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Moda

Lo stile passa, la moda resta

Lo stile passa, la moda resta

foto di Simone Marchetti Simone Marchetti — 22 Giugno 2011

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Tra i tanti pregiudizi sulla moda, ce n'è uno che mi va di sfatare. A dire il vero, è una delle tante frasi sparate dalla mitica Coco Chanel, quindi calpesterò un terreno minato. La stilista sosteneva che "la moda passa, lo stile resta". Bene, per me oggi è vero il contrario: lo stile passa mentre la moda resta.

Tra i tanti pregiudizi sulla moda, ce n'è uno che mi va di sfatare. A dire il vero, è una delle tante frasi sparate dalla mitica Coco Chanel, quindi calpesterò un terreno minato. La stilista sosteneva che "la moda  passa, lo stile resta". Bene, per me oggi è vero il contrario: lo stile passa mentre la moda resta.

Lo stile, infatti, è una questione  sicura, un dato di fatto, una regola imparata. Lo stile è qualcosa che  viene definito dal tempo e sempre, solo, a posteriori. Lo stile dandy, lo stile barocco, lo stile anni Venti, Trenta, Quaranta, Cinquanta e chi più ne ha più ne metta, è qualcosa che resta, comunque, legato a ieri, che viene definito dal passato.

La moda, invece, è l'oggi, è il presente o, come sarebbe corretto dire, è la contemporaneità. La moda è aprirsi ai cambiamenti, qualche volta prepararli, a volte anticiparli. La moda è anche aprire il fianco alle ferite, alla possibilità di non essere capiti, alla necessità di restare fuori dal coro.
Non solo. Oggi la moda è uno degli ambiti estetici più sottovalutati. Viene trattata con superficialità e giudicata con pregiudizio. Lasciando perdere il fatto che è una delle voci più importanti dell'economia italiana nonché uno dei settori di traino per tutto il Paese, la moda è anche un territorio meraviglioso, come ha detto Miuccia Prada due giorni fa per la sua sfilata uomo "uno dei pochi  ambiti dell'estetica contemporanea che permette davvero di pensare il presente, di mescolare le culture, di cucire insieme ieri e oggi, il vintage con l'avanguardia, l'arte col mercato".

Ecco, mi piace pensare tutto questo oceano di pensieri persino quando scelgo un colore, al mattino, o quando entro in un negozio per provare un nuovo capo. Mi piace soprattutto l'idea che un poltrona di design, un'automobile fuoriserie, un pezzo d'arte contemporanea non potranno mai accompagnarci in ufficio, al mare, nei viaggi, persino a letto come fa un abito. L'abito è l'artificio che più ci definisce, che ci descrive, che ci delimita. L'abito è la possibilità di tradurre un pensiero in un'azione estetica.  

Col mio lavoro di giornalista, cerco sempre di ricordarlo e di riconoscerlo quando lo vedo. Con i vestiti di tutti i giorni, poi, provo a non limitarmi mai allo stile ma cerco di osare sempre la moda, ovvero il presente e la contemporaneità. A volte si sbaglia, altre si fa la cosa giusta. Ciò che conta, però, è la volontà alla base: ovvero, usare quel perimetro di stoffa, che passa sotto il nome di moda, come uno dei tanti territori dell'immaginazione.

SIMONE MARCHETTI è fashion editor per D.Repubblica.it , Repubblica.it

© Riproduzione riservata

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