Bar Refaeli: «Preferisco la mia seconda vita»
Bar Refaeli era una delle Top Model più famose al mondo e aveva un fidanzato chiamato Leonardo DiCaprio. Poi ha deciso di cambiare tutto. Ora che ha trovato, lontano dai riflettori, l’amore e la famiglia che voleva, ci spiega perché si sente se stessa solo quando va contro corrente
Ho vissuto dieci anni molto intensi, ma è arrivato un momento in cui volevo tenere i vestiti in un armadio, non perennemente in valigia». È così che è iniziata la seconda vita di Bar Refaeli. Non quella della “fidanzata di Leonardo DiCaprio”, la top model che non si perde neppure un party o si ribella allo Stato d’Israele evitando il servizio militare obbligatorio. Questo è un mondo che Bar, una delle top più famose del mondo, ha archiviato senza rimpianti.
Quella che incontro a Milano è una donna diversa, una mamma che in soli due anni ha partorito due figlie, Liv, un anno e mezzo, ed Elle, 5 mesi. Una moglie innamoratissima di Adi Ezra, marito sexy e milionario («Mi hai rubato il cuore, io ho lasciato che tu lo tenessi con te», ha scritto di lui).
Una modella che oggi seleziona gli impegni ed è ambasciatrice solo dei marchi a cui è legata affettivamente, come quello di alta orologeria Hublot. Ma è anche una ultrafemminista (leggete più avanti che cosa pensa della maternità surrogata o dell’identità sessuale di Dio), una laica che lotta contro i pregiudizi su Israele, ma anche un idolo pop (è la presentatrice dell’edizione israeliana del talent show X Factor).
Jeans, T-shirt grigia, giacca multicolore antivento annodata in vita: Bar arriva nello studio fotografico vestita così. «Di solito ho un look molto essenziale: trucco leggero, niente tacchi, abiti comodi», mi spiega. «Quando lavoro lascio spazio a un’altra Bar, che indossa vestiti meravigliosi e rivela un altro tipo di femminilità».
Ma vi assicuro: lei è sensuale anche in accappatoio, mentre mangia l’insalata mista che ordina alle quattro di pomeriggio, la sua merenda. «È solo perché non ho mangiato niente a pranzo», dice quasi scusandosi, spiluccando tra una foto e l’altra.
Mi parli della sua nuova esistenza.
«Mi sentivo pronta a una vita più normale, la cercavo. Prima dei 30 anni ho vissuto un periodo denso, vitale, ma anche stressante. A un certo punto ho scelto di ridurre i ritmi del lavoro e di viaggiare di meno. Ho sentito l’esigenza di trovare un amore e crearmi una famiglia».
È stata fortunata: ci è riuscita. Sui social ha pubblicato una foto di suo marito che indossa una Tshirt con scritto “Il mondo è lì per essere esplorato” e lei ha commentato: «Il mio mondo sei tu». Una grande dichiarazione d’amore. La sua vita ruota intorno a lui?
«È il mio mondo, ma non l’unico che ho: ho il mio lavoro e lui non ha mai bloccato le mie aspirazioni di carriera. Adi è il mondo che posso riempire anche con altri mondi. Perché la cosa più importante in una relazione è ricordarsi sempre che fuori dalla coppia c’è anche un altro universo. Noi ci siamo realizzati nelle nostre vite precedenti e poi, consapevoli che avevamo ottenuto tutto quello che era possibile, ci siamo incontrati per costruire qualcosa insieme. Ora siamo come lo yin e yang dell’antica filosofia cinese, due polarità che si uniscono in modo armonioso. E in entrambi, il bianco o il nero, c’è un pezzo dell’altro».
Ha avuto due figli in poco più di un anno. Continuerà con questi ritmi?
«Ho deciso di prendermi una pausa di un anno, forse due, ma non voglio far passare troppo tempo. Il mio sogno è avere quattro bambini».
Niente male per una donna che lavora con il proprio corpo. Non ha paura di perdere la sua forma f isica con le gravidanze?
«Mi piace fare sport: per me è facile perdere chili. Facevo molta attività anche prima di aver dato alla luce le mie figlie, quasi tutti i giorni: mi dà la sensazione di essere più sana e forte».
Le lancio una provocazione: in molti Paesi, tra cui Israele, la maternità surrogata, quella cioè in cui un’altra donna porta a termine la gravidanza, è legale. È un modo per fare la mamma senza “rovinare” il proprio corpo? Lei è pro o contro? In Italia molte donne sono critiche.
«Penso che sia una grande opportunità per tutte le donne e gli uomini che non possono avere PTuserei. Fare figli è la cosa più bella del mondo: permette di scoprire aspetti nuovi di se stessi. Ma molte coppie sono sterili. Riflettiamo un attimo: noi donne ci lamentiamo spesso di non godere degli stessi diritti degli uomini, perché siamo svantaggiate sul lavoro o abbiamo stipendi più bassi. E quando aspettiamo un bambino, mentre i futuri padri nei nove mesi della gestazione hanno una vita assolutamente normale, noi ci stanchiamo facilmente, ci appesantiamo, soffriamo di disturbi fisici. Se davvero vogliamo avere l’uguaglianza, la maternità surrogata è un buon modo per ottenerla. Per un futuro di reale parità».
Su Instagram (Bar ha 2,6 milioni di follower) non posta mai le foto delle sue figlie. Suo marito non vuole?
«Lui non viene dal mondo dello spettacolo, è presidente di una grande azienda alimentare, non è abituato a essere rincorso dai paparazzi. Per la legge israeliana se noi mettiamo foto delle bambine sui social, i fotografi hanno diritto a pubblicare le immagini di Liv ed Ella sui giornali. Se pubblicassi le loro foto su Instagram, è come se autorizzassi gli altri a fare altrettanto. Il problema non è quindi tanto la privacy o la fama: vogliamo solo evitare la “caccia” alle nostre figlie. Adi non vuole che siano inseguite e spaventate solo per un clic. E sono d’accordo con lui. Evitando la loro esposizione al grande pubblico, abbiamo una vita normale, senza la paura di essere sorprese quando le accompagno all’asilo o andiamo in aeroporto. I giornali non possono neppure sfumare i loro visi».
Mentre si cambiava d’abito, ho osservato i modelli di Hublot appoggiati su questo tavolino. Da diversi anni è ambasciatrice di questo marchio. È una fan degli orologi?
«Impazzivo per i loro modelli e, quando ho ricevuto la email in cui mi hanno chiesto di essere loro ambassador, l’ho riletta decine di volte perché davvero non ci credevo»
Mi racconti qualcosa della sua vita precedente, in cui faceva coppia con un premio Oscar, DiCaprio, e frequentava tutto il jet-set internazionale.
«In quell’epoca ho incontrato talmente tante persone famose che, a un certo punto, non riuscivo più a distinguere la vita reale da quella luccicante delle celeb. Passi le serate con attori, cantanti, presidenti, primi ministri, campioni olimpici, poi li vedi in tv e i piani della realtà si mescolano. Talvolta non ricordi neppure di averli incontrati. Mi è capitato con il cantante Sting, ma anche con Rihanna. Ho passato una serata a chiacchierare con lei, ma me n’ero completamente dimenticata».
Scusi, ma com’è possibile cancellare dalla memoria Rihanna?
«Ero nel backstage degli Mtv Awards a New York. Aveva appena finito di cantare e stava correndo verso il camerino per cambiarsi. Improvvisamente mi vede, si ferma e dice: “Ciao, come stai?”. Sono rimasta interdetta: non capivo perché si fosse fermata a salutarmi. “Non ti ricordi di me?”, mi ha chiesto. “No”, ho risposto. “Cioè, ovviamente so chi sei, ma non ci siamo mai incontrate”. “Ma sì, a Milano, al ristorante Just Cavalli”. Improvvisamente mi sono ricordata che anni prima, quando non era ancora così famosa, aveva cantato, poi si era seduta alla fine del tavolo, isolata, un po’ timida. Mi ero sentita a disagio per lei, mi sono avvicinata e abbiamo iniziato a parlare. La verità è che le celeb sono persone assolutamente normali».
Se sono donne, e magari bellissime come lei, sono però particolarmente esposte alle molestie maschili. È stupita dallo scandalo che ha investito, dopo Hollywood, anche Patrick Demarchelier e altri celebri fotografi di moda, accusati di violenza da diverse modelle?
«No, non posso dire di essere sorpresa. Ho fatto di tutto perché non accadesse nulla nella mia carriera. Quando avevo 15 anni lavoravo durante le vacanze scolastiche e mia madre Tzipi veniva sempre con me. E fino ai 18 anni, anche quando non ero molto famosa, dicevo a chi mi voleva per un lavoro che avevo bisogno di due biglietti d’areo, uno per me e uno per chi mi avrebbe accompagnato. La gente ci guardava come fossimo extraterrestbambini, ci criticava, li capivo, ma oggi mi rendo conto che questo è un lavoro pieno di pericoli. Molte persone possono approfittare delle modelle, giovani e bellissime, per questo è importante che qualcuno le protegga, le metta in guardia da chi hanno appena conosciuto e dice: “Voglio essere tuo amico, voglio stare con te”».
Sua madre l’accompagnava sul set da piccola. Ha fatto la modella come lei. È stata fonte d’ispirazione?
«È una donna meravigliosa. Oggi il lavoro di modella è più impegnativo e intenso del passato: ogni settimana viaggi in tre Paesi diversi e devi occuparti di più cose, dai social media alle pubbliche relazioni. E, se qualcosa non funziona, mi capita di irritarmi. Allora mia madre mi dice: “Lascia stare, non vale la pena. Viviamo una volta sola”. Amo la leggerezza con cui affronta la vita: la sua è una grande lezione».
Oggi è sabato, la festa del riposo in Israele. Lei invece lavora. Perché?
«Non sono religiosa, per me lo Shabbat è solo il giorno della famiglia, in cui ci si diverte insieme».
Eppure cita Dio ogni tanto su Instagram. Anzi, quando ha postato una scritta molto femminista, “Dio ci sta guardando, offrile un buon spettacolo”, ha scatenato un dibattito infinito nei commenti. Molti hanno obiettato: “Dio non è una femmina”.
«Chi lo sa, non l’abbiamo mai incontrato. Credo sia una femmina: solo noi donne riusciamo a fare qualsiasi cosa. O magari è transgender. Oppure neutro». Dopo aver passato metà vita in giro per il mondo è tornata a vivere a Tel Aviv. Ha senso abitare in un Paese in assedio permanente? «All’estero pensano che Israele sia un Paese del Terzo Mondo, in guerra. In senso ampio è vero: ai nostri confini abbiamo i soldati che ci proteggono, ma se vai nelle nostre spiagge o frequenti la folle vita notturna di Tel Aviv la vita è normale. La gente ha paura di visitare il mio Paese perché pensa che, dormendo in hotel, senti le bombe cadere, ma non è così. Io scopro gli attentati sui giornali: non li vedo mai per strada».
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