Ancora una volta ha fatto centro. Il video del suo singolo Faccio quello che voglio pieno di ospiti famosi è già virale. Ma con noi il cantante e Youtuber Fabio Rovazzi ha parlato di amicizia, della fidanzata e della mamma. Perché, dice, del successo non c’è da fidarsi troppo
Sarebbe bello portarlo nelle scuole. A spiegare ai ragazzi che bisogna avere coraggio. Anche di mollare gli studi, come ha fatto lui, se in ballo c’è una passione forte. O di continuare a testa bassa, se la strada che ti porta dove vuoi tu passa per i libri. Quando senti una voce dentro che ti dice “fatti sotto», bisogna seguirla e basta.
Fabio Rovazzi ha 24 anni, ma se ci parli ti dice che ne ha 50. In effetti di sera esce poco, ha sempre la stessa ragazza e gli stessi amici, «un paio della scuola che ora sono in Australia a studiare, uno che era con me nel negozio di computer sotto casa doveva lavoravo al liceo».
Poi studia, controlla tutto, crea, inventa. I suoi libri sono il computer, le sue pagine i programmi più sofisticati di montaggio. Lo “script” è la parola che usa ogni due per tre insieme con “super”. La mette sempre davanti agli aggettivi, come i bambini: super bello, super divertente, super buono. Ti viene in mente Superpippo perché fa ridere come lui e anche di Rovazzi, in fondo, pensi che viva nei cartoni animati quando ti racconta che mangia schifezze di ogni tipo, fa quattro cene al giorno (l’ultima è la bistecchina delle 5,30 del mattino), che di notte lavora e di giorno dorme a intermittenza.
Ci diamo del tu perché io sono una mamma groupie («I bambini i genere non mi fermano per la strada, ma le mamme...»).
Hai gli stessi amici tranne uno speciale, Gianni Morandi, che è entrato prepotentemente nella tua vita dal featuring Volare. Che cosa s’impara da uno come lui?
«Gianni non è uno che ti mette la mano sulla spalla e ti dice: “Fabio, da oggi devi fare così”. Standogli a fianco impari semplicemente guardandolo, ha modi di fare incredibili con le persone, è bello da vedere e ti viene voglia di imitarlo».
Belli, tutti e due nell’ultimo video, con la camicia cangiante di Versace a pescare e parlare del blocco dello scrittore, nel tuo caso blocco da tormentone.
«Non metto quelle camicie ma nel mio script c’era: Gianni e Fabio giocano a golf con le camicie di Versace. Tipo Starsky & Hutch che si godono i soldi. Poi all’Isola di Pietro (l’isola sarda di San Pietro dove Morandi gira la serie televisiva per Canale 5, ndr) non c’era niente e ho optato per le canne da pesca».
Vada per Gianni Morandi ma, e l’elenco è lungo, che cosa hanno voluto in cambio per partecipare al nuovo singolo Faccio quello che voglio i vari Al Bano, Emma, Nek, Carlo Cracco, Flavio Briatore, Diletta Leotta, Massimo Boldi, Eros Ramazzotti?
«Niente di niente, tutti gratis. Non ho mai pagato un personaggio per un mio video. Perché dovrei? Non sono apparizioni lavorative, se ti fa piacere lo fai, sennò no».
Qualcuno ti ha detto di no?
«Mauro Icardi (il bomber del’Inter, ndr), ma solo perché era a Ibiza e non potevo girare lì. Magari il prossimo...».
Al Bano come l’hai beccato?
«L’avevo conosciuto in un hotel a Roma, ero lì per il film Il vegetale. Lui è sceso dalla macchina ed è venuto a salutarmi: “Salve maestro!». E io mi sono detto, ma come è possibile? Poi ci siamo sentiti, gli ho chiesto se voleva fare un cameo e lui: “Certo!”. Sono andato tre giorni a Cellino San Marco, in Puglia».
Hai assaggiato il vino di Al Bano?
«Ho assaggiato il vino, ho visto tutto, ma proprio tutto, e la mia autostima è calata a zero».
E la conduttrice Diletta Leotta, che cosa ci fa nel video in piedi sullo yacht?
«Diletta l’avevo conosciuta a un evento di Sky, lei è di una bellezza incredibile, uno dei volti più conosciuti in questo momento. Nello script, la sceneggiatura c’era: “Figura X di bell’aspetto”, e ho pensato a lei».
Ora che sei famoso, avrai uno stuolo di ragazze ai tuoi piedi. E Karina Karina Bezhenar, la tua fidanzata, che cosa dice?
«Io non vivo il successo e credo nell’amore. E c’è sempre Karina. Perché, dovrei cambiarla? Certo che mi corteggiano in tante, ma sono innamorate del mio personaggio, non di me».
State pensando a un bambino?
«Figli per ora no, non potrei seguirli, però come fanno a non piacerti i bambini? Sono belli e sinceri, più importanti di tutto il resto».
Hai iniziato facendo video su Facebook e hai continuato prendendo in giro Instagram con Tutto molto interessante. Dei tuoi cari bambini e adolescenti che stanno sempre sullo smartphone che cosa pensi?
«Stiamo perdendo i rapporti umani. Il Giappone è il nostro futuro estremizzato. Lì c’è il fenomeno dell’Hikikomori, i ragazzi si isolano e non hanno più neanche rapporti sessuali. I social ci allontanano e non abbiamo più la sincerità, il nostro vero volto. Possiamo dire tutto senza filtri ed essere qualcun altro».
Quindi, mamme, vigilate, vigilate...
«Dipende da che cosa ci fai col telefono, se uno ci sta per insultare e sfogare la propria repressione è un conto. Ma in genere ci stiamo per farci gli affari degli altri. A furia di spiarci a vicenda, finiremo per guardare le promozioni di scarpe perché nessuno pubblicherà più nulla. Insomma, mamme, spiegate e non proibite. Sennò si innesta la psicologia inversa».
Vedi? Sei pronto per fare il padre. Tua madre Beatrice ti tratta ancora come un bambino o come un 50enne?
«Abbiamo un bel rapporto, ma è sempre preoccupata. Infatti, in Faccio quello che voglio le ho dedicato la scena in cui mi lancio in mare con una Panda. È stata sempre in ansia per me. Io videomaker, io pierre in discoteca, io che lascio la scuola (al quarto anno di liceo artistico, ndr). A un certo punto ho deciso di andarmene da casa e di vivere da indipendente e autodidatta perché stavo studiando cose che mi avrebbero portato lontano da quello che volevo. Mia madre non l’ha capito, giustamente. Aveva paura che mi perdessi. Ma ho avuto culo».
Sei mai andato dallo psicologo?
«Sì, sono andato a 17 anni quando è mancato mio padre. Dopo un trauma del genere è normale. Ma è finita l’ho analizzato io perché mi parlava lui di sua moglie. E gli ho detto: faccio fattura?».
Quanto è costato Faccio quello che voglio?
«Tanto, non dico quanto perché le persone che non sono di questo ambiente non capirebbero».
Ma tu sei un po’ tirato o sei uno che spende?
«Spendo, spendo».
« La gioia non è avere follower o soldi, è il procedimento che ti ha permesso di avere soldi e follower »
In che cosa? Macchine, orologi?
«In macchine no, perché non guido, mi faccio portare. Io sono sempre stato malato di moda. Mi piace lo streetwear, che adesso è esploso: colleziono quelle magliette che non puoi mettere perché valgono davvero tanto e devi tenerle come quadri. All’inizio vengono vendute a 60 dollari e poi rivendere a 2.000 perché ne esistono solo cento nel mondo. È un mercato. Ne prendi una e poi la vendi, una specie di Borsa dei vestiti. Poi mi piacciono le sneakers, quelle che in Italia hai solo tu. Lo streetwear da collezione ha estremizzato la dinamica del “questo ce l’ho solo io”».
Nello script immaginario si legge: “Rovazzi col cappello dietro alla macchina da presa”. Ma che cosa ti piace del cinema o della tv?
«Un sacco di serie e poi tantissimo cinema. Dalle peggiori stronzate se ne cava sempre qualcosa di buono. Io sono innamorato dei prodotti un po’ commerciali alla Christopher Nolan, genio del male. E mi intriga molto la psicologia dei serial killer».
Cioè, farai un film del genere crime?
«Allora, se tu fai una lezione di sceneggiatura a 30 studenti, quasi tutti poi porteranno un testo che parla di polizia a New York. Ma quando mai hanno lavorato nella polizia a New York? Se parli di ciò che non hai vissuto si vede, quindi io non farò mai cose che non ho sperimentato direttamente».
Insomma, che film vuoi fare?
«Ho tre sceneggiature nella testa, tre incipit diversi. Mi devo confrontare con gli sceneggiatori. Poi magari cambiamo tutto, cambio idea».
Pensi che il cinema italiano abbia bisogno di te?
«Non lo seguo tanto, ma ho conosciuto un po’ di personaggi super, ho fatto una settimana a Toronto con l’attore Antonio Albanese e mi piace il regista Sidney Sibilia. Il cinema italiano non ha la possibilità di dare ai talenti quello di cui hanno bisogno. Contano tanto il budget e l’onestà dei produttori, ma prima o poi riusciremo a trovare la quadra».
E in quel momento sarai felice, anche se over 50.
«Alt, la gioia non è avere follower o soldi, è il procedimento che ti ha permesso di avere soldi e follower, ottieni la gioia se hai fatto quello che ti piace».
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