L’attore Giorgio Lupano è sul palcoscenico con un’attrice non udente. «Dalla quale ho imparato», dice, «a guardare gli altri per quello che sono, e non per i loro limiti»
Giorgio Lupano, 47 anni, torinese, elegante e riservato, una vita tra palcoscenico e schermo, piccolo e grande, è quel tipo di uomo in grado di raccontare senza alcuna vanità Figli di un Dio minore, lo spettacolo teatrale con il quale è in tournée da oltre un anno in tutta Italia. La storia è quella di James, logopedista, protagonista di una grande storia d’amore con la sua allieva sordomuta Sara.
È vero che interpreta un ruolo rimasto nel cassetto per anni?
«Sì, incredibile. E solo perché il regista, Marco Marcolini, non trovava un attore disposto a farlo».
Ammetterà che è un ruolo impegnativo. Ha studiato molto il linguaggio dei segni?
«Per un anno e mezzo. E per sette mesi ho partecipato a ogni genere di laboratorio, prima ancora delle prove. Ci sono state notti durante le quali mi svegliavo di colpo, e stavo parlando con le mani».
Ora quindi lo sa parlare?
«In realtà no: riesco a farmi capire, ma io non lo leggo del tutto. È davvero complesso».
Divide il palco con Rita Mazza, un’attrice non udente. Come è stato lavorare insieme?
«Mi ha insegnato che chiamando qualcuno “non udente” lo definiamo per quello che non può fare, e non per quello che è. Basta un attimo per scardinare le proprie convinzioni, bisogna solo riuscire a cambiare prospettiva».
Qual è la sua convinzione scardinata?
«La paura degli altri: li temiamo solo perché non li conosciamo».
FIGLI DI UN DIO MINORE, DAL 31 GENNAIO
AL TEATRO ERBA DI TORINO, POI IN TOURNÉE.
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