Diane Pernet alla NABA di Milano
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Intervista alla stilista e creatrice di A Shaded View On Fashion su cinema di moda, comunicazione e creatività
Milano – 2 maggio 2012
Nell’ambito delle conferenze organizzate da NABA , special guest di mercoledì 2 maggio era Diane Pernet, invitata a parlare del suo approccio cinematografico alla moda, della sua esperienza come stilista (per 13 anni ha diretto un proprio brand) e poi come fashion editor e contributor per Vogue Paris e altre testate di fama mondiale. Ma Diane Pernet, anche se appare (ed è apparsa) completamente in nero, simile a un’ombra, è in realtà una persona vera e del tutto accessibile. Dà grande importanza allo humour, e vuole trovarlo nei fashion film presentati al festival annuale che ha da poco fondato: A Shaded View on Fashion Film , direttamente ispirato e legato al suo blog ASVOF/ A Shaded View On Fashion .
Pernet ha spiegato agli studenti presenti alla conferenza che produrre un buon fashion film non è una questione di soldi, né una questione puramente estetica. Devono essere presenti ed evidenti una storia e un senso dell’umorismo personale. La signora in nero ha addirittura stilato un vero e proprio elenco dei requisiti che un fashion film deve soddisfare per poter essere preso in considerazione – la checklist è disponibile sulla sua pagina Facebook . E non ha mancato di far sapere agli studenti che è ancora possibile inviare le proprie proposte per la presentazione di un minuto della prossima edizione del festival, che si terrà a Milano dal 22 al 25 giugno.
Il brief è semplicemente: “destiny”. Pronti a condividere il vostro punto di vista e presentare il vostro angolo di ripresa? La data entro cui presentare i cortometraggi è il 31 maggio.
Qual è il tuo attuale punto di vista sulla moda?
Penso che si metta troppa enfasi sulla comunicazione e non abbastanza sulla creatività.
Che cosa ti piace della videocamera? Quali lati della moda credi che i video possano rivelare rispetto ad altri mezzi d’espressione?
C’è un’enorme differenza tra un’immagine fissa e un film. Un film comprende diversi elementi e varie abilità: il sonoro, la fotografia, l’illuminazione, la direzione artistica e la recitazione. Il cinema di moda non è nulla di nuovo, questi film esistono da tempo, ma è solo negli ultimi due anni che hanno trovato l’attenzione che meritavano. Sono dei fantastici strumenti per la comunicazione.
Hai creato un festival, A Shaded View on Fashion; pensi che oggi per dei nuovi talenti sia più difficile emergere?
Il festival è stato presentato a Parigi, ma da subito l’idea era di farlo viaggiare, quindi la prossima edizione, in giugno, si terrà a Milano. Quanto ai talenti emergenti, da un lato, grazie a Internet, emergere può essere più facile, ma d’altro canto è più difficile in quanto il mercato è controllato dai grandi gruppi. I nuovi talenti devono trovare un spazio a metà strada tra questi due estremi.
Pensi che i cortometraggi di moda siano opere d’arte? Non sono prima di tutto degli strumenti di vendita?
Sono entrambe le cose: una forma d’espressione personale e una risorsa commerciale. Un film commerciale può essere un’opera d’arte, pensate al film Muta , prodotto per Miu Miu e diretto dalla regista argentina Lucrecia Martel .
Che cosa vuoi trasmettere al pubblico presente stasera qui alla NABA?
Vorrei che gli studenti ampliassero la propria idea di moda. Il mio festival è internazionale, e la creatività può giungere da ogni luogo.
Sei una consumatrice di moda?
Certamente!
Perché per definire la tua idea di moda hai scelto la parola “shaded” (ombreggiata, sfumata)?
Due motivi: primo, per richiamare l’immagine degli occhiali da sole, e secondo, quella di una prospettiva particolare, molto allargata.
Ti senti più una persona che osserva o che agisce?
Che agisce, spero!
Credi che nella moda l’attenzione si sia spostata dal prodotto alla comunicazione del prodotto?
Penso che negli ultimi dieci anni l’attenzione sia stata più sulla comunicazione, pensiamo a Tom Ford o, ben prima di lui, a Calvin Klein. Ora mi sembra che le cose stiano lentamente cambiando, vedo dei segnali che fanno sperare in un ritorno alla creatività nel prodotto.
La moda deve essere democratica?
Be', fino a poco tempo fa le sfilate erano aperte solo a pochi ospiti selezionati. Ora, con lo streaming in diretta, sono totalmente accessibili. In un certo senso, quindi, la moda è diventata democratica.
Da giornalista, che opinione hai dell’evoluzione della blogosfera?
Conosco entrambi i fronti: lavoro per la stampa e gestisco un blog. Penso che l’online e l’offline si completino a vicenda e non abbiano lo stesso scopo. Penso che sia tutta una questione d’integrità; nei blog che segui, nelle riviste che compri, ricerchi la stessa cosa: uno spirito “indipendente”, una dimostrazione d’integrità.
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