sempre per lavoro?
«Il lavoro è la mia vita, fin da quando avevo 17 anni e, abbandonati gli studi, ero l’entusiasta factotum delle Folies Bergère, il famoso cabaret parigino».
Che cosa l’affascinava in quel mondo di paillettes?
«L’immagine onirica di meravigliose donne-uccello, cariche di piume, iper-femminili. Benché fossi un adolescente molto maturo per la mia età, già con un grande senso estetico, non mi sono mai reso conto della tristezza che accomuna tutti i locali notturni, una volta spenti i riflettori. Alle Folies Bergère vedevo solo il sogno. Con le scarpe, l’effetto è un po’ lo stesso».
In che senso?
«Quando una delle mie clienti prova un modello, con un altissimo e sottilissimo tacco foderato di satin, non chiede mai quanto costa. Se invece calza una ballerina o una scarpa con un tacco ragionevole, guarda subito il cartellino. Il sogno non ha prezzo, ha il sopravvento sulla realtà del quotidiano».
È per questo che lei ha cominciato a disegnare scarpe? Per trasformare la realtà?
«Tutto è nato da un cartello davanti al quale passavo ogni weekend, quando andavo al museo di Oceanografia, a due passi dall’appartamento in cui abitavo con i miei genitori e le mie tre sorelle. Segnalava il divieto d’indossare scarpe col tacco per non rovinare il parquet dell’antico edificio e riportava la sagoma sbarrata di una calzatura da donna, molto stilizzata e assai improbabile. Quel cartello ha cambiato la mia vita».
Davvero? E come?
«Mi ha permesso di comprendere che tutto comincia con un disegno. Un tratto di matita, un tocco di colore: il quotidiano che ci circonda nasce così, dalla tazza che ho in mano alla disposizione degli alberi su un viale. Ho capito subito che volevo partecipare a quel processo di creazione».
E così migliaia di donne, gioiosamente arrampicate su un tacco Louboutin, devono ringraziare il cartello di un museo?
«Possiamo dire così. Sulla mia vocazione ha avuto una grande influenza anche il cinema. Penso al modo di camminare di Marilyn Monroe, ai piedi di Fanny Ardant in Finalmente domenica! o a quelli di Sophia Loren in Ieri, oggi, domani».
Non per niente le star sono pazze di lei.
«E io di loro. Amo le attrici, è vero, ma perché sono naturalmente capaci d’interpretare e di incarnare differenti tipi di donne. E le donne, tutte le donne, sono la mia fonte d’ispirazione. Sono cresciuto con tre sorelle: l’universo femminile lo conosco e lo comprendo! E l’ho sempre difeso, anche quando la sua libertà era in gioco».
Per esempio?
«Negli Anni 70, in Francia, le donne che si truccavano e portavano i tacchi alti erano considerate delle oziose borghesi, stupide e superficiali. Non ho mai accettato questa visione, ho sempre pensato che le donne potessero essere indipendenti, intelligenti e di potere anche con uno stiletto ai piedi. Oggi sembra scontato, un tempo non lo era. Le musiciste hanno particolarmente contribuito all’evoluzione del costume».
A chi pensa in particolare?
«A Tina Turner, a Blondie e soprattutto a Madonna, che ho incontrato varie volte ed è una delle mie clienti».
La caratteristica comune a tutte le sue creazioni è la suola rossa. Come le è venuta l’idea?
«Ogni designer desidera che l’oggetto realizzato sia il più possibile fedele al disegno originale. Quando, nel 1992, ho creato la mia prima collezione, ispirata alla pop art e quindi molto colorata, ero particolarmente fiero del modello battezzato la Pensée. Il tacco a trifoglio funzionava benissimo, il fiore al cinturino anche, eppure mi rendevo conto che c’era qualcosa che non andava».
E di cosa si trattava?
«Il nero della suola spegneva l’effetto pop. Di colpo ho avuto un’idea: una delle mie collaboratrici si stava mettendo lo smalto, le ho tolto di mano il pennellino e ho cominciato a tingere di rosso la suola. È stata una rivelazione».
L’altra novità è il suo ingresso nel mondo della cosmetica. Cosa ci può anticipare?
«Sono tenuto al massimo segreto! Posso solo dirle che, per uno come me, lavorare sui prodotti di bellezza è un’evoluzione naturale: mi permette di dare ancora più potere alle donne».
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