La sua nuova vita è una fondazione che porta il suo nome e aiuta i bambini nelle scuole in Egitto e in Italia. «La campagna egiziana l’ho conosciuta da piccola e ne ho respirato la polvere», racconta la modella Elisa Sednaoui. «Non voglio più distogliere lo sguardo dalla miseria di chi ha bisogno di noi»

La modella e attrice Elisa Sednaoui mi riceve in accappatoio nella sua suite di un grande albergo francese. Sul tavolino scorgo i resti di una torta alle fragole, sul divano un elegante abito bianco longuette aspetta di essere indossato. Ci raggiunge per un saluto Anna, la madre di Elisa, ex modella e stilista, oggi la più influente consigliera della figlia. «Sono la manager di me stessa, ma la mamma mi aiuta a orientarmi tra le tendenze della moda, tiene i rapporti con il mio agente, è una presenza fondamentale. Mi ha sempre appoggiata», mi spiega Sednaoui. Sta per partecipare a un evento di Ermanno Scervino, il marchio di cui è stata testimonial nelle ultime stagioni, anche in occasione del lancio della capsule collection creata dallo stilista per il Festival di Cannes. «Ermanno Scervino esprime al meglio il talento italiano ed è alla ricerca costante della qualità. Ogni capo ha l’impronta dell’alta moda, celebra il grande artigianato, mette in risalto le forme. E mi fa sentire bella».
Ora, senza trucco e a piedi scalzi, è bellissima. Ha gli occhi verdi profondi, il corpo affusolato da adolescente anche oggi che ha 28 anni ed è mamma di un bambino di 3, Jack, avuto dal marito, l’imprenditore e gallerista anglo-brasiliano Alex Dellal, 32. Padre egiziano di origine siriana, madre italiana, infanzia divisa tra Egitto e Piemonte, carriera costruita in Francia all’insegna dell’alta moda (lo stilista di scarpe Christian Louboutin è il suo padrino), attuale residenza a Londra, il mondo come scenario del suo lavoro e della vita sociale: Elisa è un personaggio cresciuta tra tante culture, dalla mente aperta, in grado di parlare correntemente sei lingue, arabo compreso. L’ho conosciuta un paio d’anni fa, quando ha girato in Italia il film Soap Opera di Alessandro Genovesi, e l’ho incontrata di nuovo a Venezia l’anno scorso nel ruolo, ricoperto benissimo, di madrina del Festival. A qualcuno forse può apparire troppo sicura di sé. Io, dal primo momento, sono rimasta colpita dalla sua lucidità, dall’attenzione all’attualità e dalla conversazione brillante. «Da ragazzina sognavo la carriera diplomatica», mi dice Elisa. E se il destino le aveva riservato le passerelle, i set cinematografici e gli ambienti più esclusivi, l’antica passione rivive nell’impegno sociale e umanitario che, soprattutto in questo momento, assorbe tutte le sue energie. «Tre anni fa ho creato una fondazione che porta il mio nome», racconta Sednaoui. «Ha lo scopo di aiutare i bambini e i ragazzi a seguire i loro sogni e a esprimersi liberamente, in maniera creativa. Abbiamo cominciato realizzando alcuni doposcuola nelle zone rurali dell’Egitto. Ma abbiamo fatto passi da gigante e nelle settimane scorse si è tenuto il primo workshop italiano a Bra, la città piemontese in cui sono cresciuta, con la collaborazione dell’associazione umanitaria Save the Children. Andremo avanti coinvolgendo altre città italiane».
Elisa mi racconta poi di aver visitato un campo profughi in Libano e di essere stata invitata a parlare della condizione della donna in Medio Oriente all’università della Sorbona, a Parigi. È la sua nuova vita, nel segno dell’impegno.
Il cinema e la moda possono aspettare?
«Oggi l’attività sociale rappresenta la mia realtà, è la dimensione in cui sento di dovermi impegnare. E lo faccio a tempo pieno, con il risultato che sono guarita da molte ansie. È come se avessi trovato il mio posto».
Non ha nemmeno un film in programma?
«Oggi potrei fare l’attrice solo se ne valesse veramente la pena. Probabilmente lavorerò con una regista italiana e c’è in pentola un altro progetto nel cinema. Ma ora la fondazione richiede tutta la mia concentrazione. E naturalmente non dimentico di essere moglie e madre. Nei giorni scorsi è stato bellissimo organizzare la festa per il terzo compleanno del mio Jack».
In che cosa consiste esattamente l’attività della sua fondazione?
«Formiamo gli operatori culturali destinati a tenere lezioni di pittura, regia, musica, fotografia, recitazione, cucina a ragazzi dai 6 ai 16 anni. Invitiamo artisti internazionali a condividere la loro esperienza. Sono già venuti la fotografa Laura Sciacovelli, il regista Giacomo Gabrielli, il percussionista Ahmed Kairy, la cantante Naomi Greene, il musicista Paolo Serazzi, l’insegnante d’arti circensi Maria Grazia Ielapi. Sono molto contenta, è un lavoro che corrisponde al mio vecchio sogno di unire l’arte all’impegno sociale».
Suo marito che cosa ne dice? La appoggia?
«Certo, è tra i fiduciari della mia fondazione. Mi sostiene in tutto quello che faccio».
L’impegno umanitario la aiuta a controbilanciare la sua vita immersa nel benessere e, mi consenta la franchezza, ricca di privilegi?
«Io sono cresciuta nelle contraddizioni. La campagna egiziana l’ho conosciuta da piccola, ne ho respirato la polvere. Ma da grande ho imparato a sentirmi a mio agio con ministri e diplomatici. Questa mia doppia natura mi porta a voler conoscere il mondo, a non distogliere lo sguardo dalla realtà meno rassicurante. Di recente, con l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite, ho visitato un campo profughi in Libano, il Paese dov’è cresciuto mio padre e dove vive mio nonno».
Che sentimenti ha provato?
«Di fronte alla tragedia epocale dei profughi, molti dei quali sono siriani, ti senti come una goccia nell’oceano e ti domandi che cosa puoi fare. So che cosa significa sentirsi stranieri, l’ho provato sulla mia pelle quando dall’Egitto sono venuta a studiare in Italia. Non è stato per niente facile, sono stata vittima di bullismo perché ero diversa dagli altri, figlia unica e più matura dei miei coetanei».
Come si è difesa?
«Con l’aiuto di mia madre che mi è stata vicina, mi ha insegnato a non darmi per vinta. Se penso a quanti pianti mi sono fatta quando mi sentivo sola e incompresa... Poi, per fortuna, la vita mi ha offerto delle opportunità meravigliose».
Che qualità si riconosce, Elisa?
«La determinazione, la resilienza. In certi momenti la mia voglia di essere chiara è stata scambiata per aggressività. Ma tutti quelli con cui ho lavorato mi considerano leale, fedele, onesta».
Pensa di essere invidiata per il suo successo e la sua appartenenza al jet set?
«Le donne privilegiate non suscitano nessuna empatia, ma per essere felici non basta avere la bellezza e i soldi. Ognuno ha le difficoltà relative alla propria condizione. Un tempo la gelosia degli altri mi faceva soffrire, oggi vado avanti per la mia strada. I nodi prima o poi vengono al pettine».
La bellezza è un potere?
«Sì, ma può essere anche un limite. Se mi definiscono: “Non solo bella ma anche intelligente”, mi offendo: significa che noi donne dobbiamo provare di avere un cervello».
Ha un bel ricordo della sua esperienza di madrina a Venezia?
«È stato un momento magico, che mi ha permesso di crescere. Quell’esperienza l’ho condivisa con la famiglia, mio marito mi ha accompagnata. Salire su quel palco, con tutta la pressione che mi sentivo addosso, è stata una grande scuola di vita».
Ricordo che era elegantissima. È cambiato, nel tempo, il suo rapporto con la moda?
«Senza dubbio. È aumentata la sicurezza in me stessa e ho imparato a riconoscere quello che mi dona di più. Oggi scelgo come vestirmi secondo l’umore del momento, non mi sento più condizionata dall’opinione altrui».
C’è stato un tempo in cui si preoccupava troppo della sua immagine?
«Sì, a 15-16 anni mi sforzavo di apparire in un modo o in un altro per assecondare le aspettative di chi mi stava vicino. Oggi mi vesto in base alle mie esigenze, come mi sento più comoda, e mi diverto a sperimentare. Coraggiosa è una parola forte, ma la conoscenza del mio corpo mi ha portato a essere più libera e più leggera. Con mio marito ci facciamo molte risate sul mio nuovo approccio all’abbigliamento».
Che cos’è che vi diverte tanto?
«Sono diventata più metodica negli acquisti. Cerco soprattutto capi basici, vado sul sicuro e scelgo pezzi che vadano d’accordo con quelli che ho già. Mi sono stancata di passare ore davanti all’armadio alla ricerca degli abbinamenti giusti».
Lei ha la fortuna di avere un marito che l’accompagna a fare shopping?
«Non proprio, perché ormai compro soprattutto online. La sera, dal divano di casa, cerco, analizzo, ordino. Alex mi vede trafficare con il tablet e insieme commentiamo i miei acquisti».
Mi parli del rapporto con il suo bambino. È una mamma apprensiva o riesce a rimanere calma?
«Sono piuttosto tranquilla, rispecchia il modo in cui sono stata educata. Lascio mio figlio libero di osservare il mondo, voglio che impari con l’esperienza. Lo proteggo, certo, e cerco di spiegargli le ragioni delle cose. Il piccolo reagisce, anche se per il momento non capisce tutto. Con lui mi diverto tanto».
Pensa di avere un altro figlio?
«Mi piacerebbe, vediamo quando arriva (sorride intenerita, ndr)».
Ha qualche sogno da realizzare, Elisa?
«Vorrei creare dei centri culturali in tutto il mondo. Mi piacerebbe svegliarmi serena. E vorrei avere ancora più tempo per stare con mio marito e mio figlio. Il lavoro mi porta a correre, ma la qualità della vita è importante. È bello annoiarsi, ogni tanto».
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