Francesco Scianna: «Sono l’uomo che state aspettando»
Adora le donne e non ha paura di quelle forti. Francesco Scianna torna in TV nella serie La mafia uccide solo d’estate. A Grazia ha parlato di come cambiano i rapporti tra i sessi. E di perché in amore è pronto a ogni sfida
La prima notizia sembra buona. Francesco Scianna è single. La seconda sa già di marcia indietro, anche se potrebbe tornarmi lo stesso utile. «Aspetti, però, a scriverlo. Può essere che nel fine settimana cambi qualcosa. Le faccio sapere», mi dice. Telefonate o messaggi non ne ho ricevuti. Non che ci contassi, ma immagino che la partita sia ancora tutta da giocare per l’attore palermitano, che dal 26 aprile torna su Rai Uno nella seconda stagione della serie La mafia uccide solo d’estate per la regia di Luca Ribuoli.
Il suo ruolo è quello di Massimo, lo zio del protagonista, il piccolo Salvatore. «È un personaggio che racchiude in sé tutte le sfaccettature tra il bene e il male», mi spiega. «Nella scorsa stagione il pubblico lo ha conosciuto come simpatico cialtrone, un ex “sciupafemmine” redento dal matrimonio. Ora pagherà il prezzo delle sue scelte sbagliate, la sua connivenza con la mafia. E quello che gli accadrà stravolgerà tutte le sue convinzioni. Ha presente quando si pesca un polpo e lo si rovescia come un calzino sugli scogli?».
L’immagine è forte, Francesco è un pescatore appassionato (mi dice di avere da diversi mesi la schiena a pezzi per il rocambolesco inseguimento di un tonno), ma nel suo discorso un’altra parola mi colpisce: quello “sciupafemmine” pronunciato con un grande sorriso. Perché all’ippodromo di San Siro di Milano, in questo pomeriggio di primavera posseduto da una pioggia torrenziale che rende ogni foto un’avventura fangosa e scivolosa, Francesco Scianna porta tutta la sua solare fisicità siciliana.
Un fascino che lui, con imprevista modestia, definisce antico, ma che di fatto gli ha permesso di interpretare sullo schermo e in teatro personaggi complessi e quasi sempre molto seduttivi: dal sanguigno Peppino Torrenuova di Baarìa, il film di Giuseppe Tornatore che lo ha lanciato nove anni fa, all’egocentrico Saverio, divo adorato da tutte le sue donne, in Latin Lover, senza dimenticare una serie di malavitosi di fascino ruvido e deciso. Quanto Scianna fuori dal set coincida con l’immagine cinematografica è da stabilire. Chiusa due anni fa una lunga relazione con la collega Matilde Gioli, non è certo onnipresente sulle pagine di gossip e sa bene come proteggere la sua vita privata.
Lei è consapevole di essere uno degli attori più sexy in circolazione?
«Assolutamente no. E non mi considero affatto un seduttore. Certo, se piaccio sono contento, sono un po’ narciso. Altrimenti non avrei potuto fare l’attore».
Ma vedrà pure gli sguardi che le rivolgono.
«Mica sempre, sa? Anche perché io non partivo bene».
In che senso?
«Ero un adolescente molto timido. Tempo fa ho trovato dei filmini di famiglia di quando frequentavo le medie e mi sono sorpreso, sembravo quasi estroverso. Dai 14 anni, invece, ricordo di avere avuto un blocco emotivo. Mi vedevo orrendo, sono cresciuto a scatti, immagini un gran naso su un fisico mingherlino. Per compensare, gonfiavo il ciuffo a dismisura. Mio fratello mi chiamava topo; io, che a quel tempo allevavo canarini, pensavo di assomigliare a certi esemplari con le piume arricciate. Solo mia madre, sospirando, diceva che la mia faccia era da maschera greca». E poi che è successo? «Che verso i 24 anni tutto si è assestato e anche con le ragazze è andata meglio».
Oggi dove darebbe un primo appuntamento?
«Non è facile, quando sei famoso, capire che cosa si aspetti chi è di fronte a te. Io propongo, di solito, un aperitivo, un cinema o un teatro, così dopo si può discutere, conoscersi meglio». Mi sembra una partenza cauta. «Il cinema è il mio mondo e voglio sempre condividerlo. La passione per il mio mestiere è nata guardando i film. Mio padre è ingegnere, mia madre insegnante: non c’entravano niente con lo spettacolo. Ma mi hanno aiutato a vincere tutte le paure».
Ne aveva?
«La prima volta che ho recitato in teatro avevo 15 anni e i conati di nausea all’idea di esibirmi in pubblico. Ho chiesto al regista di chiamare un’ambulanza. Lui mi ha risposto: “Prima, però, ti faccio salire sul palco a calci”. Ho fatto lo spettacolo con l’ambulanza che mi aspettava fuori. Però ho imparato che spesso sono le nostre insicurezze a essere il miglior trampolino».
E adesso sta puntando a Hollywood. Dopo Ben Hur, ha preso parte a Maria Maddalena di Garth Davis, che ora è nelle sale.
«Un’apparizione, che è diventata sparizione. Il regista all’ultimo ha cancellato tutti gli attori italiani dal film. E ha fatto bene, funziona benissimo così».
Lo scandalo delle molestie sessuali, iniziato con le accuse al produttore Harvey Weinstein, rappresenta un terremoto per Hollywood. Che idea si è fatto?
«I casi che sono esplosi erano di autentica violenza. Fisica o psicologica non fa differenza, restano gravissimi. E comunque aprono lo sguardo su molte riflessioni. Spero che questa vicenda possa accelerare un cambiamento culturale nei rapporti tra uomo e donna. Certe dinamiche sessiste devono per forza finire».
Si è discusso molto in questo periodo del confine tra seduzione e molestia.
«Sono sereno e continuerò a essere sempre me stesso. Nel mio modo di rivolgermi a una donna, la seduzione è sempre prima di tutto rispetto».
Lei è geloso?
«Quanto basta. E comunque è la vera intimità che dà fiducia e toglie i dubbi. Ma non significa vivere in simbiosi e controllarsi a vicenda».
Che rapporti ha con le sue ex?
«Di amicizia, sono tutte donne che stimo. La qualità di un legame è restata inalterata, anzi, a volte è cresciuta con la distanza. E questo è bello, perché una persona che hai amato, in questo modo, resta sempre con te, è la conferma di quello che avevi apprezzato in lei».
Qual è la cosa più bella che le abbia detto una donna?
«“I silenzi con te sono profondi”. Che dice, era un complimento?».
Direi di sì. Significa che con lei si sta bene. Le donne sono severe con i maschi. Lei una critica per noi ce l’ha?
«Nessuna, io vi adoro. Siamo noi uomini che sbagliamo a volervi razionalizzare, incasellare in stereotipi. A volte ci sembrate irrazionali. Ma questo vostro caos apparente è l’origine della vita. Perché voi date vita. E per capirvi e amarvi davvero servono uomini con una sensibilità speciale. C’è un libro che mi ha molto colpito, Il gesto di Ettore di Luigi Zoja sulla paternità. Parla anche di questo, di come l’emancipazione femminile richieda agli uomini un nuovo sforzo. Per esempio, quello di immaginarci in contesti nuovi, a casa con i figli, perché quella forte e in carriera è la donna. Cambiare in fondo significa questo: crescere».
E lei è pronto a farlo?
«Mi sta chiedendo se voglio diventare padre? Certo che mi piacerebbe. E molto».
Intendevo anche se è pronto a crescere. «Lo sono perché una donna forte che segue i suoi sogni e obiettivi mi attrae molto. E ha bisogno di un uomo che sia alla sua altezza».
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