Quanto ne sapete di Oscar? Vi mettiamo alla prova

Perché la statuetta si chiama Oscar ed è davvero d'oro? E poi, quali sono i film che, a oggi, hanno fatto il record di premi e gli attori e le attrici che hanno vinto più Academy Awards? Per farvi arrivare pronti agli Oscar 2023 abbiamo raccolto una serie di curiosità e aneddoti da snocciolare all'occorrenza.
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Per esempio: alla sua prima edizione, il 16 maggio del 1929, il premio si chiamava Academy Award of Merit e l’evento andava in scena all’Hotel Roosevelt di Hollywood.
I biglietti per partecipare alla serata costavano 5 dollari e ai tempi si assegnavano solo 15 Oscar.
Da allora in 94 edizioni - che diventeranno 95 con quella del 12 marzo 2023 - molte cose sono successe.
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Perché si chiamano Oscar?
Il nome ufficiale della statuetta d’oro è “Academy Award of Merit”, ma è dalla metà degli anni Trenta tutti la chiamano “Oscar”. Perché?
Non c’è una spiegazione e ufficiale del perché sia stata rinominata così. Qualcuno dice che abbia ripreso il secondo nome del primo marito di Betty Davis, prima donna ad essere eletta presidente dell'Academy, nonché la prima attrice della storia a raggiungere il record di dieci candidature al premio Oscar (che vinse due volte come miglior attrice (nel 1936 con Paura d’amare e nel 1939 con il film Figlia del Vento).
La seconda spiegazione, più pop, dice che nel 1931 la segretaria esecutiva dell’evento, Margaret Herrick, alla vista della statuetta dorata esclamò: “Assomiglia proprio a mio zio Oscar!”.
Quanto vale una statuetta degli Oscar
La statuetta dell'Academy Award of Merit rappresenta un cavaliere in piedi su una bobina di pellicola cinematografica a cinque raggi (come le categorie di lavoratori coinvolte nella prima edizione degli Oscar: attori, registi, produttori, tecnici e sceneggiatori).
Tra le mani ha la spada di un crociato.
La statuetta è alta 34 centimetri e pesa quattro chili. Solo dal 2016 è placcata d’oro 24 carati. Il suo valore, oggi, è di circa 300 dollari.
Ma ci fu un tempo in cui il suo valore era solo simbolico: durante la Seconda guerra mondiale, nelle edizioni dal 1942 al 1944, fu infatti realizzata in gesso affinché nessuno la rubasse o la vendesse.
Miglior attrice non protagonista a soli 10 anni
A soli dieci anni, the Oscar goest to: Tatum O'Neal, la più giovane attrice ad aver vinto un Oscar per il ruolo da non protagonista nel film Paper Moon – Luna di carta.
Il peggior controsenso
La prima star afroamericana a ricevere l’Oscar fu Hattie McDaniel, nel 1939, per la sua interpretazione in Via col vento. Alla cerimonia di premiazione però dovette sedersi in una zona separata del teatro a causa delle leggi sulla segregazione razziale.
Il record di statuette
Per ora i tre film che hanno ottenuto più premi Oscar in assoluto sono stati, in ordine di premiazione: Ben-Hur(nel 1960), Titanic (nel 1998) e Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re (nel 2004), ciascuno con ben 11 statuette.
Nell’edizione 2023 il film Everything Everywhere All at Once di Daniel Kwan e Daniel Scheinert ha ottenuto 11 nomination. Chissà se riuscirà a uguagliare il record e ad entrare nella rosa dei film più premiati della storia degli Oscar.
Il record personale
Walt Disney ha vinto in totale 26 statuette, di cui 4 alla carriera. Il papà di Topolino ha anche collezionato il numero più alto di candidature della storia del Premio, ben 59!
Donne registe da Oscar
Da sempre apprezzate e pluripremiate alla Notte degli Oscar sono le grandi e le nuove attrici del cinema. Nella storia dei premi dell’Academy lo sono un po’ meno le donne registe, come pure le sceneggiatrici e le produttrici.
Tant’è, le donne candidate nella categoria di Miglior regista si contano sulle dita di due mani. Ma per quelle effettivamente premiate ne basta una.
Nel corso delle edizioni sono state nominate per la categoria Lina Wertmüller (Pasqualino Settebellezze, 1977), Jane Campion (Lezioni di piano, 1994), Sofia Coppola (Lost in translation, 2004), Kathryn Bigelow (The Hurt Locker, 2010), Greta Gerwig (Lady Bird, 2018), Chloé Zhao (Nomadlan, 2021), Emerald Fennel (Una donna promettente, 2021) e Jane Campion (Il potere del cane, 2022).
Di loro, hanno vinto solo Kathryn Bigelow, Chloé Zhao, undici anni dopo, e Jane Campion l’anno successivo.
Dopo due anni d’oro - il ’21 e il ‘22 - per le donne registe l’edizione 2023 nessuna nomination tra le candidate per la categoria.
Ancora a proposito di donne
L’unica attrice ad aver vinto quattro premi Oscar come miglior attrice nel 1934, 1968, 1969 e 1982 è Katharine Hepburn. Che però non si è mai presentata a ritirare i premi. Solo nel ’74 ha preso parte alla serata per consegnare il premio Irvin G. Thalberg al produttore Lawrence Weingarten.
Italiani da Oscar
L'Italia, dopo gli Stati Uniti, è la nazione che ha collezionato più Oscar nel suo palmarès. Tra registi, attori e film italiani che si sono aggiudicati l’Academy Award l’elenco è lungo (ne citiamo solo alcuni).
A fare incetta di Oscar, Vittorio De Sica con ben quattro statuette, per Sicuscià, Ladri di Biciclette, Ieri, oggi, domani e la pellicola Il giardino dei Finzi-Contini. A eguagliarlo, l’altro mostro sacro della regia, Federico Fellini, che si è aggiudicato quattro Oscar per i film La strada, Le notti di Cabiria, 8 ½, premiato anche per i costumi, e Amarcord, più una statuetta alla carriera.
A seguire, Bernardo Bertolucci ha incassato un Oscar come miglior film in assoluto con L'ultimo imperatore, kolossal premiato con nove statuette (di cui due assegnati proprio a Bertolucci per la regia e sceneggiatura originale). E poi, Salvatores, Tornatore e Sorrentino hanno ricevuto un Academy Award a testa; Petri ha vinto per la sceneggiatura di Divorzio all'italiana e Benigni con il suo La vita è bella ha trionfato per la miglior colonna sonora e il miglior attore.
Tra le donne, la prima regista a ricevere una nomination per la miglior regia fu Lina Wertmuller, per Pasqualino Settebellezze. Vinse poi l’Oscar alla carriera nel 2020.
La prima italiana a portare a casa l’Oscar fu Anna Magnani per La rosa tatuata, nel 1955 (nella foto sotto).
Seguì nel 1962 Sophia Loren, con La ciociara, primo Oscar assegnato a un'attrice in un film non in lingua inglese. Sempre la Loren si guadagnò un altro Oscar alla carriera nel 1991. Un altro premio alla carriera, tanto atteso quanto meritato, quello a Ennio Morricone nel 2007 (che aveva vinto un altro Oscar per le musiche di The Hateful Eight, film del 2015, scritto e diretto da Quentin Tarantino).
2021, l’annus horribilis
L’edizione peggiore di sempre in termini di ascolti è stata quella del 2021. Meno di 10 milioni di americani hanno visto la diretta in tv, ma il crollo dell’audience era previsto visto che per buona parte del 2020 e del 2021 i cinema di tutto il mondo sono rimasti chiusi a causa dell’emergenza Covid.
L’edizione più critica (e criticata) della storia degli Oscar
A riaccendere i riflettori sulla serata, creando un vero e proprio cortocircuito in sala, è stato lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock nel corso della 94esima edizione (2022).
Smith ha colpito il presentatore e poi ha urlato improperi contro di lui. La scena è stata censurata dalla ABC, ma ha avuto un’eco enorme sui social. L’ex Principe di Belair si è poi scusato e qualche giorno dopo si è dimesso dall’Academy. Una settimana più tardi proprio l’Academy lo ha bandito dagli Oscar per 10 anni.
Per non rischiare, altri incidenti incresciosi, per la prima volta l’Academy ha istituito in vista della 95esima edizione degli Oscar una unità di crisi pronta a intervenire se necessario.
Incidente sul percorso
L’unica attrice ad essere caduta salendo sul palco del Teatro di Los Angeles è stata Jennifer Lawrence nel 2013. Sarà stata l'emozione o il vestito lungo, l'attrice è inciampata un secondo prima di ritirare il premio Oscar come miglior attrice protagonista per il film "Il lato positivo".
La frase storica degli Oscar
“Se vivi abbastanza a lungo e sei in grado di parlare, un Oscar puoi sempre vincerlo”, disse John Wayne uno che di Hollywood e del cinema ha fatto la storia.
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Pandoro o panettone? La psicologia spiega cosa c'è dietro la scelta

C’è una scelta che, durante le feste, ritorna con puntualità quasi rituale sulle nostre tavole: pandoro o panettone?
Apparentemente banale, questa preferenza divide gusti e abitudini familiari da generazioni, ma può essere letta anche come un piccolo segnale del nostro modo di vivere il Natale.
Al di là delle mode e delle infinite varianti artigianali, il dolce delle feste resta un simbolo potente; legato all’idea di comfort, tradizione e piacere condiviso.
Senza voler trasformare una scelta gastronomica in un test di personalità, è interessante osservare come la psicologia attribuisca al cibo un valore emotivo e identitario.
Preferire il pandoro o il panettone non svela i nostri segreti più nascosti, ma può raccontare qualcosa del nostro rapporto con la semplicità, la complessità e il bisogno di rassicurazione o di varietà, proprio nel periodo dell’anno in cui queste dinamiche emergono con più forza.
**Le 5 personalità che si trovano durante le vacanze di Natale: quale siete?**
Pandoro o panettone? La psicologia spiega cosa c'è dietro la vostra scelta
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Se siete team pandoro
Chi è team pandoro spesso cerca nel Natale (e nel cibo) una forma di rassicurazione.
Il pandoro è lineare e senza sorprese: stesso sapore, stessa consistenza, stesso rituale ogni anno. Psicologicamente, questa scelta può riflettere una personalità che ama le cose chiare, riconoscibili, che funzionano senza troppe complicazioni.
Il pandoro piace a chi tende a preferire il comfort emotivo alla sperimentazione, a chi trova benessere nella ripetizione e nelle tradizioni così come sono. Non è una chiusura al nuovo, ma un bisogno di stabilità: in un periodo già carico di stimoli, impegni e aspettative, scegliere qualcosa di semplice diventa un modo per alleggerire.
È la scelta di chi nel Natale cerca una pausa dal rumore, più che un’esperienza da esplorare. Un dolce che non chiede di essere interpretato, ma solo gustato.
Se siete team panettone
Chi invece è team panettone tende ad avere un rapporto più fluido con la varietà e l’imprevisto.
Il panettone è stratificato, imperfetto, pieno di elementi diversi che convivono insieme: dolcezza, acidità, consistenze differenti. Non è mai identico a sé stesso, e forse è proprio questo il suo fascino.
Dal punto di vista psicologico, chi lo preferisce è spesso più aperto al cambiamento, meno infastidito dalle sfumature della vita e più attratto dalle esperienze complesse. Scegliere il panettone significa anche accettare ciò che non piace a tutti (uvetta e canditi) ma che fa parte del “pacchetto”. Un atteggiamento che racconta tolleranza, adattabilità e curiosità.
Il panettone è il dolce di chi vive le feste come un momento di convivialità vera, fatta di differenze che si incontrano. Di chi ama mescolare, provare, cambiare versione ogni anno. È la scelta di chi non cerca solo conforto, ma anche stimoli, storie, contaminazioni.
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Questi comportamenti quotidiani (apparentemente normali) peggiorano l'ansia senza che ce ne accorgiamo

Ci sono giornate in cui non sappiamo spiegare bene perché ci sentiamo irritabili, sotto pressione, come se il corpo corresse più veloce della testa. Spesso diamo la colpa al lavoro, ai ritmi frenetici della vita, ai colleghi anticipatici, al meteo o semplicemente al periodo dell’anno.
Può essere però che a contribuire a questa sensazione ci siano abitudini minuscole, talmente automatiche da non farci più caso.
Secondo diversi terapeuti, molte delle nostre routine quotidiane (dal modo in cui iniziamo la nostra gioranta al modo in cui usiamo lo smartphone) attivano il sistema nervoso senza che ce ne rendiamo conto. E così un po’ alla volta, giorno dopo giorno, contribuiscono a rafforzare quell'ansia, quella tensione di fondo costante che sembra arrivare “dal nulla” ma che in realtà ha radici molto concrete.
Niente allarmismi: la buona notizia è che, una volta identificate, queste micro-abitudini si possono correggere con piccoli cambiamenti sostenibili. E gli effetti sul benessere mentale possono essere sorprendenti.
**5 frasi da non dire mai a una persona ansiosa (e cosa dire invece)**
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Il telefono al risveglio, il multitasking continuo e quelle “micro-scosse” che attivano il sistema nervoso
Molti comportamenti che ci sembrano innocui sono, in realtà, tra i principali responsabili dell’ansia quotidiana.
Il primo della lista? Guardare il telefono appena svegli. Quello che sembra un gesto normale, controllare notifiche, messaggi, social, non dà al cervello il tempo di passare gradualmente dal sonno alla veglia. Al contrario, lo espone immediatamente a un flusso di informazioni, stimoli e richieste che attivano la risposta allo stress già dal primo minuto della giornata.
A questo si aggiunge il nostro stile di vita iper-veloce: multitasking costante, pause saltate, pasti mangiati in fretta o direttamente rimandati, riunioni che si accavallano, email che arrivano a raffica. Corpo e mente non hanno mai un vero momento per rallentare e ricalibrarsi. È la condizione perfetta per alimentare ansia, stress e irritabilità.
Anche i micro-stress ripetuti, come le notifiche del telefono o l’email che lampeggia sullo schermo del pc, hanno un impatto maggiore di quanto pensiamo. Funzionano come piccole scosse al cervello; brevi, ma continue. Il risultato? Il sistema nervoso resta in iper-attivazione, come se fosse sempre pronto a reagire a una minaccia, anche quando in realtà non c’è.
Non è un caso che molte persone raccontino di “non riuscire più a rilassarsi davvero”: il corpo rimane in modalità fight or flight anche mentre siamo seduti sul divano. Una condizione sottile, invisibile, ma che alimenta anisao a lungo termine.
Poco sonno, troppi schermi e una routine che non rispetta i ritmi naturali
Un altro fattore chiave è il sonno. Quando dormiamo troppo poco (o male) le aree del cervello che regolano le emozioni diventano più reattive. E così, ciò che in un giorno normale sarebbe un piccolo fastidio (una mail urgente, un imprevisto, una discussione) diventa un detonatore emotivo. Siamo più suscettibili, più stanchi, più vulnerabili allo stress.
Il problema è amplificato dal tempo passato davanti agli schermi, soprattutto nelle ore serali. La luce intensa del computer o della televisione comunica al cervello che “non è ancora ora di dormire”, interferendo con la produzione di melatonina e con la capacità di disattivare gradualmente il sistema nervoso. E quando andiamo a letto con lo smartphone in mano, portiamo con noi anche tutte le sue notifiche, informazioni e stimoli non elaborati. Il risultato? Un sonno meno profondo, più risvegli notturni e maggiore anisao al mattino.
Infine, c’è un elemento spesso sottovalutato: il sovraccarico decisionale. Tra lavoro, messaggi, social, email, appuntamenti, scadenze e notifiche, ogni giorno prendiamo centinaia di micro-decisioni. Questo crea un affaticamento mentale che il nostro sistema non è progettato per sostenere a lungo senza pause. E quando il cervello si sente “sovraccarico”, l'ansia trova terreno fertile.
Cosa possiamo fare per controllare e ridurre l'ansia
La buona notizia è che per ridurre l'ansia non servono cambiamenti drastici: spesso bastano piccoli aggiustamenti inseriti nella routine quotidiana.
Gli psicologi suggeriscono, ad esempio, di evitare di iniziare la giornata con il telefono in mano. Concedersi anche solo dieci o quindici minuti di “risveglio lento”, senza notifiche né stimoli digitali, aiuta il sistema nervoso a non attivarsi subito in modalità allerta.
Allo stesso modo, introdurre brevi pause durante la giornata (anche solo una manciata di secondi per fare stretching, chiudere gli occhi e fare un paio di respiri profondi) permette al corpo di ritrovare un ritmo più regolare e meno reattivo.
Un altro accorgimento utile riguarda le notifiche: limitarle significa ridurre quel flusso costante di micro-sollecitazioni che mantiene la mente in tensione.
Anche la gestione degli schermi serali può fare una grande differenza: tenere il telefono lontano dal viso o ridurre il tempo trascorso online prima di dormire aiuta il cervello a produrre melatonina e a prepararsi al riposo.
Infine, muoversi un po’ ogni giorno, anche per pochi minuti, contribuisce a sciogliere la tensione accumulata e a rimettere in circolo energie più equilibrate. È un modo semplice per ricordare al corpo che non deve restare sempre in modalità emergenza: può rallentare, respirare, ritrovare il proprio centro.
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Ecco il segreto per impacchettare i regali di Natale in 4 mosse

Impacchettare i regali di Natale per molti è un task più difficile e impegnativo che scegliere e comprare un pensiero per tutti.
Nonostante la sua apparente semplicità, l’idea di carta stropicciata, scotch visibile e fiocchi sbilenchi può mettere in crisi tutti, ma soprattutto gli amanti della precisione con poca dimestichezza coi lavoretti manuali.
La buona notizia però è impacchettare i regali di Natale in modo ordinato ed elegante non richiede talento artistico né materiali costosi, ma solo un po’ di metodo e qualche accorgimento pratico.
Con pochi passaggi mirati e un approccio più attento ai dettagli, anche il pacchetto più semplice può trasformarsi in una confezione curata e armoniosa, capace di valorizzare il regalo e di fare la una bellissima figura sotto l’albero, senza l’effetto improvvisato dell’ultimo minuto.
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Come impacchettare i regali di Natale: i consigli da seguire passo dopo passo
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1. Scegliere carta e materiali (pochi, ma giusti)
Il primo errore quando si cerca di capire come impacchettare i regali è pensare che servano mille decorazioni. In realtà, meno materiali si usano, più il pacchetto risulta elegante.
La scelta della carta è fondamentale: meglio una carta leggermente più spessa, facile da piegare e meno soggetta a strapparsi. Le carte troppo sottili o lucide, invece, tendono a segnarsi subito e a rendere le pieghe imprecise.
Per andare sul sicuro, puntate su colori neutri o naturali (come carta kraft, bianco, verde bosco, rosso scuro) e abbinate un solo elemento decorativo: uno spago, un nastro in tessuto, un filo dorato. Anche materiali semplici come carta da pacchi e spago da cucina possono diventare molto chic se usati con coerenza.
2. Tagliare e piegare con precisione (il passaggio che fa la differenza)
Uno dei segreti di come impacchettare i regali bene è la precisione. Prima di tutto, misurate la carta appoggiando il regalo al centro e assicurandovi che i lati coprano completamente l’oggetto senza eccessi. Troppa carta rende difficile gestire le pieghe, mentre troppo poca vi costringerà a rattoppare all’ultimo minuto.
Quando piegate, fatelo con calma: passate il dito lungo i bordi per segnare le pieghe e ottenere linee nette. Anche i lati corti vanno chiusi con ordine, piegando prima verso l’interno e poi verso il centro.
Questo passaggio, spesso sottovalutato, è quello che trasforma un pacchetto “fatto in fretta” in uno visivamente pulito.
3. Chiudere bene (e nascondere lo scotch)
Un altro punto chiave di per impacchettare i regali di Natale alla perfezione è la chiusura. Lo scotch serve, ma non deve mai essere protagonista. Usatelo solo dove serve davvero e cercate di nasconderlo all’interno del pacchetto o sotto le pieghe. Se la carta è stata tagliata correttamente, basteranno pochissimi pezzetti.
Il resto del lavoro può farlo il nastro o lo spago: un giro semplice, un nodo ben stretto e magari un doppio passaggio intorno al pacchetto sono più che sufficienti.
Evitate fiocchi troppo grandi o complessi se non siete pratiche: un nodo pulito risulta sempre più elegante di un fiocco sproporzionato.
4. Il dettaglio finale che personalizza davvero il regalo
L’ultimo passaggio è quello che rende il pacchetto unico. Non serve esagerare: un solo dettaglio basta. Un bigliettino scritto a mano, un rametto di pino, una fettina d’arancia essiccata, un’etichetta in carta riciclata.
Il consiglio è di scegliere un dettaglio coerente con il resto del pacchetto e ripeterlo su tutti i regali: questo crea un effetto armonioso sotto l’albero e dà subito l’idea di cura e attenzione.
Alla fine, imparare come impacchettare i regali di Natale non significa puntare alla perfezione, ma dedicare qualche minuto in più a un gesto che parla di tempo e presenza. Ed è proprio questo, spesso, il regalo più bello da ricevere.
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Nuovo SUV C5 Aircross: più spazio, più comfort, più tecnologia

Chi è al volante, guida rilassato. I passeggeri a bordo, intanto, si godono il viaggio in classe extra-comfort. Un’alchimia perfetta, frutto delle qualità distintive del Nuovo SUV C5 Aircross: più spazio, comfort, tecnologia, sostenibilità e accessibilità, il tutto made in Europe, a Rennes, in Francia, nello storico stabilimento del marchio.
Se nel sovraffollato mercato dei SUV farsi notare non è facile, la nuova ammiraglia Citroën non passa di certo inosservata. Non è solo per il restyling estetico, è anche per quell’evoluzione di sostanza che ha portato la vettura verso un’idea di funzionalità e di utilizzo superiore. In un mercato dove spesso ci si concentra solo sulle prestazioni o sul design delle linee, infatti, Citroën punta sull'ergonomia.
Il risultato? Un SUV diverso da tutti gli altri, progettato per chi vive l’auto come un’estensione della propria casa, per chi affronta il traffico quotidiano o lunghi trasferimenti stradali e cerca un ambiente che "ammortizzi" non solo le buche, ma anche lo stress della giornata. Il modello è ideale per le famiglie, ma anche per il mercato B2B/fleet.
Design più maturo e scolpito
Rispetto alle linee arrotondate del passato, il Nuovo SUV Citroën C5 Aircross adotta un volto più deciso e aerodinamico. Il frontale è stato completamente ridisegnato, sono nuovi i fari a LED e altri dettagli eleganti che ne esaltano il carattere e fanno la differenza.
Un "tappeto volante"
Uno dei punti di forza della vettura è il sistema di sospensioni con smorzatori idraulici progressivi (Progressive Hydraulic Cushions®). In parole semplici? Significa che l’auto assorbe le buche e le irregolarità del terreno in modo fluido, regalando quella sensazione di "tappeto volante" tipica della tradizione Citroën.
Come nel salotto di casa
Se il design esterno cattura l’occhio, è l’abitacolo del Nuovo SUV C5 Aircross a convincere definitivamente chi cerca un’esperienza di guida decompressiva.
Citroën ha lavorato per trasformare l’interno in un vero e proprio "salotto". Il concetto di Sofa Design si traduce in sedute ampie e accoglienti, un’illuminazione ambientale estesa, la presenza di elementi d'arredo e l’uso di tessuti che riprendono i codici dell'interior design.
A seconda degli allestimenti, l’uso dell’Alcantara o della pelle con impunture a contrasto non serve solo all'estetica, ma trasmette una sensazione tattile di calore.
Sotto il rivestimento superficiale, i sedili nascondono uno strato di 15 mm di schiuma strutturata che evita l'effetto di "affossamento" tipico delle sedute troppo morbide, garantendo sostegno posturale anche dopo ore di viaggio.
Accanto alla comodità, il sistema di Ambient Lighting - illuminazione d’ambiente - definisce l’atmosfera desiderata a bordo: i punti luce discreti posizionati nei vani portaoggetti, nel tunnel centrale e lungo la plancia creano una luce soffusa che riduce l’affaticamento visivo durante la guida notturna.
Questa "bolla luminosa" esalta i volumi dell'abitacolo e aumenta la percezione di spazio e protezione, rendendo l'ambiente accogliente come una stanza ben illuminata.
Tutto a portata di mano
L’ottimizzazione dell’ergonomia sul Nuovo SUV C5 Aircross passa per una riprogettazione della console centrale, ora più pulita e razionale.
La seduta è alta per dominare la strada, ma qui è stata affinata per garantire che ogni comando sia dove il conducente si aspetta di trovarlo. Il nuovo posizionamento dello schermo da 10" è studiato per essere perfettamente in linea con lo sguardo, riducendo i movimenti della testa e permettendo di mantenere la massima concentrazione sulla guida. L'obiettivo è semplice: fare in modo che il conducente abbia tutte le informazioni davanti a sé e a portata di mano, in modo da poter guidare in tranquillità e ridurre lo stress, con l'ausilio di schermi digitali che offrono chiarezza e grafica accattivante.
Gamma completamente elettrificata
Per la prima volta anche 100% elettrico, Nuovo SUV C5 Aircross è disponibile in due versioni, la più equilibrata e accessibile Comfort Range, dotata di un motore da 210 CV / 157 kW abbinato a una batteria da 73 kWh, per un'autonomia di 520 km, e la Long Range, con motore da 230 CV/170 kW e una batteria da 97 kWh, presto ordinabile, che offrirà un’eccezionale autonomia di 680 km.
Non mancano Nuovo SUV C5 Aircross Hybrid 145 Automatic, la porta d'ingresso all'elettrificazione offerta a 28.900 euro, e Nuovo SUV C5 Aircross Plug-In Hybrid 195 Automat
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