Riccardo Tisci parla senza peli sulla lingua a due fette di mercato opposte, ma altrettanto importanti
Burberry non è un marchio qualunque: nell’immaginario comune rappresenta l’identità inglese. Fatta di aristocrazia, ribellione e working class.
Per Riccardo Tisci, che da circa un anno ha preso il posto di Christopher Bailey alla direzione creativa del brand, questo è sinonimo di inclusività e sotto Burberry vuole riunire un po' tutte le generazioni, dai baby boomers ai Gen Z.

L’era Tisci è iniziata con una comunicazione - social, sito, advertising tradizionale - incentrata su rimandi concettuali, come quella che possiamo vedere nell’arte contemporanea, in fiere come Frieze, per esempio. Ma per farsi comprendere da tutti, bisogna semplificare il linguaggio.
Trasmesso live in Instagram ieri sera, secondo il Financial Times lo show autunno-inverno 2019 2020 di Burberry è stato la Tate Modern Gallery, allestita in due ambienti separati: un teatro formale e un building ex industriale da rave party.




A differenza della spring-summer 2019, il debutto di Tisci, rinominata Kingdom e divisa in tre temi Refined, Relaxed e Evening, in qualche modo sconfinanti uno nell’altro, Tempest è creata appositamente per indirizzarsi a due pubblici diversi. Con una logica che ben si addice ad un brand da grandi numeri come Burberry.
Di 106 uscite uomo e donna, le prime 48 sono Rebellion, la parte più fashionable, se vogliamo, che rispetto alla scorsa stagione osa molto di più in termini di sportswear-activewear.
Di Inghilterra sembra ci siano certi look popolari negli anni ’90 a Londra: come si vedevano nella parte nord della città, con le felpe trucker e i jeans, o le tute in triacetato e i piumini degli hooligans che si potevano trovare ai rave e che Tisci ha vissuto da studente. Non a caso cita questo periodo come sua ispirazione.



Una collezione visiva e immediata, nei linguaggi e nel messaggio, diretta a quella fetta di pubblico più giovane.
Con materiali, colori, silhouette bold. Non ultima la Union Jack e il trench in tartan Burberry con slogan in rosso. Puffer jacket, loghi, maglie da polo a righe larghe con colletto e profili bianchi, abiti sottoveste con spille, e le immancabili chuncky sneaker decorate con strass che siamo abituati a vedere sulle passerelle dei brand più legati al merchandising.
La seconda parte è quella definita Structure, ovvero l’establish, che in Inghilterra significa anche e sopratutto aristocrazia (Burberry è fornitore ufficiale della casa reale), monolitica pur nella sua eccentricità.




Il gusto del direttore creativo si fonde perfettamente con l’heritage del marchio: una parata di maniche raglan, beige, stampe foulard.
Un gusto più maturo, con linee pulite e matericità alla Tisci: il primo look è il trench gabardine iconico indossato con una mantella-coperta a frange in tinta unita o con il monogramma ridisegnato da Peter Seville, indossato da Maria Carla Boscono, la musa mica del designer.
Look ladylike, con abiti aderenti o giacche con gonne a plisset pastello camicie di seta con cravatte che sembrano ripresi dal mondo delle signore e signorine serie anni ’70, abiti da sera (lunghi) in tre varianti beige, bianco e nero e nero.
Prima della chiusura però due completi formali dal taglio maschile, giacca e pantaloni in tre tonalità di beige, catturano l’attenzione.
Resi ancora più asciutti e clean da Freja Beha Erichsen e Stella Tennant, possono senza dubbio diventare quell’uniforme quotidiana che molte donne aspettano dopo l’addio di Phoebe Philo a Celine.
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