Chiara Baschetti: «La promessa che ho fatto a mia nonna»
Quando sfilava Chiara Baschetti si sentiva sempre sotto esame: non era mai abbastanza magra o di tendenza, poi ha imparato a lasciarsi andare e ha conosciuto la popolarità nella serie tv L’isola di Pietro
Certe interviste bisognerebbe iniziarle dalla fine, quando le persone raccontano la parte più intima di loro. Chiara Baschetti, 31 anni, modella e attrice, lo fa molte ore dopo l’inizio del nostro incontro. Lo fa mentre parla dei suoi nonni, che abitavano vicino a casa sua a Sant’Ermete, piccola frazione di Sant’Arcangelo di Romagna.
«Per mio nonno, come per tanti uomini della sua generazione, le donne subivano, non avevano voce in capitolo su nessun tema. Mio nonno stava via per settimane, andava a caccia, si faceva i fatti suoi, senza rendere conto a nessuno», racconta.
«Quello che ha subìto mia nonna non era violenza fisica, ma psicologica. Un’aggressività verbale, emotiva. Sono cresciuta sentendo quelle parole dure, ingiuste, a cui non riusciva a ribellarsi. Percepivo il crudele dominio dell’uomo sulla donna. Mi disturbava. Anni dopo ho avvertito in me il bisogno di trasformare questo ricordo in energia positiva, cercando di fare qualcosa di utile e ho dato una mano a fondare l’associazione Divieto di femminicidio che cerca di prevenire e combattere la violenza contro le donne».
Le parole di Chiara corrono veloci, senza sosta, e i suoi occhi grandi, avvolgenti, raccontano un sogno diventato realtà. Scopro una donna che non mi aspettavo: non solo una modella e un’attrice bellissima (in maggio inizia a girare con Gianni Morandi la seconda serie di L’isola di Pietro, fiction tv di Canale 5), ma anche una ragazza che sceglie l’impegno.
Da dove è nata l’idea di quest’associazione?
«Da un incontro di donne e dall’unione delle nostre forze. Circa due anni fa preparavo L’isola di Pietro e ho conosciuto Alessandra Zedda, consigliera regionale sarda, e Alessandra Moretti, consigliera in Veneto. Il nostro obiettivo è cambiare le leggi, perché non ci tutelano abbastanza. Con la nostra associazione siamo riusciti per esempio, a far approvare in Sardegna una legge regionale che offra alle donne che subiscono violenza da parte dei loro compagni un “reddito di libertà”, un contributo economico. Chi non lavora, infatti, spesso non si ribella perché poi non sa dove andare. Ma non basta: per cambiare la mentalità maschilista e aiutare le donne a ribellarsi alla violenza bisogna lavorare sui giovani. È su questo che vorrei dare un contributo concreto, portando il messaggio nelle scuole».
Ha sempre avuto il desiderio di aiutare gli altri?
«Sognavo di fare la missionaria in Africa. Ero negli scout, visitavamo i ricoveri degli anziani, le comunità di adulti in difficoltà. Sentivo dentro di me il bisogno di dare agli altri, ma fino ai 30 anni la vita mi ha portato altrove».
Dove l’ha portata?
«All’inizio a Milano: avevo 15 anni e dopo essere stata notata in spiaggia da un talent scout, ho vinto un concorso per modelle. Poi sono stata a Parigi e a New York. L’inizio della carriera è stato duro: questo è un mondo che ti giudica solo per come appari. Mi prendevano continuamente le misure: dovevo perdere centimetri, avevo fatto troppo nuoto, troppa pallavolo. Non andavo mai bene, non ero mai abbastanza magra, carina, di tendenza. Avevo un fisico troppo sano. È lì che ho iniziato a realizzare che nelle persone c’è anche un lato oscuro che può ferire. Ho sofferto di psoriasi e a 17 anni per un po’ sono tornata a casa».
Ha fatto anche psicoanalisi?
«Sì, continuo a farla. La consiglio a tutti, ma è faticoso lavorare su se stessi. Ci sono momenti in cui è più facile dire: “Mollo tutto, rimango come sono”. Ma lo scopo della vita è capire chi si è davvero: se non stai bene con te stessa, non riesci a vivere pienamente il mondo che ti circonda».
Non mi dica che essere alta e bellissima è stato per lei un problema.
«Da ragazza mi chiamavano “Olivia”, come la fidanzata di Braccio di Ferro, o “Prolunga” e mi sono sentita discriminata. Poi, facendo la modella, l’altezza è diventato un vantaggio. Oggi è di nuovo un problema: sul set c’è un diverso modello di femminilità e devo prendere peso. Ma il cinema è per me anche una terapia. Quando ho iniziato a lavorare nella moda mi sono chiusa in me stessa. Non mi è mai successo di subire molestie sessuali, ma non riuscivo a fidarmi delle persone, non erano amiche. Sul set, invece, ho imparato a lasciarmi andare e mi sono resa conto di quanta diffidenza nutrivo nei confronti del mondo».
Anche il suo fidanzato, Elia Fongaro, professione modello, occhi di ghiaccio, vuole fare cinema?
«Gli piacerebbe, anche se si sta concentrando più sulla moda. Conviviamo, ma pensavo fosse più semplice. Sono testarda e indipendente: forse sono stata troppo tempo da sola. Ho la mania del controllo, vorrei guidare sempre io. “Puoi fare ogni tanto la donna?”, mi dice Elia. E poi io sono una iperattiva, lui è tranquillo e a volte la sua lentezza mi innervosisce. Ma non ne sono fiera».
Bella, profonda, consapevole delle proprie fragilità. Quando litiga, tiene il muso?
«No, mi sfogo subito, mentre il mio fidanzato trattiene le emozioni e passiamo il tempo a rincorrerci. Ma la vita è fatta anche di questo».
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