Fa bene all'ambiente ed è un allenamento perfetto per bruciare tantissime calorie: ecco tutto quello che c'è da sapere sul plogging
Sta arrivando a tutta velocità anche in Italia uno sport che fa davvero bene, non solo a chi lo pratica ma anche all’ambiente: si chiama plogging ed è una variante del jogging che prevede pure il sollevamento pesi e il lancio del giavellotto, in un virtuoso triathlon altamente ecofriendly.
Il peso che si solleva e poi si scaglia, infatti, è quello dei rifiuti che si raccolgono al volo mentre si corre. Cartacce, mozziconi, plastica e spazzatura varia che fiorisce nei prati, per le strade e nelle aiuole di ogni dove sono il perfetto bottino del plogger.
Uno sport per rimettersi in forma sia dentro sia fuori: fuori perché tonifica la muscolatura, dentro perché fa sentire in pace con il mondo (e con se stessi) per avere compiuto una buona eco-azione.
Ecco tutto quello che c’è da sapere sul plogging.
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Photo Credits: pagina Facebook di Run Eco Team
Com’è nato il plogging
La Svezia è la madrina del plogging, anzi: proprio la madre biologica.
Qui, più precisamente a Stoccolma, un gruppo di amici amanti della corsa ha incominciato a dare al proprio running un’impronta biologica nonché ecologica, raccogliendo i rifiuti trovati per terra.
Correva il 2017 e, insieme a lui, questa decina di virtuosi friends.
Galeotto fu Instagram: dopo sole due foto postate sul Social Network, il trend ha preso piede. Uno dei pochi casi in cui fare il passo più lungo della gamba è un bene: in poco tempo il plogging ha mosso i primi passi ovunque, dal Giappone agli Stati Uniti.
Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità.
Photo Credits: pagina Facebook di Run Eco Team
Cosa significa la parola plogging
Il nome plogging deriva dal verbo svedese plocka upp che significa ripulire, riecheggiando anche il cugino anch’esso già molto ecologico, il jogging.
La disciplina del running en plain air era già di per sé un perfetto equilibrio armonico tra benessere personale e ambientale.
L’aggiunta del tocco green rende il plogging una vera e propria Crociata contro l’inquinamento.
Photo Credits: pagina Facebook di Run Eco Team
L’equipaggiamento del perfetto plogger
La divisa d’ordinanza del plogger è abbastanza ordinaria: uniforme ufficiale del jogger (scarpe da running, pantaloncini, leggings o pantaloni lunghi della tuta) + un sacchetto da riempire di lattine, bottigliette, cartacce, mozziconi e chi più ne ha più ne metta.
È proprio il caso di dirlo chi più ne ha più ne metta perché parte integrante di una sessione di plogging è quella finale in cui si mostra con orgoglio il bottino raccimolato.
Prima di buttarlo diligentemente nei vari bidoni differenziati, ovviamente.
I meglio equipaggiati hanno anche una bacchetta raccogli rifiuti per non sforzare troppo la schiena continuando ad abbassarsi ma non è fondamentale per la buona riuscita del plogging.
Per scegliere l’attrezzatura più adatta, stanno nascendo i primi negozi online specializzati.
Un sito aperto da poco e diventato già un’istituzione è il francese Run Eco Team (runecoteam.fr) in cui troverete tutto, dai consigli pratici alle letture teoriche. Oltre a un bel claim che è: Cours pour un monde plus propre, corri per un mondo più pulito.
Photo Credits: pagina Facebook di Run Eco Team
Mindful plogging
Il metodo di meditazione che va sotto il nome di Mindfullness è già ampiamente utilizzato mentre si corre, tanto da avere dato vita (e nome) a una disciplina a parte che si chiama Mindful running.
Si tratta della cosiddetta corsa consapevole, mantenendo i pensieri ancorati all’hic et nunc, al qui e ora nonché al piede che poggia di volta in volta sul manto stradale.
Anche nel caso del plogging la Mindfullness veste a pennello, adattandosi ancor meglio rispetto ai leggings sulle cosce: mentre correte e raccogliete rifiuti, siate consapevoli di quello che state facendo.
E siatene orgogliosi.
Photo Credits: pagina Facebook di Plogging Argentina
La playlist del perfetto plogger
Chi all’hic et nunc preferisse invece l’evasione cerebrale, non c’è viatico migliore della musica.
Lo sa bene il runner che, nella maggior parte dei casi, ama correre con gli auricolari infilati nei padiglioni, per avere un effetto adrenalinico in stile Gonna Fly Now di Bill Conti, il mitico pezzo strumentale che fa da colonna sonora alla scena cult dell’allenamento di Rocky.
Chi fa plogging può optare per una playlist rockeggiante che strizzi l’occhio all’ecologia, scegliendo come titoli quelli più belli del sottogenere di Rock Sostenibile.
Ve ne diamo un assaggio con una nostra personalissima selezione:
- Testa Plastica dei Prozac +: la parola “plastica” viene ripetuta no stop in questo pezzo inciso nell’album omonimo del 1996, anno in cui le problematiche ambientali legate all'utilizzo di questo materiale erano già decisamente conclamate.
- Don't Go Near the Water dei Beach Boys: tra i primi a denunciare l'inquinamento delle acque marine c’è una band insospettabile. Insospettabile perché considerata la quintessenza della leggerezza, sia per le melodie sia per i testi, mai impegnati socialmente. Benché simbolo della società californiana anni Sessanta tutta sole, surf, divertimento e mare, i Beach Boys sono stati i primi a puntare il dito abbronzato contro l’inquinamento delle acque.
- The 3 R's di Jack Johnson: un altro surfer impegnato ambientalmente che nel 2008 ha scritto il pezzo The 3 R's il cui motto è: Riduci, Riusa, Ricicla! E, non a caso, nel 2015 è stato scelto come ambasciatore dello United Nation Environmental Programme.
- Big Yellow Taxi di Joni Mitchell: il verso “hanno asfaltato il paradiso per farci un parcheggio” non ha bisogno di presentazioni.
- Old Fords and a Natural Stone di Willie Nelson: il countryman simbolo della controcultura americana (in prima linea per la legalizzazione della cannabis, ha da poco lanciato il suo brand di marijuana Willie's Reserve, ndr) ha dimostrato interesse per un altro tipo di agricoltura creativa quando nel 2005 ha inventato e commercializzato BioWillie, un carburante alternativo naturale ricavato dai fagioli di soia. Totalmente biodegradabile, a differenza delle vecchie Ford che durano per sempre protagoniste della sua canzone Old Fords and a Natural Stone.
- Il ballo del porponpof di Capone & BungtBangt: si tratta di un fantasioso gruppo partenopeo che dal 1999 ha come musa la munnezza. Questi napoletani veraci suonano con strumenti inusuali, creati dall'assemblaggio di oggetti di recupero. Al posto delle tastiere c'è la mazzimba, una marimba fatta con pezzi di battiscopa; invece della chitarra elettrica hanno la Scopa Elettrica. E non poteva mancare la Buatteria, una batteria composta da recipienti di varie dimensioni e materiali. Sul loro sito, caponebungtbangt.com, si può ascoltare il suono di ogni strumento con correlate istruzioni per costruirlo.
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