Ottavia Salvati, giovane surfista romana in un "mare" di soli uomini
Diciannove anni, romana. Anche e soprattutto per lo sport che ha scelto, il surf, di Ottavia Salvati si può tranquillamente dire che è una che ama andare “controcorrente”.
Giovane donna in un paese come il nostro - dove questa disciplina è ancora poco praticata dalle ragazze - Ottavia non si è mai lasciata scoraggiare dal fatto di trovarsi spesso in minoranza tra le onde (“capitava nelle uscite in mare che fossi io, sola, in un ‘mare’ di uomini!”).
E anzi si è sempre guadagnata il rispetto dei suoi compagni di squadra che quasi la temevano per la tenacia e la determinazione.
Tante le rinunce e i sacrifici per potersi allenare e competere ad alti livelli: sveglie all’alba, studio di notte, la muta sempre pronta in macchina.
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Come è scattata la passione per il surf?
Tutto è iniziato per gioco a Fregene (località balneare a circa 40 chilometri da Roma, ndr) dove c’era un bagnino che faceva lezione ai bambini. È stata mia mamma, Emerenziana, a incoraggiarmi.
All’epoca avevo dieci anni e - dove prima c’era qualche tavola sgangherata ma tanta voglia di trasmettere questa passione alle nuove generazioni - oggi c’è una scuola di surf che riunisce tantissimi appassionati e che, a dispetto del nome, è finalmente diventata realtà: il Sogno del Surf.
In Italia forse è uno sport ancora poco diffuso perché non abbiamo le onde della California.
In realtà lungo il litorale romano si surfa bene, lo spot più famoso è il Banzai a Santa Marinella ma ce ne sono anche di ottimi in Versilia (su tutti Viareggio e Forte dei Marmi) e in Liguria vicino Levanto. In Europa i paesi migliori dove praticare questa disciplina sono Spagna, soprattutto il nord, Portogallo e Francia.
Perché una ragazza giovane, piuttosto che andarsi a divertire con le amiche, dovrebbe invece svegliarsi all’alba e passare ore e ore in acqua, anche al freddo e sotto la pioggia?
Perché le sensazioni che ti regala questo sport non te le può dare nessuna altra cosa.
Io quando sono su quella tavola mi sento come in un’altra dimensione, distaccata dalla vita reale.
Niente mi trasmette queste emozioni. E infatti l’estate dopo che ho iniziato a surfare ho detto ai miei “Basta tennis, basta distrazioni, voglio dedicarmi solo al surf”. I miei genitori non hanno esitato un attimo a supportarmi.
Spiega in due parole a chi non ci capisce nulla di surf… insomma che ci si fa con questa tavola?
Sono due i principali filoni. Con la shortboard fai tricks e manovre rapide e scattanti, con la longboard invece surfi in maniera più stilosa, direi quasi elegante. Io sono più brava nella prima.
Oggi non sei più agonista ma in passato hai fatto parte della Nazionale. A che gare hai partecipato?
Ho iniziato che avevo undici anni dopo essermi iscritta alla FISW (Federazione italiana sci nautico e wakeboard): ho preso subito parte ai Campionati Italiani e poi per due volte sono andata ai Mondiali.
La prima volta avevo quattordici anni e la seconda diciassette.
Immagino che grazie al surf tu abbia visto posti magnifici in giro per il mondo.
Sì. È uno sport in cui hai la fortuna di viaggiare in luoghi meravigliosi, anche se le trasferte (con i relativi costi, spesso molto alti) sono praticamente tutte a carico dell’atleta. Per i Mondiali sono stata alle Azzorre e in California, in entrambi i casi sono stata via due settimane.
E con la scuola come facevi? Forse giusto il prof di geografia poteva apprezzare.
Devo dire che sono stata molto fortunata. Ho frequentato un liceo impegnativo come il classico ma ho sempre avuto ottimi voti (soprattutto in italiano e latino) e i miei insegnanti non hanno mai assunto con me un atteggiamento ostile nonostante capitasse di mancare tanto.
La giornata tipo di una liceale agonista di surf?
L’allenamento in questo sport si basa tutto sulle condizioni meteo marine.
Tante volte è capitato che alle due, dopo scuola, chiamassi di corsa mamma per farmi accompagnare a Fregene perché c’erano delle onde imperdibili.
E quindi lei, anche tutti i giorni, correva a prenderti mollando di colpo i suoi impegni?
Sì, per anni è stato così. È successo anche mille volte che il weekend la buttassi giù dal letto per portarmi al mare perché le condizioni erano ottimali.
Tornando alla scuola come facevi a conciliare tutto?
Dopo che mamma mi portava a Fregene, surfavo fino alle sette di sera e poi prima di cena mi mettevo sui libri oppure all’alba del giorno dopo. Era sicuramente molto faticoso per tutti e di questo le sono riconoscente.
Qual è stata la rinuncia che ti è più pesata?
In generale mi sentivo in difficoltà con le amiche perché loro mi proponevano delle uscite, anche molto divertenti, e io dovevo quasi sempre dire di no. Avevo paura di sembrare noiosa o di essere fuori luogo, mi sentivo profondamente a disagio anche se loro lo capivano che lo facevo per una cosa che mi rendeva felice.
Sei una ragazza molto tosta, c’è stato un momento in cui hai capito che stavi arrivando al limite?
Sì, stavo per mollare tra il III° e IV° liceo: non riuscivo a fare tutto, bene come volevo io. Però non ho gettato la spugna anzi mi sono riorganizzata pur di non rinunciare a surfare andando però bene a scuola.
Seguivi diete o piani di allenamento particolari?
Ho sempre voluto vivere serenamente il rapporto con questo sport senza forzature. Non ho mai seguito una dieta e alla palestra ho sempre preferito l’allenamento in acqua.
Quante ore ti allenavi?
Premesso che è sempre tutto in base alle onde, direi minimo due ore fino a un massimo di sei. Spesso mangiavo un panino al volo e mi ributtavo subito in acqua. Tante volte è capitato che mi alzassi alle cinque del mattino per poter studiare e surfare.
Come mai hai mollato le gare per continuare solo a livello amatoriale?
Ho lasciato l’agonismo dopo i Mondiali del 2019 perché ero ormai fuori categoria under 18 e non mi sentivo pronta per una carriera a livello internazionale.
Anche se ho sognato, e sperato, di poter arrivare un giorno alle Olimpiadi dopo l’annuncio che il surf ne sarebbe entrato a far parte (il debutto sarà proprio a Tokyo 2020, ndr).
Oggi Ottavia chi è e a cosa si dedica.
Sono una studentessa di economia all’università Luiss, ma soprattutto patentata e automunita per la gioia di mamma! Finalmente sono autonoma per andare ad allenarmi, anche se oggi all’uscita serale non rinuncio più.
Durante il lockdown hai dovuto appendere la tavola al chiodo immagino.
Sì sono stata molto rispettosa delle regole. Anche se avrei preso di corsa la macchina per andare, anche da sola. Quando c’è la passione giusto il Covid ti può fermare.
Oggi si può dire che il surf sia uno sport un po’ più femminile?
Ad altissimi livelli ancora prevalgono gli uomini, per l’Italia sarà Leonardo Fioravanti l’unico rappresentante a Tokyo 2020 però oggi nei campionati juniores ci sono sempre più ragazze.
Secondo me le donne vivono ancora con un po’ di disagio il fatto di essere in minoranza. Praticamente era la regola che io fossi l’unica donna in mezzo a orde di maschi.
Io però non mi sono mai sentita in difficoltà e anzi loro mi hanno sempre incoraggiato. Addirittura mi chiamavano la “cattiva” del gruppo.
Bel caratterino ci vuole però.
Più che altro sacrifico e adattamento. Se dimostri di possederli vedi poi come ti apprezzano: sai quante volte è successo di cambiarmi in macchina, al freddo, sotto la pioggia, nel fango.
Può considerarsi uno sport pericoloso?
Alle Azzorre nel 2016 ho avuto una brutta caduta: mi sono sentita sballottolata ovunque e ho anche sbattuto la testa sulla sabbia.
Ho provato come una sensazione di soffocamento, non ti rendi conto di quanto tempo stai sotto.
A volte ho pensato “Oggi mi sa che non riesco a risalire”. Comunque brutti infortuni mai, al massimo qualche taglio dopo un urto contro gli scogli.
E agli squali ci hai mai pensato?
L’unica volta in cui ho avuto paura è stato in California: ho visto un’ombra che si muoveva. Alla fine era solo una foca, molto curiosa. In Italia e in Europa mai avuta ansia.
Tra cinque anni dove ti vedi?
Nella vita non so ancora bene che fare, di sicuro finirò l’università. Mi piace la moda, non so se il surf sarà la mia strada lavorativa. Intanto penso a questa estate.
Scommetto vacanza di surf.
Indovinato! Vorrei andare in Francia con la mia migliore amica Matilde. Anche lei ovviamente surfista.
Crediti fotografici: Gerardo Gaetani D'Aragona
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