
Un giorno Regina King ha accesso il computer e ha visto una mail di Sean Penn. «Ho guardato il video incredula: "Sean? Davvero?". Mi proponeva di fare un cameo nel suo film, nel quale recitava anche sua figlia, Dylan. Due giorni in tutto sul set. Mi sono detta: "Se gli faccio questo favore, poi lui dovrà ricambiare"». Ride.
Il film è Flag Day, presentato in concorso a Cannes, nel quale l'attrice interpreta un'agente di polizia che appare in una scena iniziale per pochi minuti.
Non è questa, però, la ragione per cui Regina King è una delle celebrity più al centro dell’attenzione di questa edizione del Festival di Cannes.
Come ha ammesso lei stessa, King è diventata un personaggio rilevante a Hollywood alla soglia dei 50 anni, grazie soprattutto al suo lavoro di regista (La rivista Variety l'ha inserita nella lista dei dieci registi più promettenti da tenere d'occhio per il futuro).
Il suo ultimo film, Quella notte a Miami... (One Night in Miami...), che racconta l'incontro-scontro fra quattro personaggi leggendari come Muhammad Ali, Malcolm X, Sam Cooke e Jim Brown, è stato candidato a tre Oscar nel 2021.
Inoltre, Regina King, è nota per il suo impegno per la gender equality, una delle ragioni per cui è stata invitata a parlare all'evento organizzato da Kering, Women in Motion, dedicato all'empowerment femminile nel mondo del cinema e della Tv.
Che consigli darebbe alle ragazze che sognano di recitare, fare le registe?
«Non lasciate che le vostre paure vi blocchino. Per molti anni non ho avuto il coraggio di dire ad alta voce: "Voglio fare la regista". Anche se era come se, in un certo senso, mi stessi preparando a farlo. Sul set facevo un sacco di domande che non c'entravano con il mio ruolo. Per imparare. Quindi, un altro consiglio è: Se avete curiosità, chiedete. E ascoltate con attenzione le risposte. Spesso poniamo domande, ma non ci concentriamo su quello che ci viene risposto perché con la mente siamo già al quesito successivo. Infine, un errore che bisogna evitare è pensare: "Questo non lo chiedo perché suona stupido". Le uniche domande sciocche sono quelle che non facciamo».
È stato facile debuttare alla regia con Quella notte a Miami...?
«Lo è stato nel senso che avevo con me un team di persone, agenti, produttori, meravigliosi. Ma un'altra cosa che ho imparato negli anni è: non confrontare mai la tua esperienza con quelli degli altri. Per ognuno è diverso».
Quest'anno ha avuto l'onore di aprire la Notte degli Oscar. Ed è quasi inciampata sul palco…
«Me lo hanno comunicato il giorno prima. Non potevo crederci. Subito dopo, mi hanno mandato un messaggio con scritto: "Hai un buon paio di scarpe?". Ho pensato: "Ma che domanda è? Sono gli Oscar, ovvio che indosserò un bel vestito e un fantastico paio di scarpe". Una volta lì, ho capito che non era una domanda così senza senso».
Si parla spesso di Oscar e di Emmy troppo «bianchi» e troppo maschili. La sua opinione?
«Negli anni abbiamo visto tante volte registi bianchi raccontare storie di persone di colore. Mentre noi afro-americani non abbiamo avuto altrettanto di frequente l'opportunità di raccontarci. Ma quest'anno sono stata felicissima della vittoria di Nomadland, un film diretto da una donna non caucasica».
Qualche tempo fa ha definito la parità fra uomini e donne, a Hollywood un sogno. È cambiato qualcosa?
«Se guardiamo ai numeri, alle percentuali, si è fatta parecchia strada rispetto a 10, persino a 5 anni fa. Ma dobbiamo continuare a parlarne, perché alla parità vera non ci siamo ancora arrivate. E siccome, l'America esporta cinema in tutto il mondo, avere film raccontati da prospettive diverse è ancora più importante».
Ha fiducia nelle nuove generazioni?
«Assolutamente. Le ragazze, la bambine hanno una forza enorme. Oggi se parli di "cose da femmina e da maschio" a una bambina non capisce. Sono convinte di poter fare qualunque cosa».
Continuerà a fare l'attrice oltre che la regista?
«Sì, non intendo rinunciare a recitare. Anche perché guadagno di più a fare l'attrice! La parità di compensi per uomini e donne, a Hollywood, non è ancora stata raggiunta. Anche se l'impegno è lo stesso, le donne molte volte guadagnano meno. E questo, nonostante, quelle stesse registe e attrici spesso siano anche madri e, quindi, tra famiglia e carriera, lavorano più dei loro colleghi maschi»
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