4 mise en place originali per Natale

Dal gusto scandinavo o tradizionale, la tavola delle feste merita un tocco di originalità: ecco 4 idee di mise en place di Natale da provare

Durante le festività natalizie, la tavola diventa il cuore della casa e curarne l’allestimento è fondamentale per creare l’atmosfera giusta. Ecco 4 idee originali per una mise en place natalizia.

A suggerirle è Stars for Europe, l’associazione europea impegnata a valorizzare e diffondere la Stella di Natale, fiore simbolo delle feste.

4 idee originali per la mise en place di Natale

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Tavola in stile cottage

Per gli amanti delle decorazioni colorate e vivaci: piatti con delicati motivi di cerbiatti si abbinano a mini Stelle di Natale rosse e color pesca, pigne e rametti di abete. Il risultato è una tavola allegra e originale per stupire i propri ospiti.

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Decorazioni scandinave

L’eleganza delle decorazioni in stile nordico è inconfondibile.

Mini Stelle di Natale color crema, abbinate a decorazioni di carta sospese, danno alla tavola delle feste un tocco di classe ed eleganza.

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Centrotavola DIY

Per chi ama creare decorazioni personalizzate, le Stelle di Natale diventano protagoniste di composizioni DIY. Abbellite con della carta da regalo e disposte sulla tavola, sono perfette per aggiungere un dettaglio unico e originale al pranzo o alla cena di Natale.

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Colori a contrasto

Il Natale non deve essere per forza tradizionale.

Bicchieri e candele nelle tonalità dell'azzurro si abbinano a un centrotavola diffuso composto da Stelle di Natale dai colori accesi, disposte in piccoli vasetti di vetro, creando un gioco di contrasti che rende la tavola moderna e raffinata.

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Parenti serpenti: come disinnescare le dinamiche familiari tossiche durante le feste

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Dalle critiche velate ai confronti fastidiosi, le feste possono riattivare dinamiche familiari tossiche: ecco come affrontare la situazione

È il pranzo di Natale: i parenti ci sono tutti, la tavola è apparecchiata a festa. E puntuale ogni anno arriva quella frase: la domanda che non volevate sentire, il commento fuori posto, l’allusione che vi colpisce più forte di qualsiasi critica esplicita.

Succede perché, a Natale, qualcosa si riattiva. Non siamo solo adulti con vite piene e identità costruite negli anni: torniamo automaticamente ai ruoli famigliari di sempre. Figlie, sorelle, cugine, nipoti. Ruoli che conosciamo bene, ma che spesso non ci rappresentano più.

E in questo ritorno al passato, le dinamiche tossiche familiari trovano terreno fertile.

Perché proprio durante le feste certe persone sentono il bisogno di dire tutto quello che gli passa per la mente senza pensarci due volte? E soprattutto: come possiamo proteggerci senza trasformare un pranzo in una guerra di trincea? Qui, qualche risposta.

**SOS suoceri: come gestire la famiglia del partner a Natale**

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Perché a Natale riemergono le dinamiche familiari tossiche

Le feste mettono insieme persone che, spesso, condividono più sangue che affinità. Ma la ragione per cui commenti, giudizi e stoccate diventano più frequenti non è solo la convivenza forzata attorno a una tavola imbandita.

A livello psicologico, il periodo natalizio riattiva memorie antiche: ruoli infantili, equilibri familiari sedimentati, aspettative che conosciamo fin troppo bene. A questo si aggiungono lo stress accumulato durante l’anno, la pressione sociale di mostrarsi “tutti felici” e la convinzione, diffusa ma pericolosa, che in famiglia “si possa dire tutto”.

Così, frasi che in un altro contesto verrebbero riconosciute come inappropriate diventano quasi rituali: una sorta di tradizione malsana a cui sembra impossibile sottrarsi.

Quelle frasi che fanno male (e cosa significano davvero)

In ogni famiglia esistono battute che non sono battute, domande che non sono domande, e complimenti che non hanno nulla del complimento. Sono formule recitate da anni, sempre uguali, che nascondono molto più di ciò che dicono.

Alcuni esempli classici: «E allora, a quando un figlio?», «Il tuo ex mi piaceva più di questo», «Lavori ancora lì? Pensavo avessi ambizioni diverse», «Hai un po’ preso peso… stai bene?», «A trent’anni io avevo già casa, marito e due figli».

Dietro queste frasi non c’è quasi mai un reale interesse per voi: piuttosto, c’è l’esigenza di riaffermare un ruolo, di confermare una narrazione familiare, o semplicemente la proiezione delle loro insicurezze.

Non è una giustificazione, ma un chiarimento: capire da dove arrivano certe dinamiche permette di ridurre il loro impatto emotivo. Non siete voi il problema. Non lo siete mai state.

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Strategie che funzionano davvero contro le dinamiche familiari  tossiche

La domanda che molte persone si fanno è: come rispondere senza rovinare la giornata per tutti? La risposta non è “sopportare”, ma scegliere consapevolmente come proteggersi.

Il confine gentile

Basta dire: «Preferisco non parlarne oggi, grazie». È una frase semplice, educata, definitiva; che funziona più di quanto si pensi 

La deviazione elegante

Cambiare argomento senza sensi di colpa non è maleducazione: è autodifesa. «Ne parliamo un’altra volta. Hai visto cosa ha cucinato la nonna?».

Scegliete il vostro alleato

A tavola, sedetevi accanto a chi vi fa sentire al sicuro: una sorella, un cugino, l’amica invitata all’ultimo minuto. Anche questo è self-care.

La pausa strategica

Quando le domande si fanno sempre più insistenti, uscite cinque minuti, fate un giro in cucina, prendete aria sul balcone. A volte allontanarsi è il modo più efficace per evitare uno scontro inutile.

Il mantra dell’autoprotezione

Non siete obbligate a compiacere tutti. Le feste non chiedono perfezione: chiedono presenza. E quella la potete offrire solo se vi sentite rispettate.

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Ansia del “cosa fai a Capodanno?”: perché questa domanda ci manda nel panico

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Ecco perché la domanda “Cosa fai a Capodanno” ci mette sotto pressione, tra aspettative sociali e l’illusione della festa perfetta

C’è una domanda che, puntuale come un conto alla rovescia, inizia a circolare già a metà dicembre: “Cosa fai a Capodanno?”.

Una frase semplice, detta spesso senza cattive intenzioni, che però ha il potere di farci irrigidire all’istante. Perché non chiede solo un’informazione pratica, ma sembra pretendere una risposta che dica qualcosa di noi, della nostra vita sociale, del nostro modo di stare al mondo.

L’ansia che accompagna questa domanda non nasce infatti dalla serata in sé, ma da tutto ciò che Capodanno rappresenta simbolicamente. È la fine di un anno, l’inizio di un altro, un momento caricato di aspettative, bilanci e confronti. Ed è proprio questa concentrazione di significati a trasformare una festa qualunque in una fonte di pressione.

**Ecco perché (quasi) tutti odiano il Capodanno**

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Perché proprio Capodanno ci mette così sotto pressione

Capodanno è diventato, negli anni, molto più di una notte sul calendario. È una specie di esame collettivo, una prova di socialità e di felicità da superare.

A differenza di altre occasioni, qui non basta “fare qualcosa”: sembra necessario fare la cosa giusta, nel modo giusto, con le persone giuste. Il risultato è che la domanda “cosa fai a Capodanno?” viene vissuta come una valutazione implicita, quasi un giudizio preventivo.

Non rispondere subito, non avere un piano definito o ammettere di voler trascorrere la serata in modo semplice può farci sentire fuori posto, come se stessimo sbagliando qualcosa. Questo accade perché Capodanno viene percepito come una vetrina sociale: una notte che dovrebbe dimostrare quanto siamo circondati, quanto ci divertiamo, quanto la nostra vita sia piena. E quando una serata assume questo peso simbolico, anche la più banale incertezza può trasformarsi in disagio.

L’illusione del Capodanno perfetto (e dei social)

A rendere tutto ancora più complesso contribuisce l’immaginario che circonda il Capodanno. Film, pubblicità e soprattutto social hanno costruito l’idea che quella notte debba essere memorabile, scintillante, indimenticabile. Cene spettacolari, viaggi last minute, feste affollate, brindisi perfetti allo scoccare della mezzanotte: un racconto continuo che suggerisce che esista un modo corretto di vivere l’ultima notte dell’anno.

Il problema è che questo racconto è spesso una versione filtrata e idealizzata della realtà. Molti Capodanni vissuti come “epici” finiscono per essere stancanti, caotici o semplicemente diversi da come li avevamo immaginati. Ma ciò che resta, nella memoria collettiva, è il racconto patinato. Così il confronto diventa inevitabile: se tutti sembrano avere programmi incredibili, il nostro silenzio o la nostra indecisione assumono un peso sproporzionato.

In questo scenario, l’ansia non nasce tanto dal desiderio di fare qualcosa di speciale, quanto dalla paura di non essere all’altezza di un modello che in realtà pochi vivono davvero.

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Non avere un piano per Capodanno è un ottimo piano

E se il problema non fosse non avere un piano, ma sentirsi obbligati ad averne uno?

Negli ultimi anni sta emergendo una prospettiva diversa, decisamente più sana: non tutto deve essere performativo, nemmeno le feste. Non ogni scelta ha bisogno di essere spiegata, giustificata o difesa.

Capodanno può quindi essere una sera come tante altre, a cui attribuiamo un significato personale, non universale.

Per alcune persone sarà una festa, per altre una cena tranquilla, per altre ancora una notte come le altre, magari da passare a casa, in pigiama, con un film o un libro. Nessuna di queste opzioni è meno valida delle altre.

Il disagio nasce quando interiorizziamo l’idea che esista una risposta giusta alla domanda “cosa fai a Capodanno?”, dimenticando che il senso di quella notte non è uguale per tutti.

Rinunciare alla performance significa anche concedersi il diritto di non dover dimostrare nulla. Di non trasformare ogni momento in un contenuto da raccontare o in un’esperienza da ottimizzare.

In fondo, l’ansia che questa domanda scatena racconta molto più delle aspettative sociali che gravano su di noi che non della serata in sé. E forse il vero gesto liberatorio, a Capodanno, è proprio questo: scegliere come stare, senza sentirsi in dovere di spiegare perché.

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Capodanno a Napoli: un rito collettivo che diventa visione

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Al Real Albergo dei Poveri al via la grande mostra “Napoli Explosion” di Mario Amura

A Napoli il Capodanno non è una semplice notte di festa: è un rito collettivo, un gesto identitario che coinvolge l’intera città. Allo scoccare della mezzanotte, migliaia di fuochi d’artificio accenderanno il cielo, e così anche i quartieri, le colline, il mare e il Vesuvio diventeranno un unico palcoscenico luminoso.

Il Capodanno è un evento che appartiene alla storia urbana, alla cultura popolare e all’immaginario visivo della città. Da questo rito nasce Napoli Explosion, la nuova grande mostra di Mario Amura, in programma al Real Albergo dei Poveri fino all’8 marzo 2026.

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La mostra è il risultato di quindici anni di documentazione del Capodanno napoletano: ogni 31 dicembre, dal Monte Faito, Mario Amura (nella foto sotto) osserva e registra l’immenso spettacolo luminoso che avvolge la città. Un’azione collettiva, anonima e simultanea che, fissata attraverso la fotografia, diventa forma, ritmo, materia visiva. Attraverso un uso magistrale del tempo di esposizione e del movimento della camera, le immagini superano il reportage per assumere una dimensione astratta e pittorica, dove la luce diventa linguaggio.

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Napoli Explosion - mostra a cura di Sylvain Bellenger, storico dell’arte ed ex Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, prodotta dalla Casa delle Tecnologie Emergenti Infiniti Mondi del Comune di Napoli, in collaborazione con il creative tech studio Napex di Mario Amura e con il patrocinio di Napoli 2500 - propone un’indagine che intreccia fotografia, pittura, scienza e poesia, restituendo la complessità percettiva e culturale dei fenomeni luminosi che caratterizzano Napoli.

«Le immagini di Amura – sottolinea il curatore Sylvain Bellenger – superano la descrizione per diventare forme autonome. Ne emerge una riflessione sul rapporto tra luce, tempo e percezione, che rimette al centro la fotografia come linguaggio conoscitivo».

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La mostra si inserisce nella tradizione visiva di Napoli, città storicamente legata allo sviluppo della fotografia e del cinema grazie a condizioni luministiche uniche. Nell’anno in cui Neapolis celebra i 2.500 anni, “Napoli Explosion” diventa anche una meditazione sul tempo: il tempo lungo della civiltà napoletana, quello geologico del Vesuvio e l’istante infinitesimale dello scatto fotografico.

«Ho immaginato un’esposizione capace di provocare la nostra idea di tempo – racconta Mario Amura – immergendo le opere in un rosso incandescente, lo stesso della camera magmatica del vulcano e della camera oscura del fotografo».

Il percorso espositivo presenta trenta opere inedite, una sala cinema, un catalogo scientifico è un programma pubblico dedicato ai rapporti tra arte, percezione e cultura visiva contemporanea. Completa la mostra l’area immersiva NYA – Now Your Art, che permette al visitatore di assistere alla festa dei fuochi dalla stessa prospettiva dell’artista e di creare la propria opera, immediatamente condivisibile.

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«Napoli Explosion è un’opera autobiografica, un inno di Napoli a se stessa», afferma Salvatore Settis, sottolineandone la dimensione corale. 

Erri De Luca scrive: «Qui Mario Amura ha impresso l’orma di un popolo, calcata dentro alcuni minuti di spensierata gloria».

“Napoli Explosion” trasforma il Capodanno a Napoli in una potente esperienza visiva e culturale: non solo una festa, ma una visione collettiva che interroga il nostro modo di vedere, di percepire il tempo e di abitare la città.

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Informazioni sulla Mostra “Napoli Explosion RAP”

Dal 15 dicembre 2025 all’8 marzo 2026, tutti i giorni (mercoledì giorno di chiusura), dalle ore 9.00 alle ore 18.00 nel Real Albergo dei Poveri di Napoli, in piazza Carlo III, 1, a ingresso libero. Info sul sito

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5 trucchi per non ammalarsi mai (provare per credere!)

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Come rafforzare il sistema immunitario nel quotidiano: le abitudini che aiutano davvero il corpo a difendersi meglio durante tutto l’anno

Con l’arrivo dei mesi più freddi e il moltiplicarsi di raffreddori, influenze e malanni stagionali, una domanda torna a girarci costantemente per la testa: come rafforzare il sistema immunitario per non ammalarsi?  

La risposta onesta è che il sistema immunitario non funziona come un interruttore da accendere quando serve. Pensare di rinforzarlo solo quando arriva l’inverno o quando siamo già stanchi è un errore comune.

Questo perché il sistema immunitario è piuttosto una rete complessa che reagisce a ciò che facciamo ogni giorno: come dormiamo, cosa mangiamo, quanto stress accumuliamo, quanto ci muoviamo.  Le difese funzionano meglio quando il corpo si sente continuamente al sicuro, regolare, sostenuto.

Per questo parlare di prevenzione significa parlare di costanza, non di soluzioni drastiche o last minute.

Ecco allora 5 azioni pratiche da fare quotidianamente per rafforzare il sistema immunitario e migliorare la propria salute in generale. 

**Cosa mangiare quando si ha il raffreddore per stare meglio e guarire prima**

Ecco come rafforzare il sistema immunitario

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1. Dormire bene è una forma di prevenzione sottovalutata

Il sonno è uno degli alleati più potenti del sistema immunitario, eppure è spesso il primo sacrificato. Dormire poco o male non rende solo più irritabili: mette il corpo in una condizione di allerta continua, riducendo la capacità di reagire a virus e infezioni.

Non conta solo quante ore dormiamo, ma anche la regolarità. Andare a letto sempre a orari diversi, guardare il telefono fino a tardi e addormentarsi con la testa ancora piena di stimoli impedisce al corpo di entrare davvero in modalità recupero.

Migliorare la qualità del sonno, anche con piccoli aggiustamenti serali, è uno dei modi più efficaci per rafforzare le difese senza fare nulla di straordinario.

2. Alimentazione quotidiana: più equilibrio, meno perfezionismo

Quando ci si chiede come rafforzare il sistema immunitario, bisogna considerare l'importanza dell’alimentazione quotidiana. Ma attenzione: più che inseguire superfood miracolosi o diete rigidissime, conta la regolarità.

Mangiare in modo vario cercando di eliminare cibi ultra-processati, e rispettare i pasti per non arrivare sempre affamati a fine giornata aiuta il corpo a mantenere stabile l’energia e a ridurre l’infiammazione di fondo.

Un ruolo chiave lo gioca l’intestino, che è strettamente collegato alle difese immunitarie. Saltare pasti, mangiare sempre di corsa o affidarsi a alimenti non salutari può indebolire questo equilibrio. 

**Come non ammalarsi questo inverno? 8 cibi per rafforzare le difese immunitarie**

3. L'importanza del movimento costante 

Rafforzare il sistema immunitario non significa allenarsi duramente ogni giorno: il movimento aiuta quando è sostenibile, non quando diventa un’ulteriore fonte di stress.

Camminare, muoversi con regolarità, spezzare la sedentarietà quotidiana con esercizi di stretching aiuta il corpo a scaricare tensioni e a mantenere attivo il sistema di difesa.

Vivere sempre “di corsa”, senza pause, tiene il corpo in una modalità di allerta costante che, nel tempo, abbassa le difese. Ridurre lo stress non significa eliminarlo, ma imparare a creare piccoli spazi di recupero nella giornata.

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4. Gli integratori come supporto, non scorciatoia

Gli integratori possono essere utili in alcuni momenti specifici, ma non sostituiscono uno stile di vita equilibrato. Prenderli pensando di compensare sonno scarso, alimentazione disordinata o stress eccessivo raramente funziona.

Il loro ruolo è quello di supportare, non di risolvere.

È allora importante considerarli come un aiuto mirato, soprattutto in periodi di maggiore stanchezza o cambi di stagione, ma senza perdere di vista la base: le abitudini quotidiane.

5. Come rafforzare il sistema immunitario con piccoli gesti quotidiani

Rafforzare il sistema immunitario non significa inseguire l’invincibilità, ma prendersi cura del corpo con continuità.

Dormire un po’ meglio, mangiare con più regolarità, muoversi anche quando non ne abbiamo voglia e concederci pause reali sono scelte che, sommate nel tempo, fanno la differenza.

Non esiste un trucco per non ammalarsi mai, ma esiste un modo più gentile e intelligente di sostenere il corpo, riducendo la frequenza dei malanni e recuperando più in fretta quando arrivano. Ed è proprio da qui che inizia il vero benessere.