Lancel: quando l'amore si dichiara con una borsa
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La collezione Daligramme s'ispira all'alfabeto segreto concepito da Salvador Dalì per l'amata Gala. Leonello Borghi, direttore artistico di Lancel, ci racconta la genesi di questo nuovo capitolo di altissima pelletteria.
La collezione Daligramme s'ispira all'alfabeto segreto concepito da Salvador Dalì per l'amata Gala. Leonello Borghi, direttore artistico di Lancel, ci racconta la genesi di questo nuovo capitolo di altissima pelletteria. E del suo personale coup de foudre per la maison francese
Una storia d'amore scritta a più mani. Quelle del genio spagnolo Dalì, che ha impresso sul cuoio pregiato di Lancel il proprio codice amoroso e ne ha fatto dono in forma di borsa alla sua musa adorata. E quelle di Leonello Borghi, che si dedica allo storico marchio con le stesse premure di un innamorato. «Quando due anni fa mi hanno proposto la direzione creativa ho avuto un vero colpo di fulmine. La ricchezza del patrimonio e degli archivi e la magnifica collezione di borse del Museo Lancel a Parigi mi hanno convinto all'istante».
Rompiamo il ghiaccio, prima di trattare della nuova linea Daligramme.
Cosa l'affascina di più dell'immaginario legato alla maison?
«Madame Lancel, innanzitutto. La chiamavano la "leonessa dei boulevard", per via della sua condotta sopra le righe. Aveva un marito, due amanti e una lunga schiera di ammiratori. Anche Poiret e Lanvin rilasciarono sul suo conto interviste colme di ammirazione».
Che cosa rappresentava per Madame l'accessorio ?
«Un'arma di seduzione. Nelle sue borse pretendeva tasche segrete per custodire l'indirizzo degli amanti e mini-specchi per rifarsi il trucco. Era la più perfetta incarnazione del motto del marchio, quella french légèreté che invita a vivere con malizia e gioiosa irriverenza».
Ci parli del suo primo periodo da Lancel.
«Mi sono preoccupato di ritornare alle origini e di essere all'altezza della dicitura haute maroquinerie. Ho riaperto gli atelier, non solo per fare riparazioni ma per permettere di lavorare ai compagnons, gli artigiani specializzati che si tramandano l'arte di generazione in generazione. A loro spetta la realizzazione di edizioni limitate e pezzi su misura».
Come si è attuata la strategia del riposizionamento?
«Partirei dai negozi, che sono attualmente 250 e toccano 38 paesi. Li abbiamo riconcepiti come una bag gallery, con nicchie che accolgono ogni singolo modello. Ci piace inoltre l'idea di un lusso democratico; i nostri prezzi vanno dai 300 euro ai 4.000 euro e chiunque può togliersi uno sfizio».
E a livello stilistico?
«La firma resta sempre la stessa: colore, pieno e vivace. Gli interni sono pieni d'ironia, le fodere sorprendenti. Mi sono rifatto in particolare a stampe del primo impero, secondo un gusto molto francese, senza dimenticare la visionarietà che contraddistinse Madame Lancel. Ho usato infatti i tradizionali pitone e struzzo, ma anche razza, salmone, zampe di gallina e di ranocchio. Dopo tutto sono animali che finiscono sulla nostra tavola e riutilizzarne la pelle è assolutamente etico».
Veniamo ora alla collezione Daligramme. Da dove è venuto lo spunto iniziale?
«Studiando l'archivio sono rimasto molto colpito da una borsa, istoriata da curiosi monogrammi e con la tracolla a forma di catena di bicicletta. Ho scoperto che era un modello realizzato nel 1970 su volere di Salvador Dalì, come regalo speciale per Gala».
E poi?
«Sono partito per Cadaquès, dove sorge il museo Dalì. Lì ho appurato il significato dei simboli e la storia che c'è dietro».
Ce la racconti.
«Quando Salvador incontrò per la prima volta Gala se ne invaghì subito e le promise un castello. Più tardi, grazie alla crescente fortuna dell'artista, il castello arrivò davvero, ma Gala pretese che Salvador le scrivesse una lettera tutte le volte che desiderava farle visita. Ne nacque un codice segreto, fatto di simboli noti solo alla coppia, il cosiddetto Daligramme».
Le borse Daligramme sono come tante lettere d'amore allora...
«Esatto, e sono scritte su una carta pregiatissima. Cuoio spagnolo conciato con mordenti vegetali ed una speciale lavorazione jacquard dove 14 filati di diverso colore sono tessuti insieme in un caldo neutro beige, che li contiene tutti. I modelli sono 25, tra cui anche un astuccio per custodire lettere e un porta-corona. Abbiamo voluto viziare le nostre clienti, offrendo loro una serie che potesse accompagnarle con versatilità in ogni istante della giornata».
I riferimenti a Dalì si esauriscono nella stampa dei monogrammi?
«No. C'è ovviamente la catena della bicicletta, simbolo surrealista di due forze che cooperano e vanno nella stessa direzione. L'arancio, il colore dell'aragosta, e l'interno delle borse che rievoca la lussuosa suite dell'Hôtel Le Meurice in rue de Rivoli, dove l'artista amava soggiornare. Tutti i finimenti in metallo sono poi in oro 18 carati, inossidabili come la coppia di Salvador e Gala».
Appuntamento a settembre 2011, quando la collezione Daligramme sarà lanciata in tutti i negozi del marchio. Una dichiarazione universale, come solo il sentimento d'amore sa esprimere.
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