5 esperienze che si possono fare solo a Seoul
Seoul, o Seul (in coreano Sŏul), è una delle capitali da segnarsi per un prossimo viaggio in Asia perché mai come ora la Corea del Sud detta tendenze al mondo, dalla musica al cinema, dal cibo alla moda.
Schiacciata per secoli da due colossi come Cina e Giappone, per evidenti ragioni geografiche, negli ultimi anni è finalmente sbocciata rivelando al mondo la sua vera natura e le sue enormi potenzialità.
Ecco cosa non perdere.
Cinque esperienze che puoi fare solo a Seoul
(Continua sotto la foto)
Mangiare il vero street food coreano
Una delle esperienze più autentiche da provare a Seoul è mangiare il vero street food coreano in uno dei suoi tanti mercati alimentari.
Tra i più grandi e storici c’è il Gwangjang market con più di 5.000 negozi e bancarelle di cibo e abbigliamento dove perdersi tra profumi, colori e prelibatezze che hanno anche meritato una puntata della serie tv Street Food Asia su Netflix.
La gentilissima e sorridente signora Cho Yonsoon è una delle protagoniste con il suo piccolo chiosco di kalguksu (noodle coreani tagliati al coltello serviti in brodo) e ravioli a base di maiale o kimchi (cavolo fermentato) fatti in casa: per sedersi al bancone e assistere in prima fila alla preparazione dei suoi piatti spesso c’è un pochino da attendere, ma vale davvero la pena.
Altre specialità della cucina coreana al Gwangjang market – anche questi nel sesto episodio di Street Food Asia (1ª stagione, 2019) dedicato a Seoul – sono i pancakes salati con fagioli Mung e i granchi marinati nella soia.
Anche Myeongdong è un nome che gli amanti del “cibo da strada” dovrebbero segnarsi: in questo quartiere si trova infatti un mercato notturno di street food con centinaia di bancarelle che vendono prodotti sia dolci che salati.
Un must da assaggiare è il kimbap – da kim (alga) e bap (riso) – che ricorda il sushi perché a base di alghe, riso, verdure, carne o pesce cotti.
Altro prodotto per cui i coreani vanno pazzi è l’abalone, qui proposto in diverse varianti, un grosso mollusco molto pregiato dalla conchiglia in madreperla sempre più apprezzato dall’alta ristorazione.
Dedicarsi alla K-Beauty e fare incetta di maschere viso
Sempre a Myeongdong l’atmosfera è vivace e divertente perché tutt’attorno e nelle vie limitrofe c’è un andirivieni continuo di persone, non solo turisti, per via dei tanti negozi dedicati alla skincare che vendono prodotti di bellezza e le famose maschere viso in tessuto: la cura della pelle (per ricercare in particolare l'effetto porcellana) è una delle più grandi fissazioni per le donne coreane, insieme agli interventi chirurgici alle palpebre, per rendere gli occhi più grandi, e alle mascelle, per avere un viso più triangolare.
Non a caso la Corea del Sud è il paese con il numero più alto di operazioni estetiche al mondo.
Visitare i palazzi storici in abiti tradizionali (per entrare gratis)
A Seoul c’è una curiosa usanza: se indossi un abito tradizionale – quello che generalmente è riservato alle grandi occasioni o per il Capodanno lunare – puoi entrare gratis nei siti e nei palazzi storici in giro per la città.
E allora basta affittare un hanbok (c’è una versione sia femminile che maschile) in negozi specializzati, spesso appena fuori dai principali siti turistici, e il gioco è fatto.
Gioco si fa per dire perché è una consuetudine che sta particolarmente a cuore alle ragazze coreane – ma non solo, anche tanti turisti si vestono in questo modo – che amano mettersi orgogliosamente in posa per foto e selfie con indosso ampie gonne fino ai piedi e giacchette corte dalle maniche ampie e lunghe, spesso con ricami e decorazioni.
Dove sicuramente troverete tante persone vestite con hanbok è al Gyeongbokgung (che significa splendore e fortuna), il principale tra i vari palazzi imperiali della dinastia Joseon che a partire dal 1395 divenne centro della vita politica ed economica.
Il complesso, su oltre 40.000 metri quadrati (è il più grande tra i palazzi storici di Seoul), si compone di vari padiglioni dai classici tetti spioventi in legno intarsiato che all’interno però sono vuoti.
Negozi che affittano hanbok si trovano anche al Buckon Hanok Village, villaggio con oltre 900 case in stile tradizionale dove un tempo viveva la classe dirigente della dinastia Joseon dalle casette basse alcune ancora oggi abitazioni, altre trasformate in laboratori di artigianato o caffetterie – e le ripide viuzze che si arrampicano sulla cima di una collina tra i palazzi Gyeongbokgung e il Changdeokgung.
Passeggiando per questi vicoli tortuosi una delle immagini che colpisce di più è il forte contrasto tra la Seoul tradizionale e il suo volto più moderno fatto di grattacieli avveniristici, come la Lotte World Tower: alto 555 metri, è il quinto edificio più alto del mondo e ospita una piattaforma panoramica dal pavimento in vetro dove godersi una vista sulla città (10 milioni di abitanti) che si perde all’orizzonte.
Cantare il K-pop coreano in un karaoke bar
Insegne coloratissime, neon luminosi, musica K-pop coreana sparata a tutto volume, cat cafè dove si possono accarezzare mici mentre si beve un tè o un caffè, cabine dove scattare foto tessere con scritte, filtri ed effetti stravaganti, locali che servono chi-maek (birra e pollo fritto, un’accoppiata che poco ci si aspetterebbe dalla Corea e che invece è una passione che contagia tutta la popolazione), bancarelle di street food: Seoul è la quintessenza delle caotiche metropoli asiatiche.
E se nel vostro girovagare per la città incontrerete la scritta noraebang, non mancate di provarlo: si tratta del karaoke coreano, per cui i giovani vanno pazzi soprattutto ora che il K-pop coreano è sulla cresta dell’onda.
Si tratta di locali con varie stanze da affittare ad ore con divani, schermi e luci psichedeliche dove scatenarsi con le ultime canzoni di star coreane, come i Bts, i Txt, le Twice, le Blackpink, e internazionali.
Il successo della musica coreana nel mondo – a proposito, proprio in questi giorni in vetta alle classifiche globali c’è la dj e modella originaria di Incheon Peggy Gou con il suo ultimo singolo Nanana – lo si deve a un tale Psy, che nel 2012 lanciò il suo tormentone planetario Gangnam Style (il nome di un ricco quartiere di Seoul) che è riuscito a totalizzare oltre 4 miliardi di visualizzazioni su Youtube: la città gli ha dedicato una statua con due mani giganti che si incrociano a rappresentare il famoso balletto della canzone.
Una meta di pellegrinaggio imperdibile per gli amanti del K-pop.
Visitare il Samsung Innovation Museum
Per un coreano Samsung è motivo di orgoglio nazionale: insegne, led, gigantografie, cartelli, con il nome del brand che ha fatto conoscere nel mondo la Corea del Sud si trovano ovunque, quasi fosse un mantra.
Lungo le strade, in aeroporto, sui palazzi, nei mercati, ci sarà sempre una scritta Samsung ad accompagnare un viaggio alla scoperta della Silicon Valley d’Asia.
Sì perché se solo fino a qualche decennio fa la Corea del Sud era un paese poverissimo, messo in ginocchio dalla guerra civile scoppiata nel 1950, nel giro di poco è riuscita a trasformarsi nella patria di un colosso della tecnologia con più di 300 mila dipendenti in ogni angolo della terra, in grado di far concorrenza a giganti consolidati come Apple e Sony.
Alla storia di questa azienda e alla nascita ed evoluzione dei suoi prodotti è dedicato un museo a Suwon, città a una trentina di chilometri a sud di Seoul: il Samsung Innovation Museum (SIM).
Proprio qui si trova l’headquarter della multinazionale coreana, detto anche Research and Development Center: un campus da quasi due milioni di metri quadrati, composto da 130 edifici, dove lavorano oltre 37.000 dipendenti (per avere un’idea, più degli abitanti di Aosta) e si servono ogni giorno 50.000 pasti nelle trenta caffetterie e mense aziendali.
A differenza del SIM, la Digital Samsung City non è accessibile ai visitatori esterni ma già solo i numeri che la riguardano danno l’idea di quanto sia una città nella città: oltre agli uffici e all’incubatore di start up, ci sono anche un ospedale, una stazione dei pompieri, piste ciclabili, una palestra grande quando un campo da calcio, campi da squash, da tennis, da calcio, da baseball, da basket, una piscina olimpionica, una parete da arrampicata alta dieci metri e tre asili che ogni giorno accolgono più di 900 bambini.
In tutto questo non poteva dunque mancare un museo dedicato all’evoluzione della tecnologia e al “miracolo coreano” – basti pensare che Samsung, prima di lanciarsi nell’elettronica e in particolare nella produzione di televisori nel 1969, iniziò come piccola azienda che vendeva pesce essiccato – a cui vale davvero la pena dedicare una gita di mezza giornata partendo dalla capitale.
Il SIM, inaugurato nel 2014, è un (sorprendente e a volte malinconico) tuffo nel passato perché mostra in vetrine o con installazioni interattive elettrodomestici e prodotti tecnologici di vita quotidiana che ci hanno accompagnato a partire dal secolo scorso: solo per citarne alcuni, i primi modelli di lavatrice, frigorifero, televisore, il primo telefono cellulare (correva l’anno 1973 quando Martin Cooper di Motorola sviluppò negli Stati Uniti il DynaTAC), e le loro rispettive evoluzioni fino ai giorni nostri.
Se un tempo per chiamare senza fili si poteva spendere anche di più che per un’automobile – in una teca, per esempio, è esposto un Nokia del 1985 (Mobira Talkman) che all’epoca costava più di 5.000 dollari – oppure c’era bisogno di portarsi dietro una valigetta fa impressione vedere come oggi lo smartphone sia diventato tascabile, ancora di più con gli ultimi modelli pieghevoli di Samsung.
Un’altra sezione interessante del museo ripercorre le origini di Samsung, con tanto di affascinanti foto d’epoca, e modelli iconici di elettrodomestici che hanno segnato la storia della multinazionale; c’è anche una vetrina dove sono conservate le torce olimpiche e i cellulari lanciati per l’occasione (Samsung è sponsor dei Giochi invernali ed estivi): da Nagano 1998, passando per Torino 2006, fino a Pyeongchang 2018, le Olimpiadi più recenti ospitate in casa dopo Seoul 1988.
Alla fine del tour si finisce in una piccola sala cinematografica dove viene proiettato un video di qualche minuto che mostra scene di vita quotidiana in una “casa del futuro” completamente automatizzata: in bagno, per esempio, c’è uno specchio con riconoscimento facciale che proietta l’agenda con gli appuntamenti della giornata.
Già qualcosa di simile si può vedere con i propri occhi nell’Experience Home all’interno della Digital Samsung City dove le tende del salotto si chiudono con un comando oppure impostando un orario sul cellulare, in camera da letto quando suona la sveglia il materasso si solleva e nel frattempo scende un proiettore con le notizie del giorno, in cucina il frigorifero ha uno schermo che mostra le video ricette dopo aver scannerizzato con un Qr code i prodotti che si vogliono preparare.
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