Valentina Bellè è l’attrice scelta per interpretare Dori Ghezzi nel film su Fabrizio De André. E qui spiega come rivivere il legame tra i due artisti le abbia insegnato molto. Soprattutto su se stessa
Le cose migliori accadono quando capisci che non puoi avere il controllo su tutto. Quando ti abbandoni al flusso, ti fidi di te stessa e di chi ti sta accanto e ti lasci finalmente andare. «Solo così», ci confida Valentina Bellè, «mi è stato possibile sfilarmi la coda di sirena e indossare i panni di Dori Ghezzi».
Perché quando le hanno proposto di interpretare la moglie del cantautore Fabrizio De André, Valentina è entrata in crisi. L’ansia da prestazione che aveva tenuto a bada durante la fiction Sirene, successo di Rai Uno da oltre tre milioni di telespettatori, è esplosa sul set di Fabrizio De André.
Principe libero, al cinema il 23 e 24 gennaio e su Rai Uno il 13 e 14 febbraio, in prima serata. «Più passavo del tempo con Dori Ghezzi, a casa sua, prendendo appunti e osservandola, meno voleva deluderla. Mi sforzavo di essere una Dori perfetta. Fino a quando quest’ultima mi ha detto: “Valentina, mi fido di te. Non mi imitare, fai quello che sai fare”».
È stato il via libera alla creazione di un personaggio unico, una ragazza forte e saggia di cui l’attrice, 25 anni, è fiera: «Ho una tranquillità mai provata prima: ho dato tutto al personaggio, qualsiasi cosa possano dire sono felice».
Che cosa l’ha colpita di Dori Ghezzi?
«La sua forza. È un treno in corsa che non si ferma mai».
Come è entrata nel personaggio?
«Stando con lei. Abbiamo parlato a lungo, l’ho riempita di domande, ho dormito a casa sua, avevo davanti la chitarra di Fabrizio, il divano su cui lui sedeva, le bruciature di sigaretta ancora evidenti. È stata un’emozione pazzesca».
Che cosa le ha insegnato?
«Dori è una donna libera, saggia, che ha sempre saputo chi fosse. È stata capace di non imporsi e questo l’ha legata a Fabrizio. La sua indipendenza, il suo amare in modo forte, ma rispettoso. Una grande lezione di dignità che ho avuto la fortuna di apprendere con lei e grazie a lei».
È un tipo di donna che le assomiglia?
«La donna che vorrei essere si avvicina molto a lei, ma sono ancora troppo giovane. Fare questo film per me è stato come realizzarne cinque in una volta, ho imparato moltissimo. Ho dovuto mostrare una maturità da adulta. Ho dovuto immaginare come fosse vivere quegli anni, pieni di fermento artistico e culturale».
Chi era per lei Fabrizio De André, prima di girare?
«Lo ascoltavo solo superficialmente. Conoscevo qualche brano: Il pescatore, Don Raffaè, i pezzi più famosi. Il film è stato un regalo: il tempo e l’attenzione che abbiamo dedicato a questa figura mi ha fatto scoprire un universo appassionante, profondo. Era un anarchico, un amatore, un uomo unico, un grande artista. Adesso quando ascolto alcune canzoni è come se le sentissi dedicate anche un po’ a me. La mia preferita è Hotel Supramonte».
Che tipo di amore racconta insieme con Luca Marinelli, ancora una volta accanto a lei dopo Una questione privata?
«Un amore bellissimo. Il legame tra Dori e Fabrizio era speciale. È il mio ideale di amore. Un accompagnarsi forte, rispettoso, un aiutarsi, un esserci veramente per l’altro senza mai eliminarsi come persone, indipendenti nelle rispettive vite».
Si sarebbe innamorata di De André?
«Sì. Sono molto affascinata dalle menti e dai cuori puri. Lui era così. La sfida è reggere l’equilibrio, io non ho ancora capito se è meglio una persona che naviga attraverso gli oceani come me o una che mi riporta sulla riva. Dopo aver chiuso due anni di relazione a distanza con un ragazzo che abita a Londra, ora voglio essere libera: non mi sento ancora pronta, ho tante cose da scoprire. Prenda l’amore tra Dori e Fabrizio: per saper accogliere l’altro rispettando te stessa devi conoscerti a fondo. Ci vuole molto, molto lavoro personale. Diciamo che mi sto applicando».
È stato un periodo intenso per lei. Il successo di Sirene, due film per il cinema, Una questione privata, e Amori che non sanno stare al mondo, ora questo progetto su De André. Non sente l’esigenza di fermarsi?
«Mi sono appena presa una pausa e ho fatto un viaggio. Sono partita con uno dei miei più cari amici, un fotografo, grande compagno di avventure. Erano due anni che non smettevo mai di lavorare, avevo bisogno di una pausa. Impari di più quando sei ferma. Ero inebriata dal: “Tutti mi vogliono”, poi ho sentito il bisogno di fermarmi. Al mio terzo “no” la mia agente ha detto: “Attenta, non sei Nicole Kidman”. Ma io ho bisogno di credere in quello che faccio. Correre troppo ti fa staccare da te».
In che cosa la sta cambiando la popolarità?
«Le mie abitudini sono sempre le stesse. Non mi fermano in molti per strada, forse perché dal vivo sono molto diversa, vado in giro struccata, vestita in maniera semplice».
Ma la Valentina di oggi com’è?
«Valentina è cresciuta. Prima certi aspetti del mio carattere mi sfuggivo di mano. Dico sempre quello che penso, posso diventare aggressiva, ma solo perché sono appassionata. Cambio idea spesso, difendo ogni cosa con le unghie e con i denti e in quei momenti posso ferire le persone. Ho lavorato tanto sul mio modo di esprimermi e su quell’essere tanto intransigente con gli altri quanto severa e violenta con me stessa. È stata dura, ho sofferto tanto, ma mi è servito: sono arrivata al punto in cui ho smesso di giudicarmi, ora mi lascio vivere».
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