Top 10 delle scuse per lasciare più brutte che usano gli uomini

L'amore è eterno ma spesso non dura, noi vi raccontiamo le peggiori scuse per lasciare che gli uomini usano dacché se ne ha memoria
Uscite da qualche settimana e vi sembra un tipo carino? Vi state conoscendo e pensate che potrebbe esserci qualcosa di più?
E invece no, lui sta pensando a come darvi il ben servito o a come precisare che non può esserci nulla di veramente importante tra voi due e lo fa usando le peggiori scuse che possano esistere a questo mondo.
Forse ci sarete già passate, ma noi vi avvertiamo: questi sono i peggiori due di picche che un uomo possa propinarvi.
Spuntate la lista di tutti quelli che avete sentito, a chi la completa spetta un premio (forse).
(Continua sotto la foto)
Il sincero: «Mi sono innamorato, ma di un’altra»
Lui è il tipo innamorato dell'amore, quello che si scalda in pochissimo e in altrettanto tempo diventa freddo come la Siberia.
Per lui l'amore è un concetto quasi infantile, sognante, romantico.
Se si innamora di voi dura poco più di un paio di giorni, ci metterà pochissimo a farsi fulminare da un altro essere femminile che gli passerà di fianco.
Cosa potete farci voi? Niente, semplicemente non credere mai ai tipi che vi promettono mari e monti dopo pochissimo, si finisce sempre ad avere al massimo un brodino nel piatto.
Il depresso: «Non riesco a dare niente a nessuno ora»
Lui è quello che vi dice che i problemi sono dentro di lui, che è meglio per tutti se non continuate a vedervi, lui sta male e il suo malessere è radicato in lui da molti anni.
Sì, la risposta è che ne avete incontrato un altro bacato, la seconda risposta è che non dovreste viverlo come un due di picche, in realtà voi vi siete appena salvate, siete state miracolate.
Immaginatevi anni e anni al fianco di un uomo così pesante e contorto che desidera solo rimanere in casa al sicuro e «chiudere tutti fuori».
Consideratevi fortunate.
Il fatalista: «Meglio ora che dopo»
Immaginatevelo nella posa un po' teatrale, quella fatalista dell'Amleto o di Otello, con lo sguardo un po' distrutto di chi ha già deciso.
Lui è convinto che le relazioni non durino, etichetta tutte con una scadenza precisa e voi siete uno yogurt, scadrete in pochi giorni.
Dategli ragione, meglio farla finita in fretta con uno che non riesce a far volare il suo uccellino sullo stesso fiore per più di una settimana e poi fategli notare che poteva scaricarvi anche con meno enfasi, insomma vi eravate visti solo due volte, non c'era bisogno di mettere in piedi questa messa in scena da lutto.
Il contorto: «Mi piace la tua amica»
È quello che vi confessa che in realtà è uscito con voi solo per farla ingelosire.
In questo caso siete pienamente autorizzate a prendere a martellate la sua macchina, il suo motorino, la sua lampada di design, il suo smartphone o il suo portatile.
Qualsiasi cosa materiale a cui lui tenga più di sua madre, nessuna dovrebbe sentirsi presa per i fondelli, e nessuna donna dovrebbe essere paragonata alla sua migliore amica.
Il confuso: «Questo è il mio fidanzato»
Lui è indeciso, gli piacete voi ma gli piace anche Pietro il falegname, che è il suo fidanzato e con cui convive felicemente da due anni.
Diciamo che gli mancavano le donne, che voi siete una piccola escursione esotica, solo che non se la sentiva di confessarvelo prima, non sapeva se l'avreste presa bene.
Vi consiglio di prenderla male e dire a Pietro che dovrebbe buttare tutti i suoi vestiti in mezzo alla strada.
Il pigro: «Non voglio una storia a distanza (vivo a Buccinasco)»
Ok, è consentito non volere una storia a distanza, se si parla di una distanza di 50 km o più, se abitate a 12 km e praticamente nella stessa città questa è una scusa che sa di bufala grossa come un dinosauro.
Augurategli di trovare una fidanzata che al massimo abita nella sua stessa via, magari è fortunato e gli succede, oppure augurategli di innamorarsi di una ragazza che vive a Berlino, di dover comprare molti voli per poter far continuare la storia e che invece lei lo lasci quando ormai lui ha comprato i voli per un anno.
Il mammone: «A mia madre non piaceresti»
«Io ti adoro, ma mia madre mi vede con un altro tipo di donna, non le piaceresti per niente, quindi tanto vale lasciarci subito, non credi?».
Volete veramente stare con un tipo che vi considera non all'altezza di mammina?
Ok, è un modo di essere scaricate decisamente orribile, probabilmente è anche una scusa ma dovrebbe farvi venir voglia di correre e anche molto veloce, lontano dal cocco di mamma per sempre.
Il dotato: «Non posso stare con te, sono Patrimonio dell’Umanità»
Se fosse una donna si sarebbe appena dato delle signorina a pagamento, invece è un uomo e questa cosa lo fa sentire molto figo.
Avete due possibilità, se ha ragione farvi l'ultimo giro in giostra e poi scendere per non salire mai più oppure dirgli che neanche voi potete stare con lui, siete molto più figa e intelligente di uno che pensa di essere una specie di Barbie al maschile.
Considerate però che potrebbe anche non capire la vostra sottile ironia.
Il tronista: «Sei troppo poco appariscente»
Esistono dei tipi senza nessun tipo di ritegno, che si permettono di sputare cattiverie di questo tipo, non vi resta che vomitargli altrettanta cattiveria, ditegli che effettivamente avete sempre pensato di non poter star con qualcuno che non sa fare le divisioni e che è normale che uno così abbia bisogno di avere al fianco una più stupida di lui per sentirsi molto intelligente.
Augurategli di trovarla presto, consce del fatto che gli sarà difficile trovare qualcuna con un quoziente intellettivo inferiore al suo.
Lo stronzo: «Vado in bagno»
Esistono anche quelli senza ritegno, gli stronzi veri, quelli in grado di rovinarvi una serata perché senza nessun tipo di educazione.
Sono quelli che spariscono nel bel mezzo di una serata, senza motivazione, solo perché non c'è nulla che gli impedisca di farlo, sono quelli che vi piantano a un concerto, in discoteca o a cena, i peggiori non hanno neanche la delicatezza di pagare il conto.
Se incrociate la sua macchina parcheggiata bucategli le gomme.
© Riproduzione riservata
Ecco il vero motivo del perché gli ex tornano a Natale

Ogni anno, puntualmente, succede la stessa cosa: nel periodo delle feste gli ex tornano a farsi sentire.
Un messaggio inatteso, un nome che non vedevate comparire da mesi, o addirittura anni, riappare sullo schermo. Un messaggio breve, apparentemente innocuo. Eppure basta quello per scombussolare tutto.
Se vi è successo almeno una volta, sappiate che non siete sole. Il periodo delle feste è da sempre il momento preferito dagli ex per tornare a farsi vivi. Non è una coincidenza, né un segnale misterioso del destino: è una dinamica emotiva molto più comune (e spiegabile) di quanto sembri.
**Cosa fare (e non fare) quando un ex torna a farsi sentire**
Il Natale come detonatore emotivo
Il Natale è un acceleratore di emozioni. È il periodo dell’anno in cui rallentiamo, stacchiamo dalla routine e ci ritroviamo (volenti o nolenti) a fare dei bilanci. Le luci, le tradizioni, i rientri a casa, le domande scomode dei parenti e il confronto continuo con le vite altrui creano un mix emotivo potente.
In questo contesto, anche chi durante l’anno appare risolto e distaccato può sentirsi improvvisamente più vulnerabile. La solitudine pesa di più, i silenzi si fanno più rumorosi e il passato torna a bussare con insistenza.
** A Natale sono tutti più tristi? La psicologa spiega perché **
Scrivere a un’ex diventa allora un gesto impulsivo, quasi automatico: una scorciatoia emotiva verso qualcosa di conosciuto.
Perché gli ex tornano a Natale?
(Continua sotto la foto)
Opzione 1: il fattore nostalgia
Uno dei motori principali dei messaggi natalizi degli ex è la nostalgia. Ma non una nostalgia neutra: una nostalgia selettiva. La mente tende a conservare i ricordi positivi e a sfumare quelli dolorosi, soprattutto quando è immersa in un clima emotivo come quello delle feste.
Così, relazioni che erano faticose o sbilanciate vengono rilette con un filtro più morbido. Si ricordano le risate, i momenti di complicità, i gesti gentili. Molto meno le incomprensioni, le mancanze, le ragioni per cui quella storia è finita. Il Natale, con il suo carico simbolico, amplifica questa distorsione: tutto sembra più dolce, più significativo, più “riparabile”.
Opzione 2: la solitudine
C’è poi un altro fattore, meno romantico ma altrettanto determinante: il bisogno di sentirsi desiderati. Durante le feste, quando intorno a noi sembra che tutti abbiano qualcuno con cui brindare, il confronto può diventare pesante. Anche chi è stato l’artefice della rottura può sentire il bisogno di una conferma.
Scrivere a un’ex è facile. È una persona che ci conosce già, che sa come eravamo, che rappresenta un’intimità pronta all’uso. Spesso dietro quel messaggio non c’è un progetto, né una reale volontà di tornare insieme, ma il desiderio di non sentirsi soli in un momento carico di aspettative emotive.
Quando arriva il messaggio: come leggerlo (e come rispondere)
Il punto cruciale non è tanto perché gli ex tornano a farsi sentire a Natale, ma cosa succede a noi quando quel messaggio arriva. Prima di rispondere, vale la pena fermarsi e chiedersi: che effetto mi fa davvero? Mi dà serenità o riapre ferite che pensavo chiuse?
Non ogni messaggio natalizio è una dichiarazione d'amore, e non ogni messaggio merita una risposta immediata. Ricevere un messaggio non significa dover rimettere una vecchia relazione in discussione.
A volte, il gesto più sano è prendersi tempo. Non per punire, ma per capire se quelle parole aggiungono veramente qualcosa al vostro presente o se invece lo complicano e basta.
E poi reagire di conseguenza.
© Riproduzione riservata
Ecco il motivo psicologico per cui restiamo in relazioni che non funzionano più

Ci sono relazioni che non funzionano da tempo, eppure restiamo.
Restiamo anche quando non siamo più felici, quando i silenzi fanno più rumore delle parole, quando ci sentiamo più soli dentro un abbraccio che fuori. Restiamo e intanto ci raccontiamo che è per amore, per i figli, per paura di ricominciare.
Ma spesso non è per nessuna di queste ragioni. Restiamo perché speriamo, inconsapevolmente, di aggiustare qualcosa che si è rotto molto tempo fa.
**Come capire se una relazione non vi rende felici (anche quando sembra funzionare)**
(Continua sotto la foto)
Le dinamiche del passato condizionano le dinamiche del presente
Ognuno di noi porta nelle relazioni adulte le dinamiche che ha vissuto da bambino in famiglia; come è stato amato e come ha visto amarsi i propri genitori.
Si porta con sé le mancanze, gli sguardi che non ha ricevuto, l’amore condizionato — quello che dovevi meritarti con il comportamento giusto, la versione “buona” di te.
Così da adulti, senza rendercene conto, cerchiamo di riscrivere quella storia.Scegliamo persone che ci ricordano proprio chi non ci ha saputo amare, e proviamo, con loro, a ottenere finalmente ciò che non abbiamo avuto allora.
È come se l’inconscio dicesse: “Se questa volta ce la faccio, se riesco a farmi scegliere da qualcuno come lui o come lei, allora guarirò”.
E così restiamo.
Restiamo anche quando ci sentiamo invisibili, anche quando ogni discussione diventa una guerra fredda, anche quando il rispetto si è perso per strada. Restiamo perché se andassimo via, dovremmo guardare in faccia il fallimento del nostro tentativo di guarigione.
E allora preferiamo restare in un dolore conosciuto, piuttosto che affrontare un vuoto nuovo.
Ma non si guarisce dove ci si è feriti. Restare nelle relazioni che non funzionano più sperando che diventino la cura è come cercare di medicare una ferita con ciò che l’ha provocata.
Il presente non aggiusta il passato: lo ripete.
E mentre cerchiamo di sistemare l’altro, finiamo per trascurare ancora noi stessi - come abbiamo imparato a fare da bambini, quando per sopravvivere bisognava essere “bravi”, adattarsi, capire tutto prima, anche il non detto.
La verità è che certe relazioni non si aggiustano perché non nascono per funzionare: nascono per insegnarci dove fa male. E quel dolore, una volta riconosciuto, non va negato o ignorato, ma attraversato.
Capire perché restiamo è il primo passo per smettere di restare. Non per diventare più forti o più cinici, ma per diventare più liberi.
Guarire, in fondo, non è riuscire a farsi amare da chi non può o non sa farlo. È smettere di cercare in un altro la prova del proprio valore. È restare dove l’amore non chiede di essere dimostrato, ma semplicemente vissuto.
© Riproduzione riservata
Come capire se una relazione non vi rende felici (anche quando sembra funzionare)

Può capitare che in una relazione non ci siano particolari problemi: non ci sono litigi, crisi evidenti o grandi drammi. Eppure, qualcosa non va.
È come se la vostra energia fosse spenta, come se la spontaneità avesse perso intensità e alcune parti di voi fossero rimaste indietro senza un motivo preciso. Succede più spesso di quanto si pensi: tutto sembra “a posto”, ma dentro si percepisce una sottile sensazione di blackout emotivo.
È una sensazione che molte persone vivono senza riuscire a darle un nome, perché “sulla carta” è tutto a posto: la relazione funziona, c’è affetto, c’è routine, c’è stabilità. Ma non sempre questo basta a far sentire vivi.
Qui proviamo a raccontare proprio quella zona intermedia e difficile da definire, dove i segnali non sono immediatamente riconoscibili, ma parlano comunque di qualcosa che merita attenzione.
**“Se mi amassi davvero…”: 6 frasi per capire se lui vi sta manipolando**
(Continua sotto la foto)
Quando non succede nulla… ma non vi sentite più voi stesse
Le relazioni non diventano difficili solo quando scoppiano i conflitti. A volte la fatica arriva quando tutto procede in modo apparentemente tranquillo, ma voi avete la sensazione di non riconoscervi più.
È una forma di cambiamento lento, che si manifesta quando iniziate a fare meno cose che vi fanno brillare gli occhi, a parlare meno di ciò che amate, a chiudere un occhio un po’ più spesso per evitare discussioni inutili. Magari vi scoprite meno spontanee, più controllate, più attente a non disturbare che a condividere.
E mentre all’esterno tutto sembra “normale”, dentro qualcosa vi dice che la vostra energia emotiva non scorre più come prima. È quel tipo di stanchezza che non viene dalla giornata pesante o dalla mancanza di sonno, ma dal sentirvi un po’ più piccoli di come eravate. Una forma di adattamento che vi costa più di quanto vi restituisca.
I piccoli segnali che non sembrano segnali
Quando una relazione inizia a togliere più di quanto dà, di rado lo fa in modo evidente. Spesso tutto avviene in una serie di dettagli: piccole rinunce quotidiane che sembrano irrilevanti, ma che nel tempo costruiscono una distanza tra chi eravate e chi siete diventati.
Capita, ad esempio, di trovarsi a parlare meno dei propri sogni perché non si percepisce entusiasmo dall’altra parte. Oppure di sentire che ogni discussione potenziale va evitata, così da non introdurre tensioni che sembrano sempre troppo grandi per essere affrontate.
Con il passare dei mesi questa dinamica diventa quasi automatica. La voce si abbassa, i desideri si riducono, la spontaneità lascia spazio alla prudenza. Persino il corpo manda segnali: meno energia, meno iniziativa, meno voglia di condividere momenti che un tempo sarebbero stati fonte di piacere. E non perché la relazione sia “sbagliata”, ma perché la somma delle piccole cose può finire per erodere la vitalità emotiva più di quanto ci si accorga.
Quando ci si accorge che stanno cambiando i propri desideri
Il desiderio è uno dei primi elementi a risentire di una relazione che non nutre. E qui non si parla soltanto di desiderio sessuale, ma di quella forza interna che dà direzione alla vita: i piccoli progetti personali, le idee nuove, le scelte che fanno brillare gli occhi.
Se tutto questo sembra spento, se non si prova più entusiasmo per ciò che prima vi faceva saltare di gioia, forse è il momento di cercare di capire cosa sta succedendo.
A volte si tratta di un semplice periodo di stanchezza, ma altre volte ciò che si riduce non è la voglia di fare, ma la percezione di potersi permettere di esistere pienamente dentro la relazione. Quando i desideri si appiattiscono, quando i momenti di gioia diventano più rari, quando ci si sorprende a mettere in pausa parti importanti di sé “per il bene della coppia”, il punto non è trovare un colpevole, ma capire come recuperare spazio per la propria autenticità.
È davvero la relazione… o è un momento della vita?
La domanda più difficile, e spesso anche la più importante. Non sempre una sensazione di “spegnimento” è legata al partner: lo stress del lavoro, la famiglia, la salute mentale, la fatica accumulata possono trasformare anche la relazione più sana in un luogo di minor energia. Vale la pena chiedersi se, al di fuori della vita di coppia, si prova la stessa sensazione.
Ciò che può aiutare a fare chiarezza è una domanda semplice ma rivelatrice: con questa persona ci sentiamo più noi stessi o meno noi stessi?
Perché le relazioni sane non cancellano i momenti difficili, ma li attraversano creando spazi di sostegno e non di ulteriore fatica. A volte parlarne con sincerità permette di aprire una porta nuova dentro la coppia; altre volte rivela che il malessere non ha a che fare con la storia ma con il periodo della vita.
Cosa fare se non vi riconoscete più
Accorgersi di essersi un po’ spenti non significa dover chiudere una relazione. Significa, piuttosto, prendersi cura di ciò che si prova, senza minimizzarlo.
Recuperare spazi solo per sé può essere un primo passo: un corso, un'amica da rivedere, un hobby messo in pausa, un po' di tempo di qualità con la propria interiorità. Condivisione e autonomia, nelle relazioni, crescono insieme.
Parlarne con il partner – con calma, senza accuse – può essere un momento prezioso: l’altro non può intuire ciò che non viene espresso. E se serve un confronto esterno, amici di fiducia o un percorso psicologico possono dare strumenti utili.
Qualunque sia il percorso successivo, una cosa resta vera: l’amore che fa bene è quello che permette di espandersi, non di rimpicciolirsi. È quello che accende, non quello che spegne. E nessuna relazione dovrebbe mai privare della possibilità di sentirsi pienamente vivi.
© Riproduzione riservata
Quanto aspettare per avere una nuova relazione quando ci si lascia?

Affrontare nuove frequentazioni dopo la fine di una storia importante o di un matrimonio è complesso, ma decidere quanto aspettare è (o dovrebbe essere) una scelta personale.
Le condizioni che mettono fine a una relazione (non necessariamente culminata in uno sposalizio o in una unione civile) sono un milione e rappresentano un punto di partenza totalmente unico dal quale poi emerge quel famoso “nuovo capitolo” di vita che cambierà tutto.
Di conseguenza non esiste un tempo univoco per tutti da rispettare prima di iniziare una nuova relazione dopo la fine di quella precedente.
Però ci sono delle indicazioni di massima che possono aiutarvi ad affrontarlo nel modo più sicuro e semplice.
Quanto aspettare prima di una nuova relazione quando ci si lascia?
(Continua dopo la foto)
Frequentare qualcuno dopo un matrimonio finito: quanto aspettare?
Guardiamoci negli occhi e diciamoci la verità: sappiamo bene che certe cose succedono quando decidiamo di volerle e frequentare una persona dopo un matrimonio finito, anche prima del divorzio ma già in fase di separazione, è piuttosto comune.
Il tempo è un fatto puramente personale e alcune persone preferiscono confrontarsi con figure professionali come psicologi (o addirittura con i legali) per capire quanto è il momento esatto, ma sappiamo bene che alcune cose, anche per i più razionali, non si possono troppo controllare.
Le relazioni non sono matematiche. Potete darvi un limite di tempo oppure farlo e basta.
Non dovrebbero esserci regole quindi guai a chi le impone, se ma se ci fossero riguarderebbero solo e soltanto voi e sono tutte veicolate da un obbiettivo importante: non passare “dalla padella alla brace” o da una condizione di malessere a una che vi fa stare diversamente male.
L'indecisione è un segnale, ma innamorarsi dell'indecisione è senza dubbio un errore.
La celebre teoria dell’elaborazione del lutto
Nel libro “La morte e il morire” della psichiatra Elisabeth Kübler-Ross del 1969 si parla di una teoria che è molto popolare tra le persone che affrontano un lutto o la fine di qualcosa di importante nella propria vita.
Le fasi di negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione (che non si verificano esattamente sempre in questa sequenza) rappresentano dei momenti che solo poi nell’accettazione portano all’esplorazione di nuove possibilità.
Il punto è che tantissime persone affrontano questo processo molto prima della fine effettiva della relazione e si trovano, più o meno consapevolmente, dentro una fase di esplorazione di ciò che li circonda, passando però da una ricostruzione individuale.
Questo significa che non dovreste giudicare voi stessi per come vivete le cose ma è importante prendere consapevolezza che la fine di un rapporto non è un "click" ma un processo e questo processo non richiede per forza tempo, richiede il doverlo vivere.
Pensare a se stessi o filtrare il dolore?
La velocità con la quale decidiamo di frequentare altre persone per gettare le basi per qualcosa (qualsiasi cosa) hanno, al di là delle mille sfumature possibili, due colori: o lo facciamo con l’idea di voltare pagina o lo facciamo con l’idea di rimanere sulla stessa pagina.
C’è un bellissimo scambio su Reddit in cui si parla proprio di questo e l’espressione usata da un utente è che vi consiglio di ricordare è l'effetto “rebound”, ovvero avere consapevolezza che una nuova frequentazione possa sfociare in una relazione di rimbalzo che parte dal presupposto di colmare un vuoto (o filtrarlo).
Avere molta intelligenza emotiva vi aiuterà a capire cosa state facendo davvero e fare delle scelte che rispettino voi stessi e la nuova persona che vi è al fianco.
È la differenza che intercorre tra l'entrare in una pizzeria per chiedere la solita pizza da mangiare per strada o chiedere di fare una pizza nuova assieme, per mangiarla assieme.
Come si capisce di essere pronti? L'esempio di Miley Cyrus
Per parlare di casi pratici, ci viene incontro una delle storie di matrimonio finito più popolari (e più discusse), quella tra Miley Cyrus e Liam Hemsworth.
«È come morire quando perdi la persona che ami, è una ferita molto profonda. Mi sono sentita come se fossi morta. Non c’è un manuale su come affrontare quell’attacco di cuore, ma so di essere stata giudicata come cattiva per aver voltato pagina. Mi hanno fatto sentire infedele, cosa che è contro il mio modo di essere».
Miley ha voltato pagina dopo poco tempo in effetti, nonostante le mille critiche, e l'ha fatto perché ha raccontato di aver già metabolizzato la fine delle relazione prima che finisse il matrimonio, consapevole che quella relazione non le dava più nulla che la facesse stare bene.
Da lì, ha scelto di non rimanere in lutto perché i media volevano così, ma attivare un processo che la facesse “evolvere”, sentire meglio, al di là di quello che poteva pensare il pubblico.
Nel bene o nel male, era pronta.
Nel nostro quotidiano nessuno dovrebbe giudicare i nostri tempi e i nostri modi, anche in vite meno esposte di quella della popstar.
Fai ciò che vuoi, tranne farti del male
In definitiva, frequentare una persona dopo un matrimonio o una relazione finita ha sempre senso nella misura in cui, come affermano molti terapisti di come Alicia Muñoz, lo si faccia nella consapevolezza degli errori della precedente relazione, cercando di capire cosa non si vuole più e chi non si vuole essere o diventare, per evitare (come spesso accade) che il copione si ripeta.
Affrontare questa paura che a volte è grande come una montagna, quella di soffrire di nuovo per gli stessi motivi, si affronta solo in un modo, dandosi tempo per ricostruirsi senza mai “fermarsi”.
Come? Avendo per esempio rapporti sani e di scambio con le persone che amiamo, famiglia compresa, parlando delle proprie esigenze alle persone che incontreremo, a costo di sembrare “antipatici”.
Mettere paletti non serve solo agli altri per capire di cosa abbiamo bisogno, ma soprattutto serve a noi per mettere a fuoco cosa vogliamo davvero da un rapporto.
Se non siamo pronti per agire, impariamo a essere pronti a esprimere come vorremmo muoverci, sognando uno scenario, in modo da dare definizione al nostro pensiero e magari al nostro futuro agire, magari proviamo a dare una forma ai nostri sogni, modellando con convinzione il futuro.
© Riproduzione riservata