9 cose che ho imparato da quando ho adottato un gatto
Un gatto può cambiarti la vita in soli 15 giorni? Ecco come ci è riuscito King, il mio cucciolo di due mesi e mezzo
Ho adottato un gatto 15 giorni fa.
Da bambino non ho mai avuto un animale domestico a parte le tartarughe e mio padre.
Poi, tra mille paure, l'ho desiderato, e oggi è qui che si sdraia sulla tastiera mentre cerco di scrivere.
Lui si chiama King, è un gatto europeo bianco e rosso, viene dalla campagna e fa parte della terza e ultima cucciolata di Susina, una gatta di campagna che oltre a un nome di battesimo evitabile, di notte ama il calore di una casa e di giorno il divertimento sfrenato dei vigneti.
Dall'amore di un pomeriggio di passione in mezzo a grappoli e raspi, è nato il gatto che mi ha cambiato la vita.
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È un libero professionista
Due cose accomunano me e lui: l'eccesso di peli e la primordiale necessità di essere autonomi.
Se c'è una cosa che ai gatti riesce benissimo, è infatti l'arte di arrangiarsi.
Mangia, beve e va alla toilette dal primo giorno senza che io gli abbia insegnato niente.
Certo, con il distributore di crocchette e la fontanella a getto continuo gli ho illuminato la strada. Ma si è adattato alla mia vita come un calzino seguendo solo l'istinto.
«Bene, adesso cosa faccio?» si sarà chiesto appena uscito dallo zainetto pensato per lui. E tra una crocchetta e l'altra ha trovato senza ansia il suo percorso, le sue abitudini, ciò che lo rende felice.
Mi ha insegnato che urlare e disperarsi serve solo ad attirare l'attenzione.
Fiutare, guardarsi intorno e soprattutto ascoltare, è già parte della soluzione.
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Vuole stare vicino vicino
«Paperissima» e Michelle Hunziker avevano ragione: i gatti, erroneamente considerati animali solitari che disprezzano la compagnia, in realtà sono i mammiferi più simili alle cozze.
Vai in cucina e viene in cucina, vai a letto e viene sul letto, vuoi mandare un messaggio su Whatsapp e vuole mandare anche lui un messaggio su Whatsapp, vai in bagno e si ficca nelle mutande.
All'inizio pensavo fosse solo la ricerca di contatto, poi ho capito che i gatti vogliono fare «team».
Amano vivere il quotidiano con te.
King senza volerlo mi ricorda che è sempre il momento di mollare sulla scrivania il cellulare e non aspettare più notifiche, in una vita che mi vuole «visualizzato e non risposto».
È un dolce «disturbatore» che ci riporta al periodo romantico nel quale due persone nella stessa stanza non si ignoravano.
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La casa, grazie a lui, ora è gigante
Vivo in 55 metri quadri, ma da quando ho lui in casa, sento di averne 200.
Da quando è qui il mio Harry Potter dall'aria più simpatica, ho scoperto posti che pensavo non ci fossero e trovato cose dimenticate nel tempo.
Nell'ordine ha fatto spuntare: la garanzia del MacBook Pro, 12 euro in monete, un pupazzo vinto alle giostre (adesso è il suo preferito con cui giocare), una chiave di casa dispersa da mesi e un divertentissimo passaggio sotto il letto dove latitavano calzini spaiati.
Ho messo tre tiragraffi in casa, ma il suo Everest da scalare preferito è comunque il mio divano (RIP).
Ho comprato un nascondiglio bellissimo, ma il porta scarpe è la sua meta preferita per non farsi trovare.
La mia casa, per magia, non è solo più grande, ma anche più ordinata, graffiata ma bella.
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La tenacia paga sempre
Nei primi quattro giorni, ho ripetuto la parola «No!» migliaia di volte.
Forse erano solo poche decine, ma nel mio cervello ne ho sentiti milioni.
Capite anche voi che un gatto di due mesi abituato a fare Spiderman sugli alberi, arriva in un posto civile e pensa di essere Tarzan.
Così, con una pazienza tantrica gli ho insegnato le mille cose che può fare e quelle cinque o sei che non possono essere fatte per la sua incolumità fisica e per la mia mentale.
Come suggerisce la guida «I primi passi del tuo gattino» ma anche un semplice dizionario, il gatto non è un cane, quindi non agirà seguendo sempre i tuoi comandi, ma si muoverà in base all'istinto, il fiuto e i ricordi.
Mi ha fatto capire che nella vita bisogna fare sempre dei compromessi.
Mi ha fatto capire che insistere per ottenere traguardi ragionevoli, porta spesso i suoi frutti.
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Chi dorme non piglia pesci
C'è una fascia temporale che va dalle cinque del mattino fino alle sei nella quale King decide che è ora di svegliarsi.
Tutti, a ogni costo.
Mi raccontavano che il mattino, i gatti (specie quelli affamati) hanno l'usanza di venire a «rompere» dandoti zampate sulla faccia.
Ma dato che «Ogne scarrafone è bell' a mamma soja», il mio ha scelto una strategia ancora più divertente: mordermi i piedi.
Quando ho adottato questa palla di pelo sognavo dolci risvegli, leccatine da cartone giapponese, io che lo abbraccio come Sailor Moon fa con Luna.
No.
Mi morde alluci e caviglie finché non lo calcolo.
Avrà fame? No. Avrà voglia di giocare? Giusto un po'. Avrà solo voglia di svegliarmi? Oh, sì.
Da 15 giorni mi alzo sempre presto, anche quando non serve.
Alla fine, tra un «chi me l'ha fatto fare» e l'altro, faccio molte più cose.
«Ma sono ancora le 9 del mattino?» mi sono chiesto domenica scorsa, sveglio dalle sette.
Grazie a lui, morto di sonno, alla fine vivo di più.
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È più pulito di me
Arrivano le crocchette, le mangia, sale sul divano mentre guardo la quinta stagione «Orange is the new black» su Netflix, mi alita in faccia quel concentrato di manzo e pollo dall'odore nauseante e mentre finisco la mia pizza unta nel cartone, lui si mette in un angolo, fiero come un trofeo, a pulirsi il muso e i baffi.
Lo fa non solo con la lingua, ma anche con le zampe. Gli manca solo una salvietta al limone.
La profezia del gatto rognoso di Phoebe di «Friends» non si è avverata.
Certo, a parte quando raspa sulla lettiera e manda la sabbia addosso pure al vicino di casa, è un campione di igiene.
Mi ha insegnato che essere schizzinosi, anche un po' verso se stessi, è buona norma per sentirsi meglio.
Ti ricorda che non bisogna lasciarsi andare, anche quando non hai tempo ed è più difficile.
Casa mia, con un gatto piuttosto scatenato tra le mura, per assurdo è più pulita.
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Finirà per dominare il mondo
«No figlio mio, ti prego, non farlo!».
Sono queste le parole che mia madre con volto truce e stizzito ha pronunciato all'inizio di maggio, quando ormai la mia intenzione stava diventando una scelta.
Due mesi dopo è lei stessa che si offende se King non le lecca le mani facendo le fusa.
Mio padre, come da copione, non mi chiede più come sto, ma vuole avere solo sue notizie.
Visto che i miei sono molto permissivi, a loro non fa mancare nessuna carineria.
Se io sono un padre severo, i «nonni» lo trattano con i guanti.
Bruciando tutti i libri di pedagogia, lo viziano guidati solo dall'amore.
Questa furba creatura aliena sa già da chi deve andare per ottenere quello di cui non ha bisogno.
Se essere ruffiani è un'arte, i gatti sono grandi artisti. Mi ha insegnato che con le fusa si ottiene tutto. Purrr.
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Sono il suo gioco preferito
Quando si cresce, l'ufficio ci rende un po' freddi.
Pensiamo di vivere per il lavoro, ritagliandoci poco spazio per gli affetti tra mille rotture di scatole.
Mi è capitato di sentirmi inutile nei giorni «off» e nei weekend, precipitando in un burrone degli adulti fatto di responsabilità, lotta per la sopravvivenza e un futuro che non vedi manco con gli occhiali.
Giocare (ai videogiochi, principalmente) stava diventando solo un attaccamento verso la mia parte più infantile.
In uno schiocco di dita, con lui sono tornato dritto all'asilo con il Plasmon in mano, tra palline che saltano, lacci che sembrano code di topo e mobili che diventano trapezi circensi.
Se lo lasci giocare, lui continuerà a farlo da solo.
Ma si capisce subito dal suo entusiasmo che la pallina la vuole lanciata dal suo papà e che quei dolorosi baci a forma di morsetto li vuole dare a te e a nessun altro.
In sintesi: dedicare tempo a chi amiamo (non solo al mio King) è molto importante. Anzi, fondamentale.
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L'amore è una cosa semplice
Avere un gatto di per sé non è niente di così speciale.
Ma come tutte le cose in apparenza banali della vita, acquisiscono il significato che tu gli dai, in base a chi sei e a ciò di cui hai bisogno.
Se pochi giorni fa mi dicevano «Diventerai una gattara!» e io ruotavo gli occhi in gesto di dissenso, oggi King si addormenta sul mio fianco con la zampa ferma sulla mano e quel niente mi commuove.
Alla fine è come avere un bambino, con la differenza che quando un gatto morde e graffia, ti farà molto meno male.
L'ho chiamato King perché è il personaggio di uno dei miei cartoni giapponesi preferiti, ma anche perché il re è il pezzo più importante nel gioco degli scacchi.
Nelle nostre vite che sembrano molto complicate, sapere di avere per le mani una pedina che si muove senza troppe regole, da proteggere e difendere, mi fa stare bene.
Scusate questo finale inaspettato, ma il gatto alla fine non mi ha insegnato proprio niente.
Però mi ricorda continuamente che tra mille mostri si può scegliere di essere vivi, vivaci e che così devo rimanere.
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Pandoro o panettone? La psicologia spiega cosa c'è dietro la scelta

C’è una scelta che, durante le feste, ritorna con puntualità quasi rituale sulle nostre tavole: pandoro o panettone?
Apparentemente banale, questa preferenza divide gusti e abitudini familiari da generazioni, ma può essere letta anche come un piccolo segnale del nostro modo di vivere il Natale.
Al di là delle mode e delle infinite varianti artigianali, il dolce delle feste resta un simbolo potente; legato all’idea di comfort, tradizione e piacere condiviso.
Senza voler trasformare una scelta gastronomica in un test di personalità, è interessante osservare come la psicologia attribuisca al cibo un valore emotivo e identitario.
Preferire il pandoro o il panettone non svela i nostri segreti più nascosti, ma può raccontare qualcosa del nostro rapporto con la semplicità, la complessità e il bisogno di rassicurazione o di varietà, proprio nel periodo dell’anno in cui queste dinamiche emergono con più forza.
**Le 5 personalità che si trovano durante le vacanze di Natale: quale siete?**
Pandoro o panettone? La psicologia spiega cosa c'è dietro la vostra scelta
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Se siete team pandoro
Chi è team pandoro spesso cerca nel Natale (e nel cibo) una forma di rassicurazione.
Il pandoro è lineare e senza sorprese: stesso sapore, stessa consistenza, stesso rituale ogni anno. Psicologicamente, questa scelta può riflettere una personalità che ama le cose chiare, riconoscibili, che funzionano senza troppe complicazioni.
Il pandoro piace a chi tende a preferire il comfort emotivo alla sperimentazione, a chi trova benessere nella ripetizione e nelle tradizioni così come sono. Non è una chiusura al nuovo, ma un bisogno di stabilità: in un periodo già carico di stimoli, impegni e aspettative, scegliere qualcosa di semplice diventa un modo per alleggerire.
È la scelta di chi nel Natale cerca una pausa dal rumore, più che un’esperienza da esplorare. Un dolce che non chiede di essere interpretato, ma solo gustato.
Se siete team panettone
Chi invece è team panettone tende ad avere un rapporto più fluido con la varietà e l’imprevisto.
Il panettone è stratificato, imperfetto, pieno di elementi diversi che convivono insieme: dolcezza, acidità, consistenze differenti. Non è mai identico a sé stesso, e forse è proprio questo il suo fascino.
Dal punto di vista psicologico, chi lo preferisce è spesso più aperto al cambiamento, meno infastidito dalle sfumature della vita e più attratto dalle esperienze complesse. Scegliere il panettone significa anche accettare ciò che non piace a tutti (uvetta e canditi) ma che fa parte del “pacchetto”. Un atteggiamento che racconta tolleranza, adattabilità e curiosità.
Il panettone è il dolce di chi vive le feste come un momento di convivialità vera, fatta di differenze che si incontrano. Di chi ama mescolare, provare, cambiare versione ogni anno. È la scelta di chi non cerca solo conforto, ma anche stimoli, storie, contaminazioni.
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Questi comportamenti quotidiani (apparentemente normali) peggiorano l'ansia senza che ce ne accorgiamo

Ci sono giornate in cui non sappiamo spiegare bene perché ci sentiamo irritabili, sotto pressione, come se il corpo corresse più veloce della testa. Spesso diamo la colpa al lavoro, ai ritmi frenetici della vita, ai colleghi anticipatici, al meteo o semplicemente al periodo dell’anno.
Può essere però che a contribuire a questa sensazione ci siano abitudini minuscole, talmente automatiche da non farci più caso.
Secondo diversi terapeuti, molte delle nostre routine quotidiane (dal modo in cui iniziamo la nostra gioranta al modo in cui usiamo lo smartphone) attivano il sistema nervoso senza che ce ne rendiamo conto. E così un po’ alla volta, giorno dopo giorno, contribuiscono a rafforzare quell'ansia, quella tensione di fondo costante che sembra arrivare “dal nulla” ma che in realtà ha radici molto concrete.
Niente allarmismi: la buona notizia è che, una volta identificate, queste micro-abitudini si possono correggere con piccoli cambiamenti sostenibili. E gli effetti sul benessere mentale possono essere sorprendenti.
**5 frasi da non dire mai a una persona ansiosa (e cosa dire invece)**
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Il telefono al risveglio, il multitasking continuo e quelle “micro-scosse” che attivano il sistema nervoso
Molti comportamenti che ci sembrano innocui sono, in realtà, tra i principali responsabili dell’ansia quotidiana.
Il primo della lista? Guardare il telefono appena svegli. Quello che sembra un gesto normale, controllare notifiche, messaggi, social, non dà al cervello il tempo di passare gradualmente dal sonno alla veglia. Al contrario, lo espone immediatamente a un flusso di informazioni, stimoli e richieste che attivano la risposta allo stress già dal primo minuto della giornata.
A questo si aggiunge il nostro stile di vita iper-veloce: multitasking costante, pause saltate, pasti mangiati in fretta o direttamente rimandati, riunioni che si accavallano, email che arrivano a raffica. Corpo e mente non hanno mai un vero momento per rallentare e ricalibrarsi. È la condizione perfetta per alimentare ansia, stress e irritabilità.
Anche i micro-stress ripetuti, come le notifiche del telefono o l’email che lampeggia sullo schermo del pc, hanno un impatto maggiore di quanto pensiamo. Funzionano come piccole scosse al cervello; brevi, ma continue. Il risultato? Il sistema nervoso resta in iper-attivazione, come se fosse sempre pronto a reagire a una minaccia, anche quando in realtà non c’è.
Non è un caso che molte persone raccontino di “non riuscire più a rilassarsi davvero”: il corpo rimane in modalità fight or flight anche mentre siamo seduti sul divano. Una condizione sottile, invisibile, ma che alimenta anisao a lungo termine.
Poco sonno, troppi schermi e una routine che non rispetta i ritmi naturali
Un altro fattore chiave è il sonno. Quando dormiamo troppo poco (o male) le aree del cervello che regolano le emozioni diventano più reattive. E così, ciò che in un giorno normale sarebbe un piccolo fastidio (una mail urgente, un imprevisto, una discussione) diventa un detonatore emotivo. Siamo più suscettibili, più stanchi, più vulnerabili allo stress.
Il problema è amplificato dal tempo passato davanti agli schermi, soprattutto nelle ore serali. La luce intensa del computer o della televisione comunica al cervello che “non è ancora ora di dormire”, interferendo con la produzione di melatonina e con la capacità di disattivare gradualmente il sistema nervoso. E quando andiamo a letto con lo smartphone in mano, portiamo con noi anche tutte le sue notifiche, informazioni e stimoli non elaborati. Il risultato? Un sonno meno profondo, più risvegli notturni e maggiore anisao al mattino.
Infine, c’è un elemento spesso sottovalutato: il sovraccarico decisionale. Tra lavoro, messaggi, social, email, appuntamenti, scadenze e notifiche, ogni giorno prendiamo centinaia di micro-decisioni. Questo crea un affaticamento mentale che il nostro sistema non è progettato per sostenere a lungo senza pause. E quando il cervello si sente “sovraccarico”, l'ansia trova terreno fertile.
Cosa possiamo fare per controllare e ridurre l'ansia
La buona notizia è che per ridurre l'ansia non servono cambiamenti drastici: spesso bastano piccoli aggiustamenti inseriti nella routine quotidiana.
Gli psicologi suggeriscono, ad esempio, di evitare di iniziare la giornata con il telefono in mano. Concedersi anche solo dieci o quindici minuti di “risveglio lento”, senza notifiche né stimoli digitali, aiuta il sistema nervoso a non attivarsi subito in modalità allerta.
Allo stesso modo, introdurre brevi pause durante la giornata (anche solo una manciata di secondi per fare stretching, chiudere gli occhi e fare un paio di respiri profondi) permette al corpo di ritrovare un ritmo più regolare e meno reattivo.
Un altro accorgimento utile riguarda le notifiche: limitarle significa ridurre quel flusso costante di micro-sollecitazioni che mantiene la mente in tensione.
Anche la gestione degli schermi serali può fare una grande differenza: tenere il telefono lontano dal viso o ridurre il tempo trascorso online prima di dormire aiuta il cervello a produrre melatonina e a prepararsi al riposo.
Infine, muoversi un po’ ogni giorno, anche per pochi minuti, contribuisce a sciogliere la tensione accumulata e a rimettere in circolo energie più equilibrate. È un modo semplice per ricordare al corpo che non deve restare sempre in modalità emergenza: può rallentare, respirare, ritrovare il proprio centro.
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Ecco il segreto per impacchettare i regali di Natale in 4 mosse

Impacchettare i regali di Natale per molti è un task più difficile e impegnativo che scegliere e comprare un pensiero per tutti.
Nonostante la sua apparente semplicità, l’idea di carta stropicciata, scotch visibile e fiocchi sbilenchi può mettere in crisi tutti, ma soprattutto gli amanti della precisione con poca dimestichezza coi lavoretti manuali.
La buona notizia però è impacchettare i regali di Natale in modo ordinato ed elegante non richiede talento artistico né materiali costosi, ma solo un po’ di metodo e qualche accorgimento pratico.
Con pochi passaggi mirati e un approccio più attento ai dettagli, anche il pacchetto più semplice può trasformarsi in una confezione curata e armoniosa, capace di valorizzare il regalo e di fare la una bellissima figura sotto l’albero, senza l’effetto improvvisato dell’ultimo minuto.
**5 trucchi per scrivere bigliettini di auguri di Natale originali (senza chiedere a ChatGPT)**
Come impacchettare i regali di Natale: i consigli da seguire passo dopo passo
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1. Scegliere carta e materiali (pochi, ma giusti)
Il primo errore quando si cerca di capire come impacchettare i regali è pensare che servano mille decorazioni. In realtà, meno materiali si usano, più il pacchetto risulta elegante.
La scelta della carta è fondamentale: meglio una carta leggermente più spessa, facile da piegare e meno soggetta a strapparsi. Le carte troppo sottili o lucide, invece, tendono a segnarsi subito e a rendere le pieghe imprecise.
Per andare sul sicuro, puntate su colori neutri o naturali (come carta kraft, bianco, verde bosco, rosso scuro) e abbinate un solo elemento decorativo: uno spago, un nastro in tessuto, un filo dorato. Anche materiali semplici come carta da pacchi e spago da cucina possono diventare molto chic se usati con coerenza.
2. Tagliare e piegare con precisione (il passaggio che fa la differenza)
Uno dei segreti di come impacchettare i regali bene è la precisione. Prima di tutto, misurate la carta appoggiando il regalo al centro e assicurandovi che i lati coprano completamente l’oggetto senza eccessi. Troppa carta rende difficile gestire le pieghe, mentre troppo poca vi costringerà a rattoppare all’ultimo minuto.
Quando piegate, fatelo con calma: passate il dito lungo i bordi per segnare le pieghe e ottenere linee nette. Anche i lati corti vanno chiusi con ordine, piegando prima verso l’interno e poi verso il centro.
Questo passaggio, spesso sottovalutato, è quello che trasforma un pacchetto “fatto in fretta” in uno visivamente pulito.
3. Chiudere bene (e nascondere lo scotch)
Un altro punto chiave di per impacchettare i regali di Natale alla perfezione è la chiusura. Lo scotch serve, ma non deve mai essere protagonista. Usatelo solo dove serve davvero e cercate di nasconderlo all’interno del pacchetto o sotto le pieghe. Se la carta è stata tagliata correttamente, basteranno pochissimi pezzetti.
Il resto del lavoro può farlo il nastro o lo spago: un giro semplice, un nodo ben stretto e magari un doppio passaggio intorno al pacchetto sono più che sufficienti.
Evitate fiocchi troppo grandi o complessi se non siete pratiche: un nodo pulito risulta sempre più elegante di un fiocco sproporzionato.
4. Il dettaglio finale che personalizza davvero il regalo
L’ultimo passaggio è quello che rende il pacchetto unico. Non serve esagerare: un solo dettaglio basta. Un bigliettino scritto a mano, un rametto di pino, una fettina d’arancia essiccata, un’etichetta in carta riciclata.
Il consiglio è di scegliere un dettaglio coerente con il resto del pacchetto e ripeterlo su tutti i regali: questo crea un effetto armonioso sotto l’albero e dà subito l’idea di cura e attenzione.
Alla fine, imparare come impacchettare i regali di Natale non significa puntare alla perfezione, ma dedicare qualche minuto in più a un gesto che parla di tempo e presenza. Ed è proprio questo, spesso, il regalo più bello da ricevere.
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Nuovo SUV C5 Aircross: più spazio, più comfort, più tecnologia

Chi è al volante, guida rilassato. I passeggeri a bordo, intanto, si godono il viaggio in classe extra-comfort. Un’alchimia perfetta, frutto delle qualità distintive del Nuovo SUV C5 Aircross: più spazio, comfort, tecnologia, sostenibilità e accessibilità, il tutto made in Europe, a Rennes, in Francia, nello storico stabilimento del marchio.
Se nel sovraffollato mercato dei SUV farsi notare non è facile, la nuova ammiraglia Citroën non passa di certo inosservata. Non è solo per il restyling estetico, è anche per quell’evoluzione di sostanza che ha portato la vettura verso un’idea di funzionalità e di utilizzo superiore. In un mercato dove spesso ci si concentra solo sulle prestazioni o sul design delle linee, infatti, Citroën punta sull'ergonomia.
Il risultato? Un SUV diverso da tutti gli altri, progettato per chi vive l’auto come un’estensione della propria casa, per chi affronta il traffico quotidiano o lunghi trasferimenti stradali e cerca un ambiente che "ammortizzi" non solo le buche, ma anche lo stress della giornata. Il modello è ideale per le famiglie, ma anche per il mercato B2B/fleet.
Design più maturo e scolpito
Rispetto alle linee arrotondate del passato, il Nuovo SUV Citroën C5 Aircross adotta un volto più deciso e aerodinamico. Il frontale è stato completamente ridisegnato, sono nuovi i fari a LED e altri dettagli eleganti che ne esaltano il carattere e fanno la differenza.
Un "tappeto volante"
Uno dei punti di forza della vettura è il sistema di sospensioni con smorzatori idraulici progressivi (Progressive Hydraulic Cushions®). In parole semplici? Significa che l’auto assorbe le buche e le irregolarità del terreno in modo fluido, regalando quella sensazione di "tappeto volante" tipica della tradizione Citroën.
Come nel salotto di casa
Se il design esterno cattura l’occhio, è l’abitacolo del Nuovo SUV C5 Aircross a convincere definitivamente chi cerca un’esperienza di guida decompressiva.
Citroën ha lavorato per trasformare l’interno in un vero e proprio "salotto". Il concetto di Sofa Design si traduce in sedute ampie e accoglienti, un’illuminazione ambientale estesa, la presenza di elementi d'arredo e l’uso di tessuti che riprendono i codici dell'interior design.
A seconda degli allestimenti, l’uso dell’Alcantara o della pelle con impunture a contrasto non serve solo all'estetica, ma trasmette una sensazione tattile di calore.
Sotto il rivestimento superficiale, i sedili nascondono uno strato di 15 mm di schiuma strutturata che evita l'effetto di "affossamento" tipico delle sedute troppo morbide, garantendo sostegno posturale anche dopo ore di viaggio.
Accanto alla comodità, il sistema di Ambient Lighting - illuminazione d’ambiente - definisce l’atmosfera desiderata a bordo: i punti luce discreti posizionati nei vani portaoggetti, nel tunnel centrale e lungo la plancia creano una luce soffusa che riduce l’affaticamento visivo durante la guida notturna.
Questa "bolla luminosa" esalta i volumi dell'abitacolo e aumenta la percezione di spazio e protezione, rendendo l'ambiente accogliente come una stanza ben illuminata.
Tutto a portata di mano
L’ottimizzazione dell’ergonomia sul Nuovo SUV C5 Aircross passa per una riprogettazione della console centrale, ora più pulita e razionale.
La seduta è alta per dominare la strada, ma qui è stata affinata per garantire che ogni comando sia dove il conducente si aspetta di trovarlo. Il nuovo posizionamento dello schermo da 10" è studiato per essere perfettamente in linea con lo sguardo, riducendo i movimenti della testa e permettendo di mantenere la massima concentrazione sulla guida. L'obiettivo è semplice: fare in modo che il conducente abbia tutte le informazioni davanti a sé e a portata di mano, in modo da poter guidare in tranquillità e ridurre lo stress, con l'ausilio di schermi digitali che offrono chiarezza e grafica accattivante.
Gamma completamente elettrificata
Per la prima volta anche 100% elettrico, Nuovo SUV C5 Aircross è disponibile in due versioni, la più equilibrata e accessibile Comfort Range, dotata di un motore da 210 CV / 157 kW abbinato a una batteria da 73 kWh, per un'autonomia di 520 km, e la Long Range, con motore da 230 CV/170 kW e una batteria da 97 kWh, presto ordinabile, che offrirà un’eccezionale autonomia di 680 km.
Non mancano Nuovo SUV C5 Aircross Hybrid 145 Automatic, la porta d'ingresso all'elettrificazione offerta a 28.900 euro, e Nuovo SUV C5 Aircross Plug-In Hybrid 195 Automat
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