Violante Placido ha fatto spesso scelte scomode, come quando, giovanissima, ha abbandonato per due anni la carriera nel cinema per capire se seguire o no le orme di suo padre, Michele. Ora l’attrice racconta a Grazia perché gira un film con Fausto Brizzi, il regista più discusso del momento
Quando le telefono, sono dispiaciuta. Avrei voluto incontrarla di persona, Violante Placido, per questa mia prima intervista con lei. Prima di tutto, perché abbiamo un caro amico in comune, il cantautore Mauro Ermanno Giovanardi, che tante volte mi ha parlato così bene di “Viola”, così la chiama, da farmi davvero incuriosire. Non solo professionalmente, ma anche a livello personale.
Non resisto e appena mi risponde al telefono le dico subito della nostra amicizia in comune. Così iniziamo a chiacchierare, ma l’intervista vera e propria inizia solo quando lei pronuncia una parola fatidica: “Sanremo”. Già, perché Violante è anche una cantante. Mi dice subito che la musica per lei è una compagna irrinunciabile.
A Sanremo ci andrebbe? E nel caso lo farebbe in veste di conduttrice o di concorrente?
«Se proprio dovessi, preferirei cantare. Non mi sento una brava padrona di casa, ci sono troppe regole, troppe pagelle del giorno dopo sui giornali. Preferirei essere ospite: sei coinvolta, ma senza situazioni da gestire».
Non le piace vivere queste situazioni o è una questione legata a Sanremo?
«Mi riferisco al festival. Affronto tutto bene».
Il giudice di un talent come X Factor lo farebbe?
«Non so. È un’arma a doppio taglio per i ragazzi che partecipano, anche se comprendere il meccanismo dello spettacolo e le sue contraddizioni è importante. E se sei abbastanza forte, puoi trovare la tua strada».
Che cosa non le piace dei talent show?
«Che si debba capire subito chi sei e che cosa devi diventare. Manca il tempo per guardarsi dentro. Chi fa questo lavoro ci mette la faccia, ma soprattutto l’anima: non si può decidere solo per freddo calcolo, né per l’atteggiamento ingordo di avere tutto e subito. Le scelte vanno ponderate perché quello dell’artista è un percorso delicato».
Quando il suo si è rivelato difficile?
«Quando ho interpretato Moana, la serie tv sull’attrice Moana Pozzi. Portare sullo schermo qualcuno già esistito, il cui ricordo è ancora vivo e carico d’affetto, non era facile. Non sarebbe stato solo sbagliare un film, ma anche rovinare qualcosa nella memoria delle persone».
E i “no” quando li dice?
«Quando non me la sento. Ne ho detti tanti, alcuni hanno rallentato il mio percorso verso nuove opportunità. Nel momento in cui accetti un rischio, devi essere spinto da qualcosa che supera la paura di quel rischio».
E lei si è appena assunta quello di recitare nel prossimo film Modalità aereo di Fausto Brizzi, le cui riprese sono appena iniziate. Come si sceglie, da donna, di accettare un ruolo con lui, dopo i casi di molestie che hanno avuto il regista come protagonista?
«Ho valutato una sceneggiatura che mi ha divertito. Ho trovato un personaggio femminile contemporaneo. Mi sarei ritrovata a recitare con Paolo Ruffini, con cui sono reduce dalla tournée teatrale di Sogno di una notte di mezza estate che il pubblico ha amato molto. Di commedie non ne ho tante all’attivo, come attrice, stimo Brizzi come regista e questo genere sa farlo davvero bene. Insomma, c’erano una serie di ingredienti che mi entusiasmavano e per questo ho detto sì».
E delle accuse di molestie? Che cosa dice?
«Lui è stato scagionato. Ritengo sia difficile far controllare alla legge ogni sfumatura della nostra vita. È un attimo che da vittima si diventi carnefice, e viceversa. La libertà ha un prezzo: responsabilizzarci, e chi ha un ruolo di potere è doppiamente chiamato in causa».
La sua responsabilità più grande, qual è?
«Mi sono chiesta per molto tempo, per esempio, se mettere al mondo un figlio. Cinque anni fa è nato Vasco (avuto dal regista Massimiliano D’Epiro, ndr), ma avevo paura di essere madre, non mi sentivo pronta emotivamente. Volevo la sicurezza di potergli dare un’infanzia serena».
Lei è contenta della sua?
«Sì, è stata bella, tutto sommato».
Ha mai sentito di avere il percorso segnato, sulle orme di suo padre, il regista e attore Michele?
«Ho sempre avuto la libertà di scegliere. Nel mio cammino alcune cose mi sono venute incontro da sole, come il mestiere di attrice: il cinema mi ha cercata, prima che decidessi consapevolmente, con il mio primo film, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Avevo 22 anni, dopo ho vissuto un lungo momento di riflessione per valutare se volessi fare davvero quel mestiere».
Quanto ci ha messo a rispondersi “sì”?
«Un paio d’anni». E che cosa l’ha convinta?
«Fermarmi. Capire che di quell’esperienza qualcosa mi era rimasto dentro. Poi partire: sono andata in America, ho frequentato dei corsi, ho vissuto e fatto tutto in autonomia. Stare sola a quell’età ti fa capire tante cose. Per esempio che non era solo il destino, ma che avevo scelto io quel mestiere».
Se non avesse fatto l’attrice quale strada avrebbe intrapreso?
«Direi l’etologa, ma non so se ci sarei riuscita».
L’etologia studia il comportamento degli animali. In quale si riconosce?
«Orca, aquila, lupo».
Me li spiega?
«L’orca mi ispira qualcosa di fisico, mi viene da abbracciarla. È un animale molto legato alla famiglia e viaggia in branchi dove tutti sono molto uniti e c’è lo spirito del gruppo che si aiuta. Lo stesso vale per il lupo. L’aquila, invece, rappresenta il senso di libertà, l’individualismo, il piacere della solitudine. E a me piace volare alto».
La musica che ruolo ha per lei in questo senso?
«È qualcosa al quale ho dato voce tardi, nonostante abbia iniziato ad ascoltarla presto e mi abbia aiutato a conoscermi intimamente. Fa parte di un percorso professionale che fino a oggi ho vissuto un po’ a singhiozzo. È difficile conciliare le due carriere».
Che cosa significa quando dice “fino a oggi”? Sta per succedere qualcosa?
«È presto per dirlo. Avrei voglia di lavorare a un nuovo disco, di dargli spazio e poterlo seguire».
Che cosa direbbe la Violante di oggi, 42 anni, a quella di 22, all’inizio della carriera?
«Abbi più fiducia in te stessa. E metti un po’ più di disciplina nelle tue passioni».
Oggi lo fa?
«Sono consapevole e cerco di averne di più. Anche per quello che riguarda la musica: se ci avessi creduto davvero, avrei agito con più determinazione».
Ma non può averne la certezza.
«Invece sì. So qual è la passione che c’è dentro di me e quello che mi è mancato è stato solo il crederci».
È un grande rimpianto?
«No, perché comunque non ho mai rinunciato».
Oggi a che cosa non rinuncerebbe mai?
«Rispondo sempre e comunque la libertà. Da quella deriva tutto il resto».
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