Moda uomo: scelte di primavera
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I temi più caldi della bella stagione che verrà. Una primavera-estate 2012 ricca di spunti e indicazioni di stile. Da seguirsi con disinvoltura e qualche auspicabile licenza poetica
I temi più caldi della bella stagione che verrà. Una primavera-estate 2012 ricca di spunti e indicazioni di stile. Da seguirsi con disinvoltura e qualche auspicabile licenza poetica
Quanto è bello affrancarsi dalla schiavitù del trendy di passaggio. La strada maestra per riuscirci è indicata dallo spirito dell'epoca. Ibridazioni e rimescolio dei linguaggi, oggi più che mai, lasciano carta bianca all'inventiva del maschio contemporaneo. Vanitoso quanto basta, ma pur sempre consapevole del troppo che stroppia. Benvenute dunque le associazioni libere ma scaltre, originali eppure mai sguaiate. Con l'unico imperativo sempre valido: divertirsi! Non farlo in estate, del resto, sarebbe peccato capitale.
Il rosso e il nero. Anche se non avete letto Stendhal, tenete a mente il binomio. È un'accoppiata di carattere, grafica e seducente. Non c'è bisogno di strafare. Bastano il guizzo di una camicia, un paio di pantaloncini a righe, la giubba striata di vermiglio sull'intellettualissimo total black. Effetto assicurato.
Pop-bimbo. Macchinine, mongolfiere e scalmanati pupazzetti. Voglia pazza di stampe che neanche sul pigiamino d'infanzia uno oserebbe. Ma l'uomo dall'attitudine bislacca e rilassata invece sì. Con buona pace del fanciullino che sempre gli si annida nel cuore.
L'impallinato. Sono finiti i tempi in cui il pois, con rarefatta discrezione, punteggiava la vestaglia dell'elegantone in ozio. Ora occhieggia, ipertrofico, sulle camicie e sulla fodera della giacca. E non sembra niente male.
Bomber boom. Lo usavano gli aviatori prima, i rapper poi. Oggi lo usano tutti, perché il giubbotto non ti tradisce mai. Corto che sia, in jersey o suede, è una garanzia di sportività. Ovvero l'antidoto supremo alla mise troppo leccata.
Messico. Dagli Appennini alle Ande vale la stessa regola: del poncho non si butta nulla. In primis le stampe, che migrano su felpe e maglie. Quindi le nappe, ciondolante contorno ad insoliti calzoncini. L'etno-chic 2.0 è servito.
Chiodo scaccia chiodo. Sta al jeans e alla maglietta come il cacio sui maccheroni. E fa subito bel tenebroso. Al posto della pelle, però, funzionano anche il cotone e la felpa. Ben venga allora piazzarlo sui pantaloni di taglio svelto, abbinandoci magari una quadrettatura vichy. È una mossa da mille punti.
Qualcosa di blu. Non di solo grigio vive l'uomo. Né tantomeno del soporifero blu-che-non-guasta-in-ufficio. La secolare cromoclastia cede sotto i colpi di sciabordate vitaminiche, elettriche ed elettrizzanti. In vetta alla classifica: cobalto e turchese.
Passaggio in India. Una bella seta jacquard evoca presto l'immaginario orientale. Ma la linea divisoria tra l'esotica raffinatezza e la pacchianata memorabile è sottile come un capello. Sui pantaloni che scivolano come una vestaglia meglio allora una ruvida maglia. E l'equilibrio è ristabilito.
Surfisti. Purché vi siano barba e piercing. Purché il fisico sia nerboruto e guizzante. Se un simile corollario vi si addice, giocate pure a fare gli omaccioni da spiaggia californiana. Senza nessuna remora per i lanceolati fiori di sterlizia. Sì, proprio di sterlizia.
Relax sartoriale. Doppiopetto mon amour. Col vezzo di indossarlo slacciato. È una deliberata deroga alla prescrizione di tenerlo chiuso, si capisce. Innocuo atto di rivolta che scampa chiunque dalla nomea di damerino rampante, tutto sigaro, pochette e niente arrosto.
Tra le dune. D'estate il trip da safari urbano è duro a morire. Gran sfoggio di sahariane e colorini stinti dal sole. Con qualche godurioso tocco di lurex è la novità di stagione.
Tutti in riga. In passerella se ne sono viste di ogni spessore. Dal gessato grosso un po' tamarro all'irrinunciabile tocco marinaro. Noi si indulge con piacere a certi riferimenti impiegatizi, grigio grisaglia e azzurrino, col millerighe della camicia che occhieggia su completo, giacca e pantaloncini.
Parata militare. Il piglio soldatesco piace sempre perché la divisa sa di maschio. Aggiungici però una spruzzatina di technicolor, col mimetico che vira verso il bluette e qualche pizzico di fucsia, e l'austerità marziale fa finalmente a farsi benedire.
Denim. Specie quello della giubba di jeans, che è come il prezzemolo. Da usarsi e abusarsi come già accade da qualche stagione.
Rock it. Lucentezze satinate, fiorellini policromi, righe circensi. Lo zazzeruto sbruffoncello riesumato dai primi anni '70 londinesi miete ancora vittime. Senza rinunciare a pantaloni a sigaretta e jeans strizza-tutto.
Grafico è bello. Mettere nero su bianco significa chiarire le proprie idee, e non solo. È soprattutto un'operazione estetica primaria e ineludibile. C'è della purezza ascetica, ma talvolta non manca del ludico. Bianco e nero come strisce di fumetto.
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