Instagram, Snapchat e Periscope stanno rivoluzionando il modo in cui i marchi comunicano se stessi nell’epoca della condivisione per immagini
In un momento in cui è in atto una grande discussione sul sistema-moda, che sembra giunto a una rottura senza precedenti, e si ripensa il modello della classica sfilata, un punto è chiarissimo per tutti gli addetti al settore: una delle sfide che attendono i marchi oggi è quella di riuscire a raccontarsi in maniera convincente attraverso i social network, sfruttandone al meglio tutte le potenzialità. La consapevolezza del mezzo è infatti notevolmente cresciuta e aumentata di complessità.

Instagram, Periscope e Snapchat
Un buon esempio è l’uso che si fa oggi nella moda di Instagram, sin da subito il prediletto fra le piattaforme di condivisione per via della sua natura a immagini, meglio se ben definite e dal taglio arty, attraverso le quali costruire delle storie visive che riescano a catturare l’attenzione di chi scorre la timeline. Periscope e Snapchat, invece, sono i prediletti quando si vuole dar notizia dell’immediato, ognuno con le sue peculiarità e i suoi codici di linguaggio. Basti pensare a iniziative come #guccigram, ovvero quando Alessandro Michele ha scelto di affidare la rielaborazione delle stampe Bloom e Caleido a un gruppo di artisti, che hanno postato le loro foto creando una bellissima galleria virtuale. Per raccontare la notte degli Oscar, invece, il profilo Snapchat del marchio è stato affidato niente meno che a Jared Leto, che insieme allo stesso direttore creativo ci ha raccontato il dietro le quinte. La scorsa stagione la nostra Gilda Ambrosio ha spesso “preso possesso” del profilo Instagram del T Magazine, mentre per questa settimana della moda ha raccontato insieme a Chiara Capitani la sfilata di Diesel Black Gold, sempre su Snapchat. Lo streaming dello show, invece, è andato sul profilo Periscope di Grazia.it.

La rivoluzione del digitale
La vera rivoluzione quando si parla di moda e digitale sta sicuramente nel fatto che eventi prima dedicati a una ristretta cerchia di persone -come le sfilate- sono diventati di interesse globale e tutto ciò che una volta veniva nascosto, come i modelli degli abiti, oggi ha l’imperativo di diffondersi quanto più velocemente possibile nella rete dei clienti attuali, potenziali o semplicemente affezionati di un marchio. Lo streaming è ormai pratica assodata: con un click ci si siede in prima fila assieme ad Anna Wintour e si assiste allo show. L’apertura virtuale dei prestigiosi atelier si deve però accompagnare alla delineazione di un universo di senso compiuto e coerente attorno al marchio stesso, operazione non sempre semplicissima da realizzare. Quante volte una campagna online ha ottenuto l’effetto opposto di quello desiderato perché la testimonial scelta -magari una celebrity e/o blogger- non era percepita in linea con il prodotto che sponsorizzava? Per questo motivo, Olivier Rousteing ha scelto di affidare la promozione di Balmain X H&M alle modelle e celebrity più seguite di Instagram, da Kendall Jenner a Gigi Hadid, assicurandosi così un successo strepitoso.

Social Addiction
Non tutti i marchi però sono d’accordo sull’argomento: solo recentemente MSGM, che pure è un brand che sulle influencer ha costruito la sua fortuna, ha bandito i social dal suo show, cercando di richiamare l’attenzione sui vestiti. C’è chi da sempre rifugge i riflettori, come Azzedine Alaïa, che ha semplicemente ignorato l’avvento dei social network, oppure chi si prende gioco della fissazione della moda per l’apparenza e le gerarchie da fashion week, come Raf Simons, al quale piace far stare i suoi ospiti in piedi come se fossero in un club durante le sue sfilate e caricare su Instagram foto pixelate. C’è chi per costruire la propria “armata social” si è affidato ai profili con milioni di followers, come appunto Rousteing il suo #BalmainArmy, e chi invece, come il collettivo Vetements, ha scelto stylist, modelli, fotografi che gravitano intorno al proprio entourage creativo, come Lotta Volkova e Paul Hameline. Oppure ancora, c’è chi gioca la carta dell’ironia, come JW Anderson che ha scelto Grindr per lo streaming della sua ultima sfilata dell’uomo. “Per me utilizzare Grindr ha significato arrivare in 196 paesi contemporaneamente. E poi io non vedo tutte queste differenze fra Instagram, Tinder e Grindr”, aveva dichiarato provocatoriamente Anderson. Come a dire, a ognuno il suo.
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