A 19 anni Vincenzo Crea è diventato uno dei nuovi volti del cinema italiano. E ora è uno dei protagonisti del film Nessuno come noi. Spiega a Grazia perché per i ragazzi della sua generazione è così importante scommettere tutto su loro stessi
Centrato, ansioso, affamato. Si descrive con queste parole l’attore romano Vincenzo Crea, 19 anni, pluripremiato per il film I figli della notte di Andrea De Sica.
Molto amato dal direttore creativo di Gucci Alessandro Michele, Crea studia al Dams di Roma Tre e durante la nostra chiacchierata non smetterà mai di accarezzare il piccolo Leo, un dolcissimo Cavalier King Charles Spaniel con il quale vive da 11 anni.
Dal 18 ottobre vedremo Vincenzo al cinema nel film Nessuno come noi, con Alessandro Preziosi e Sarah Felberbaum.
Più avanti sarà in Il primo re di Matteo Rovere con Alessandro Borghi e in Il mangiatore di pietre con Luigi Lo Cascio, poi nella terza stagione della serie I Medici, nei panni del giovane Machiavelli. «Studio con una insegnate dell’Actor Studio, ma la mia vera scuola è il set», mi racconta.
Come nasce la passione per la recitazione?
«Avevo 8 anni ed ero con mio padre in motorino, a Castel Sant’Angelo. Stavano girando il film Angeli e Demoni con Tom Hanks, ero super emozionato. Decidemmo di fare uno scherzo alla mia mamma e dirle che ero stato preso per fare la comparsa. Solo a immaginarlo mi sono sentito felice. Allora ho deciso: dovevo fare l’attore».
I suoi come hanno regito?
«All’inizio non volevano. Io praticavo ginnastica artistica a livello agonistico e ho smesso perché allenarmi sei volte a settimana, per tre ore al giorno, lasciava poco spazio al resto. Sulla recitazione non mi hanno mai ostacolato, mi testavano per vedere se fosse quello che volessi davvero fare».
Come ce l’ha fatta?
«Grazie a un mio amico. Lavoravo con un’agenzia, faceva pubblicità e piccole serie tv, l’ho seguito. Avevo 10 anni. I primi due provini, per Distretto di polizia e Appartamento ad Atene, andarono bene. Poi ho iniziato a ricevere dei “No” e lì ho capito che cosa significasse lavorare».
Nel frattempo studiava?
«Mi sono diplomato, anche se durante il quarto anno di liceo scientifico ho fatto un mese e mezzo di assenze per girare I figli della notte. Per quella parte avevo superato 12 provini, ma ne è valsa la pena: quel film mi ha cambiato la vita. Ero finalmente protagonista al cinema nei panni di un ragazzo cresciuto in un ambiente chiuso e severo».
Com’è cresciuto lei?
«Con le mie sorelle, con le quali ho sempre avuto un rapporto molto forte e aperto. Si chiamano Giusy e Mariachiara, hanno 9 e 11 anni più di me. Per questo ho sempre desiderato stare in mezzo ai più grandi».
Vive già da solo?
«Non ancora, ma sto programmando di spostarmi, magari a Londra, per confrontarmi con un ambiente internazionale».
Dal 18 ottobre è al cinema in Nessuno come noi con un personaggio che ha il suo nome, Vince.
«Mi ha fatto effetto, era la prima volta. È un tipo serio, studioso. Racconto il suo viaggio attraverso le sue prime volte: le prime delusioni, le prime emozioni. È follemente innamorato della sua migliore amica».
A lei è mai successo?
«Alle elementari. Le facevo regali, mi inventavo qualsiasi cosa, invitavo anche sua sorella a casa pur di stare a lei. Oggi siamo ancora amici».
Ha capito che cosa vuol dire amare?
«Per ora so che l’amore è quando il casino nella testa non lo senti più».
Come vede il ricambio generazionale in questo Paese?
«Non c’è un’età per emergere, la differenza per un attore la fa il film. Per i giovani ci sono ruoli femminili più interessanti di quelli maschili. Un attore dai 25 ai 30 lavora più di un’attrice, negli anni precedenti è il contrario».
I suoi modelli quali sono?
«Elio Germano, Joaquin Phoenix e Sam Rockwell».
E Alessandro Borghi, con cui ha diviso il set di Il primo re?
«Lo stimo tanto. Ha portato avanti progetti importanti e storie intime, è quel che vorrei fare io. Il primo re, sulla fondazione di Roma, è stata un’esperienza: vestirmi con le gonne di pelle di capra e recitare a petto nudo per tutta la notte, immerso nel fango, non capita spesso».
Anche il set con Lo Cascio non deve essere stato facile.
«Abbiamo girato a 2.000 metri di altezza, in Svizzera, di notte e in mezzo a una bufera. Nel film interpreto Sergio, un pastore che si sente prigioniero e che proverà a scoprire che cosa c’è al di là delle montagne».
E come ci si prepara, invece, a interpretare lo storico consigliere politico cinquecentesco Niccolò Machiavelli?
«Ho letto tanto su di lui, eppure ci sono alcuni anni della sua vita di cui si sa davvero poco. Ho dovuto immaginare».
Ora chiuda gli occhi: come si vede tra dieci anni?
«Con una piccola carriera alle spalle, a scrivere le mie storie. Appena posso appunto racconti, pensieri. So che continuerò a farlo».
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