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Grazia

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Lifestyle

I cliché della musica: cosa rimpiangere dei video musicali anni 90

I cliché della musica: cosa rimpiangere dei video musicali anni 90

foto di Marianna Tognini Marianna Tognini — 13 Maggio 2015

Gli anni ’90 sono (per ora) l’ultimo decennio stilisticamente connotato e riconoscibile, partendo dalla moda, passando per il beauty e arrivando fino alla musica: nell’epoca immediatamente antecedente all’avvento di internet, schiere di teenager e adolescenti poco-più-che-ventenni trascorrevano ore e ore davanti a MTV e rimpinzarsi di videoclip, tanto che, spesso, le immagini e la storia narrata prendevano il sopravvento sulla canzone stessa.

I video musicali anni ’90 poggiavano le loro basi su una serie di situazioni ricorrenti, del tutto scomparse con l’avvento del nuovo millennio, da Macaulay Culkin alle giovani lolite in uniformi da collegiale.

Ecco un flashback dei cliché che sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo e di cui si sente più la mancanza.

Perché ci mancano i video musicali anni ’90

  • Alicia Silverstone Alicia Silverstone Protagonista indiscussa di tre videoclip degli Aerosmith – «Crazy», «Amazing» e «Cryin» – la bionda Alicia Silverstone visse negli anni ’90 il suo momento di consacrazione assoluta, culminato poi con l’uscita di quella pietra miliare del filone «chick flick» che è stato «Ragazze a Beverly Hills». Macchine decappottabili, miniabiti fiorati, anfibi, grandi panorami della West Coast, un po’ di deserto e attitudine da vera bad girl: una volta shakerati questi ingredienti, la storia – sempre uguale, sì, ma chi non si è mai, almeno una volta, identificata? – era servita.
  • Le rock band nel deserto Le rock band nel deserto I Guns N' Roses sono stati i pionieri di questo trend video-musicale, la cui ricetta – iniziata con «November Rain» e due anni dopo con «Estranged» – prevedeva un Axle Rose sofferente per la perdita della bella di turno, mentre il chitarrista ricciuto Slash, costantemente a petto nudo, brandiva la sua chitarra e pretendeva di suonare senza cavi né amplificatore nel bel mezzo di location desertiche. Il tifone con corredata di tempesta di sabbia completava la scena, e il tutto era così struggente da far dimenticare le bandane colorate di Mr. Rose, nonché gli onnipresenti pantaloncini da ciclista che lasciavano ben poco spazio all’immaginazione.
  • La danza di Spike Jonze La danza di Spike Jonze Non è un mistero che in molti apprezzino più lo Spike Jonze regista di videocilp e non di film: tutte le band e gli artisti anni ’90 di successo hanno almeno un video da lui firmato, ma il momento in cui dà il meglio di sé coincide sicuramente con la sua collaborazione con Fatboy Slim. In particolare, «Praise You» fu girato in pieno guerrilla style facendo esibire lo scalcinato Torrance Community Dance Group davanti a un cinema di Westwood, a Los Angeles, e a ballare – con risultati tra il tragicomico e l’esilarante – era anche lo stesso Jonze, che dopo quella performance decise che il suo posto sarebbe stato sempre dietro alla macchina da presa, e mai più davanti.
  • Le boy band di bianco vestite Le boy band di bianco vestite Ridicolizzati (giustamente?) dai Blink 182 negli anni successivi nel videoclip della canzone «All The Small Things», i Backstreet Boys nel 1999 imperversavano con «I Want It That Way», nel cui clip – oltre a struggersi senza ritegno dall’inizio alla fine – apparivano completamente vestiti di bianco, con un look a metà strada tra il chirurgo plastico e il gelataio. Tutto marketing, ovviamente: si trattava infatti di un trucco approntato già in passato da band come Take That e Boyzone, che – attraverso la predilezione per il total-white – desideravano veicolare quell’immagine angelica e innocente per distaccarsi dallo stereotipo della rockstar un po’ maledetta che sfascia le stanze d’albergo. Un posizionamento che poi, alla lunga, in molti decisero per fortuna di abbandonare.
  • Le parodie delle sit com Le parodie delle sit com Ridicolizzati (giustamente?) dai Blink 182 negli anni successivi nel videoclip della canzone «All The Small Things», i Backstreet Boys nel 1999 imperversavano con «I Want It That Way», nel cui clip – oltre a struggersi senza ritegno dall’inizio alla fine – apparivano completamente vestiti di bianco, con un look a metà strada tra il chirurgo plastico e il gelataio. Tutto marketing, ovviamente: si trattava infatti di un trucco approntato già in passato da band come Take That e Boyzone, che – attraverso la predilezione per il total-white – desideravano veicolare quell’immagine angelica e innocente per distaccarsi dallo stereotipo della rockstar un po’ maledetta che sfascia le stanze d’albergo. Un posizionamento che poi, alla lunga, in molti decisero per fortuna di abbandonare.
  • I cappelli da pescatore I cappelli da pescatore Chi lanciò il sasso – o, meglio, il trend – fu il batterista degli Stone Roses, Reni, nel video di «One Love», datato 1995. Seguirono anni di oblio, finché nel 1999 Gregg Alexander, frontman dei New Radicals, rispolverò quel cappellino da pescatore, di cui nessuno sentiva per altro la mancanza, nel clip di «You Get What You Give». La moda durò esattamente quanto la band: due singoli di successo e un’estate, ma imperversò talmente da far credere a molti che si trattasse del nuovo «mai-più-senza». Si sente ancora l’eco dei respiri di sollievo quanto tali profezie si rivelarono sbagliate.
  • L’invasione delle top model L’invasione delle top model La leggenda narra che la supermodella Linda Evangelista pretese un cachet di diecimila dollari al giorno – oltre ad altre bizzarre richieste – solo per presentarsi sul set dell’indimenticabile videoclip «Freedom ‘90» di George Michael, datato appunto 1990. Insieme a lei, una parata di top del calibro di Naomi Campbell, Christy Turlington, Tatjana Patitz e Cindy Crawford: più che un video, sembrava una sfilata di Versace, ma lo yuppismo di stampo anni ’80 la faceva da padrone e milioni di donne erano ancora fermamente convinte circa l’eterosessualità del loro idolo. Nel 1992 l’esperimento venne ripetuto con «Too Funky», e da allora in tanti sentono la mancanza di questo gruppo di Amazzoni scese dall’Olimpo del fashion, quasi a voler replicare un’irripetibile «golden age» dove ogni cosa sembrava possibile.
  • Macaulay Culkin Macaulay Culkin La carriera di Macaulay Culkin ha seguito la classica parabola discendente: all’inizio degli anni ’90, la sua faccia da simpatica canaglia era dappertutto, grazie alla fortunata serie di film «Mamma, Ho Perso L’Aereo», che lo fecero diventare l’attore più ricco e famoso di Hollywood. L’amicizia con Michael Jackson, basata su ciò che entrambi avevano in comune – l’infanzia rubata e il rifiuto di crescere – culminò con l’apparizione di Macaulay nel videoclip di «Black or White», dopodiché, a partire dal 1994, iniziò il lento e inarrestabile declino. Quattro anni dopo – nel 1998 – i Sonic Youth lo vollero come protagonista del video di «Sunday», a cui partecipò vestendo i panni del personaggio effemminato; da lì, sia cinematograficamente che musicalmente, se ne sono perse le tracce.
  • Le macchine che rimbalzano Le macchine che rimbalzano Uno dei cliché più largamente utilizzati nei videoclip musicali anni ’90 è quello che vedeva il rapper di turno aggirarsi per il proprio quartiere – o, meglio, «block» – a bordo di una macchina rigorosamente decappottabile, che veniva fatta rimbalzare su e giù come un cane che cerca di afferrare un biscotto. D’altronde, tra i programmi televisivi più seguiti all’epoca, compare proprio «Pimp My Ride» su MTV, benchmark culturale di una generazione che sognava di possedere bolidi rimbalzanti come quello di Dr. Dre nel video della canzone «Still D.R.E.», con Snoop Dogg. Sarà la crisi, il caro del petrolio, il trend dell’eco-sostenibilità, o sarà che anche Jay-Z prende la metropolitana, ma le auto in generale stanno via via scomparendo dai clip, dove ormai tutti (o quasi) preferiscono muoversi a piedi: la vittoria dei non patentati.
  • Le Lolite vestite da collegiali Le Lolite vestite da collegiali Quando Britney Spears in uniforme da collegiale fece irruzione sulla scena musicale con il videoclip di «Baby One More Time», alcuni gridarono allo scandalo, ma la verità è che quel look da scolaretta fatto di treccine, minigonna più corta del dovuto corredata da calze parigine e camicetta bianca allacciata in vita e scopri-ombelico, ha turbato i sogni di innumerevoli uomini, che si sarebbero ben prestati a consolare il cuore infranto della povera Britney. Col senno di poi, c’è veramente da chiedersi se non fosse meglio quella versione della pop-star, anziché le derive successive fatte di tute in latex, situazioni vagamente orgiastiche e attitudine sado(chic): l’unica certezza rimane l’ombelico sempre in bella mostra, a prova di aria condizionata e conseguente gastroenterite garantita.
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