5 esercizi per braccia toniche da fare (anche) a casa e senza attrezzi

Gli esercizi per braccia toniche sono (spesso) sottovalutati dal pubblico femminile delle palestre.
È un cruccio per molte donne, infatti, quando si tratta di indossare abiti o top smanicati, ma la verità è che per avere braccia toniche serve fare qualche esercizio mirato.
Spesso infatti gli allenamenti femminili in palestra sono orientati (sbagliando) a rassodare solo la parte inferiore del corpo, dimenticando di prestare la dovuta attenzione a quella superiore.
Questo, oltre a favorire il gonfiore delle gambe (che se vengono eccessivamente allenate senza un corretto corrispettivo sul resto del corpo finiscono per richiamare più sangue e liquidi e quindi a risultare più gonfie), lascia a loro stesse le braccia, che invece per potersi mantenere toniche ed elastiche hanno bisogno di essere allenate tanto quanto gambe, glutei e addominali.
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La buona notizia è che basta un po' di costanza nell'eseguire i giusti esercizi per ottenere un buon risultato in tempi relativamente brevi.
La seconda buona notizia è che non c'è nemmeno bisogno di andare in palestra: basta seguire qualche esercizio usando quello che abbiamo in casa o poco più, come ci ha spiegato il Functional Trainer Filippo De Ruggiero.
5 esercizi per braccia toniche da fare (anche) a casa
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Push up
“I push up, o piegamenti sulle braccia, sono un tipo di esercizio a corpo libero che non richiede di andare in palestra. Sono alla portata di tutti e l’intensità con cui eseguirli dipende dal nostro grado di preparazione fisica: per le più allenate si consiglia di tenere le gambe ben distese con le punte dei piedi poggiate a terra, per chi invece è agli inizi meglio appoggiare le ginocchia a terra”, spiega De Ruggiero.
I muscoli maggiormente coinvolti sono pettorali e tricipiti anche se ci sono delle varianti che permettono di essere più efficaci sugli uni o sugli altri: se si tengono le braccia larghe con i gomiti rivolti in fuori a venir più sollecitati sono i primi; se invece le braccia sono strette, con le mani all’altezza delle spalle e i gomiti attaccati al busto durante la discesa, si lavora più sui secondi.
“L’importante è eseguirli correttamente per non farsi male a collo e schiena: meglio farne meno ma nel modo giusto”, commenta il coach.
Curl
A casa non avete manubri e pesetti? Non c’è problema.
“Per definire i bicipiti potreste aiutarvi con delle bottiglie d’acqua da un litro e mezzo: impugnatele con il palmo delle mani rivolto in avanti e portate frontalmente le braccia a 90 gradi tenendole ben attaccate al busto e controllando il movimento soprattutto nella fase negativa cioè quando state scendendo verso il basso.
Per non caricare la schiena il consiglio è di piegare leggermente le gambe - le parole dell’allenatore, che aggiunge - Per far lavorare anche il deltoide sollevate con le braccia distese le bottiglie fino all’altezza delle spalle; se non volete affaticare la schiena potete eseguire questo esercizio da sedute rispettando sempre però il corretto assetto lombare”.
Estensioni con TRX
Volete ottenere risultati soddisfacenti in tempi brevi? Il consiglio è di acquistare un attrezzo leggero e pratico (si compra su Amazon o in qualsiasi negozio di sport) che vi allenerà quanto a forza, equilibrio e flessibilità: il TRX, acronimo di Total Resistance Exercise.
“Vi basterà legare questo sistema di cinghie con maniglie ergonomiche a una porta e sbizzarrirvi in esercizi che vi aiuteranno a tonificare e allungare i muscoli senza gonfiarli eccessivamente in quanto viene sfruttato solo il peso del proprio corpo come carico”, commenta De Ruggiero.
Per esempio: prendete le maniglie e contraete gli addominali, tenete il corpo leggermente inclinato appoggiandovi sulle cinghie e piegate i gomiti verso il basso abbassando il corpo.
Se non volete lanciarvi in questo acquisto potete allenare i tricipiti a corpo libero posizionando le mani sul bordo di una superficie rigida, quindi anche una sedia o una scrivania, allargandole all’altezza delle spalle: ora scendete verso il basso con il corpo e poi distendete le braccia. Meglio le gambe allungate in avanti per le più allenate altrimenti leggermente distese.
Kick back ed estensioni verticali
Un valido esercizio per allenare il muscolo posteriore delle braccia si chiama Kick back.
“Potete farlo in posizione di quadrupedia impugnando un pesetto o una bottiglia d’acqua con il palmo rivolto verso l’interno: tenete il gomito stretto e flesso a 90 gradi ed estendetelo verso dietro durante l’esecuzione.
Il movimento deve essere lento e con addome contratto: il suggerimento è di farlo per tre serie da quindici ripetizioni per braccio riposando un minuto.
Un’alternativa è posizionare i piedi all’altezza delle spalle, impugnare e sollevare i pesetti sopra la testa con i palmi rivolti l’uno verso l’altro, piegare i gomiti per abbassare i pesetti fin dietro la nuca e poi estendere le braccia per tornare alla posizione di partenza: i gomiti è importante che restino sempre fermi durante l’esecuzione”, conclude De Ruggiero.
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Un "Corpo Libero" dall'obesità: un documentario racconta (senza retorica) la malattia

Iris ha una compagna invadente, da sempre con lei, in ogni fase della sua vita, fin dall’adolescenza: è l’obesità, una prigione da cui riesce ad evadere nel momento in cui impara a volersi bene, a cercare una strada per riprendere in mano la propria vita.
Marco, dopo una carriera sportiva agonistica, comincia a prendere peso, finché non capisce che quel corpo gli impedisce di vivere la vita che vuole e non trova il coraggio di chiedere aiuto e di prendersi cura della sua salute fisica e mentale.
Maria inizia a prendere peso dopo le gravidanze e non riesce più a perderlo; dopo molte diete e molti fallimenti, si rivolge ad uno specialista, iniziando un percorso di rinascita fatto di sforzi e sacrifici, che la porta nuovamente a stare bene con il suo corpo in salute.
Roberto si rifugia nel cibo quando i suoi genitori si separano: un evento che segna la sua adolescenza portandolo all’isolamento e alla solitudine. Ma quando nasce sua nipote qualcosa scatta dentro di lui, vuole ricominciare a vivere, e ci riesce, grazie a un supporto nutrizionale e psicologico.
Oltre lo stigma e i luoghi comuni
Quattro storie diverse, quattro persone ciascuna con il proprio vissuto personale, unico e speciale. Tutte accomunate da una stessa patologia: l’obesità. Una vera e propria malattia cronica, complessa e multifattoriale, affrontata e raccontata con una semantica nuova, oltre lo stigma della grassofobia, attraverso il documentario “Corpo libero”, scritto e diretto da Donatella Romani e Roberto Amato, prodotto da Telomero Produzioni con il patrocinio dell’Associazione pazienti Amici Obesi e realizzato con il contributo non condizionante di Lilly.
Il film vuole superare i luoghi comuni associati a questa malattia e incoraggiare le persone che ne soffrono a intraprendere un percorso di cura.
«Volevamo trovare un equilibrio nella narrativa sull’obesità», dicono Donatella Romani è Roberto Amato. «Da un lato c’è una società intrisa di grassofobia che giudica e stigmatizza i corpi non conformi agli standard di bellezza, generando una profonda solitudine e frustrazione in chi non riesce a perdere peso, dall’altra c’è il rischio che la pur giusta accettazione di sé, lega ta al “body positivity”, faccia dimenticare che il peso in eccesso non è una mera questione estetica, ma un problema di salute che può avere gravi conseguenze nel tempo. L’obesità come ogni patologia va diagnosticata e curata e oggi la ricerca scientifica per la prima volta mette a disposizione terapie che possono ridurre i fattori di rischio e le patologie legate all’obesità».
Le voci degli esperti
Alle voci di Iris, Marco, Maria e Roberto si affiancano quelle della professoressa Anna Maria Colao e del dottor Edoardo Mocini. I due specialisti illustrano i meccanismi biologici alla base dell'obesità e spiegano le nuove possibilità terapeutiche che possono aiutare le persone alle prese con questa malattia cronica a ritrovare la propria salute.
Togliersi un peso e vivere felici
“Corpo libero” è un racconto corale, appassionato, vero, intimo e sincero. E insieme, ispirazionale: passo dopo passo i quattro protagonisti e i due clinici dimostrano che con il giusto approccio e grazie a un supporto nutrizionale e psicologico è possibile guarire dall’obesità e quindi ritrovare la propria salute, la libertà di vivere appieno e con gioia. «Speriamo che il docufilm possa aiutare chi in questo momento non ha la forza di reagire», dicono i protagonisti. «Speriamo soprattutto che la società possa diventare più inclusiva e accogliente con chi ha problemi di peso».
Il primo ottobre l’Italia ha varato, primo Paese al mondo, una legge che definisce l’obesità una patologia cronica, una condizione che riguarda, solo nel nostro Paese, oltre 6 milioni di persone.
La voce narrante è quella di Stefania Rocca, attrice icona del cinema italiano, che accompagna lo storytelling con riflessioni intime e potenti. «Non tutti nascono farfalle e i bruchi non sono consapevoli che un giorno diventeranno farfalle e soprattutto i cambiamenti sono faticosi, richiedono tempo e fanno un po’ paura», dice Rocca, che nel film guida lo spettatore a riflettere sui corpi imprigionati dall’obesità.
Dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma (guarda il video story alla Festa del Cinema su YouTube), il documentario “Corpo libero” è andato in onda su LA7 ed è ora disponibile su Rivedi LA7 e su Amazon Prime Video.
"Corpo Libero", il trailer
Dall'alto, sotto la foto di copertina, alcuni volti del docufilm "Corpo Libero" (su Prime Video): Iris Sani, Presidente della Onlus AMICI OBESI, che ha patrocinato l'opera; Marco; Maria; Roberto.
Nella foto di gruppo, il cast e la produzione del docufilm Corpo Libero sul tappeto rosso della festa del cinema di Roma. Sotto, l'attrice Stefania Rocca, voce narrante nel lungometraggio.
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Pandoro o panettone? La psicologia spiega cosa c'è dietro la scelta

C’è una scelta che, durante le feste, ritorna con puntualità quasi rituale sulle nostre tavole: pandoro o panettone?
Apparentemente banale, questa preferenza divide gusti e abitudini familiari da generazioni, ma può essere letta anche come un piccolo segnale del nostro modo di vivere il Natale.
Al di là delle mode e delle infinite varianti artigianali, il dolce delle feste resta un simbolo potente; legato all’idea di comfort, tradizione e piacere condiviso.
Senza voler trasformare una scelta gastronomica in un test di personalità, è interessante osservare come la psicologia attribuisca al cibo un valore emotivo e identitario.
Preferire il pandoro o il panettone non svela i nostri segreti più nascosti, ma può raccontare qualcosa del nostro rapporto con la semplicità, la complessità e il bisogno di rassicurazione o di varietà, proprio nel periodo dell’anno in cui queste dinamiche emergono con più forza.
**Le 5 personalità che si trovano durante le vacanze di Natale: quale siete?**
Pandoro o panettone? La psicologia spiega cosa c'è dietro la vostra scelta
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Se siete team pandoro
Chi è team pandoro spesso cerca nel Natale (e nel cibo) una forma di rassicurazione.
Il pandoro è lineare e senza sorprese: stesso sapore, stessa consistenza, stesso rituale ogni anno. Psicologicamente, questa scelta può riflettere una personalità che ama le cose chiare, riconoscibili, che funzionano senza troppe complicazioni.
Il pandoro piace a chi tende a preferire il comfort emotivo alla sperimentazione, a chi trova benessere nella ripetizione e nelle tradizioni così come sono. Non è una chiusura al nuovo, ma un bisogno di stabilità: in un periodo già carico di stimoli, impegni e aspettative, scegliere qualcosa di semplice diventa un modo per alleggerire.
È la scelta di chi nel Natale cerca una pausa dal rumore, più che un’esperienza da esplorare. Un dolce che non chiede di essere interpretato, ma solo gustato.
Se siete team panettone
Chi invece è team panettone tende ad avere un rapporto più fluido con la varietà e l’imprevisto.
Il panettone è stratificato, imperfetto, pieno di elementi diversi che convivono insieme: dolcezza, acidità, consistenze differenti. Non è mai identico a sé stesso, e forse è proprio questo il suo fascino.
Dal punto di vista psicologico, chi lo preferisce è spesso più aperto al cambiamento, meno infastidito dalle sfumature della vita e più attratto dalle esperienze complesse. Scegliere il panettone significa anche accettare ciò che non piace a tutti (uvetta e canditi) ma che fa parte del “pacchetto”. Un atteggiamento che racconta tolleranza, adattabilità e curiosità.
Il panettone è il dolce di chi vive le feste come un momento di convivialità vera, fatta di differenze che si incontrano. Di chi ama mescolare, provare, cambiare versione ogni anno. È la scelta di chi non cerca solo conforto, ma anche stimoli, storie, contaminazioni.
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Questi comportamenti quotidiani (apparentemente normali) peggiorano l'ansia senza che ce ne accorgiamo

Ci sono giornate in cui non sappiamo spiegare bene perché ci sentiamo irritabili, sotto pressione, come se il corpo corresse più veloce della testa. Spesso diamo la colpa al lavoro, ai ritmi frenetici della vita, ai colleghi anticipatici, al meteo o semplicemente al periodo dell’anno.
Può essere però che a contribuire a questa sensazione ci siano abitudini minuscole, talmente automatiche da non farci più caso.
Secondo diversi terapeuti, molte delle nostre routine quotidiane (dal modo in cui iniziamo la nostra gioranta al modo in cui usiamo lo smartphone) attivano il sistema nervoso senza che ce ne rendiamo conto. E così un po’ alla volta, giorno dopo giorno, contribuiscono a rafforzare quell'ansia, quella tensione di fondo costante che sembra arrivare “dal nulla” ma che in realtà ha radici molto concrete.
Niente allarmismi: la buona notizia è che, una volta identificate, queste micro-abitudini si possono correggere con piccoli cambiamenti sostenibili. E gli effetti sul benessere mentale possono essere sorprendenti.
**5 frasi da non dire mai a una persona ansiosa (e cosa dire invece)**
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Il telefono al risveglio, il multitasking continuo e quelle “micro-scosse” che attivano il sistema nervoso
Molti comportamenti che ci sembrano innocui sono, in realtà, tra i principali responsabili dell’ansia quotidiana.
Il primo della lista? Guardare il telefono appena svegli. Quello che sembra un gesto normale, controllare notifiche, messaggi, social, non dà al cervello il tempo di passare gradualmente dal sonno alla veglia. Al contrario, lo espone immediatamente a un flusso di informazioni, stimoli e richieste che attivano la risposta allo stress già dal primo minuto della giornata.
A questo si aggiunge il nostro stile di vita iper-veloce: multitasking costante, pause saltate, pasti mangiati in fretta o direttamente rimandati, riunioni che si accavallano, email che arrivano a raffica. Corpo e mente non hanno mai un vero momento per rallentare e ricalibrarsi. È la condizione perfetta per alimentare ansia, stress e irritabilità.
Anche i micro-stress ripetuti, come le notifiche del telefono o l’email che lampeggia sullo schermo del pc, hanno un impatto maggiore di quanto pensiamo. Funzionano come piccole scosse al cervello; brevi, ma continue. Il risultato? Il sistema nervoso resta in iper-attivazione, come se fosse sempre pronto a reagire a una minaccia, anche quando in realtà non c’è.
Non è un caso che molte persone raccontino di “non riuscire più a rilassarsi davvero”: il corpo rimane in modalità fight or flight anche mentre siamo seduti sul divano. Una condizione sottile, invisibile, ma che alimenta anisao a lungo termine.
Poco sonno, troppi schermi e una routine che non rispetta i ritmi naturali
Un altro fattore chiave è il sonno. Quando dormiamo troppo poco (o male) le aree del cervello che regolano le emozioni diventano più reattive. E così, ciò che in un giorno normale sarebbe un piccolo fastidio (una mail urgente, un imprevisto, una discussione) diventa un detonatore emotivo. Siamo più suscettibili, più stanchi, più vulnerabili allo stress.
Il problema è amplificato dal tempo passato davanti agli schermi, soprattutto nelle ore serali. La luce intensa del computer o della televisione comunica al cervello che “non è ancora ora di dormire”, interferendo con la produzione di melatonina e con la capacità di disattivare gradualmente il sistema nervoso. E quando andiamo a letto con lo smartphone in mano, portiamo con noi anche tutte le sue notifiche, informazioni e stimoli non elaborati. Il risultato? Un sonno meno profondo, più risvegli notturni e maggiore anisao al mattino.
Infine, c’è un elemento spesso sottovalutato: il sovraccarico decisionale. Tra lavoro, messaggi, social, email, appuntamenti, scadenze e notifiche, ogni giorno prendiamo centinaia di micro-decisioni. Questo crea un affaticamento mentale che il nostro sistema non è progettato per sostenere a lungo senza pause. E quando il cervello si sente “sovraccarico”, l'ansia trova terreno fertile.
Cosa possiamo fare per controllare e ridurre l'ansia
La buona notizia è che per ridurre l'ansia non servono cambiamenti drastici: spesso bastano piccoli aggiustamenti inseriti nella routine quotidiana.
Gli psicologi suggeriscono, ad esempio, di evitare di iniziare la giornata con il telefono in mano. Concedersi anche solo dieci o quindici minuti di “risveglio lento”, senza notifiche né stimoli digitali, aiuta il sistema nervoso a non attivarsi subito in modalità allerta.
Allo stesso modo, introdurre brevi pause durante la giornata (anche solo una manciata di secondi per fare stretching, chiudere gli occhi e fare un paio di respiri profondi) permette al corpo di ritrovare un ritmo più regolare e meno reattivo.
Un altro accorgimento utile riguarda le notifiche: limitarle significa ridurre quel flusso costante di micro-sollecitazioni che mantiene la mente in tensione.
Anche la gestione degli schermi serali può fare una grande differenza: tenere il telefono lontano dal viso o ridurre il tempo trascorso online prima di dormire aiuta il cervello a produrre melatonina e a prepararsi al riposo.
Infine, muoversi un po’ ogni giorno, anche per pochi minuti, contribuisce a sciogliere la tensione accumulata e a rimettere in circolo energie più equilibrate. È un modo semplice per ricordare al corpo che non deve restare sempre in modalità emergenza: può rallentare, respirare, ritrovare il proprio centro.
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Ecco il segreto per impacchettare i regali di Natale in 4 mosse

Impacchettare i regali di Natale per molti è un task più difficile e impegnativo che scegliere e comprare un pensiero per tutti.
Nonostante la sua apparente semplicità, l’idea di carta stropicciata, scotch visibile e fiocchi sbilenchi può mettere in crisi tutti, ma soprattutto gli amanti della precisione con poca dimestichezza coi lavoretti manuali.
La buona notizia però è impacchettare i regali di Natale in modo ordinato ed elegante non richiede talento artistico né materiali costosi, ma solo un po’ di metodo e qualche accorgimento pratico.
Con pochi passaggi mirati e un approccio più attento ai dettagli, anche il pacchetto più semplice può trasformarsi in una confezione curata e armoniosa, capace di valorizzare il regalo e di fare la una bellissima figura sotto l’albero, senza l’effetto improvvisato dell’ultimo minuto.
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Come impacchettare i regali di Natale: i consigli da seguire passo dopo passo
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1. Scegliere carta e materiali (pochi, ma giusti)
Il primo errore quando si cerca di capire come impacchettare i regali è pensare che servano mille decorazioni. In realtà, meno materiali si usano, più il pacchetto risulta elegante.
La scelta della carta è fondamentale: meglio una carta leggermente più spessa, facile da piegare e meno soggetta a strapparsi. Le carte troppo sottili o lucide, invece, tendono a segnarsi subito e a rendere le pieghe imprecise.
Per andare sul sicuro, puntate su colori neutri o naturali (come carta kraft, bianco, verde bosco, rosso scuro) e abbinate un solo elemento decorativo: uno spago, un nastro in tessuto, un filo dorato. Anche materiali semplici come carta da pacchi e spago da cucina possono diventare molto chic se usati con coerenza.
2. Tagliare e piegare con precisione (il passaggio che fa la differenza)
Uno dei segreti di come impacchettare i regali bene è la precisione. Prima di tutto, misurate la carta appoggiando il regalo al centro e assicurandovi che i lati coprano completamente l’oggetto senza eccessi. Troppa carta rende difficile gestire le pieghe, mentre troppo poca vi costringerà a rattoppare all’ultimo minuto.
Quando piegate, fatelo con calma: passate il dito lungo i bordi per segnare le pieghe e ottenere linee nette. Anche i lati corti vanno chiusi con ordine, piegando prima verso l’interno e poi verso il centro.
Questo passaggio, spesso sottovalutato, è quello che trasforma un pacchetto “fatto in fretta” in uno visivamente pulito.
3. Chiudere bene (e nascondere lo scotch)
Un altro punto chiave di per impacchettare i regali di Natale alla perfezione è la chiusura. Lo scotch serve, ma non deve mai essere protagonista. Usatelo solo dove serve davvero e cercate di nasconderlo all’interno del pacchetto o sotto le pieghe. Se la carta è stata tagliata correttamente, basteranno pochissimi pezzetti.
Il resto del lavoro può farlo il nastro o lo spago: un giro semplice, un nodo ben stretto e magari un doppio passaggio intorno al pacchetto sono più che sufficienti.
Evitate fiocchi troppo grandi o complessi se non siete pratiche: un nodo pulito risulta sempre più elegante di un fiocco sproporzionato.
4. Il dettaglio finale che personalizza davvero il regalo
L’ultimo passaggio è quello che rende il pacchetto unico. Non serve esagerare: un solo dettaglio basta. Un bigliettino scritto a mano, un rametto di pino, una fettina d’arancia essiccata, un’etichetta in carta riciclata.
Il consiglio è di scegliere un dettaglio coerente con il resto del pacchetto e ripeterlo su tutti i regali: questo crea un effetto armonioso sotto l’albero e dà subito l’idea di cura e attenzione.
Alla fine, imparare come impacchettare i regali di Natale non significa puntare alla perfezione, ma dedicare qualche minuto in più a un gesto che parla di tempo e presenza. Ed è proprio questo, spesso, il regalo più bello da ricevere.
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