Fotogallery Cambiaghi: stile di famiglia
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Dal trisnonno Giuseppe fino a Matteo. Storia di Cambiaghi e dei suoi cappelli di lusso. Ma anche le borse non scherzano mica...
Dal trisnonno Giuseppe fino a Matteo. Storia di Cambiaghi e dei suoi cappelli di lusso. Ma anche le borse non scherzano mica...
Sogno di un garzone che si mette in proprio e nel 1880 fonda un cappellificio. In pochi anni l'azienda monzese di Giuseppe Cambiaghi valica i confini nazionali e si conferma nome di spicco nella manifattura del cappello pregiato. Una capacità produttiva che all'inizio del secolo scorso si attesta sugli otto milioni di pezzi e che impiega millecinquecento persone. «Se c'è qualcosa che mi colpisce nella figura del mio trisavolo è la sua lungimiranza. Il suo senso degli affari precorreva i tempi e lo rendeva assolutamente moderno. Basti pensare all'energia profusa nella pubblicità e nella partecipazione ai Grands Prix dell'epoca». Con orgoglio è Matteo Perego di Cremnago, nipote di quarta generazione, a mostrarci i ritagli di quotidiani russi e venezuelani del 1926. Nella parete attigua un quadro con lo stabilimento. L'appartamento di Giuseppe sorgeva in mezzo ai capannoni e gli operai gli si rivolgevano con un "sciur Pepp" di gratitudine. Perché il loro padrone era brillante nella conduzione dell'industria, ma soprattutto sensibile ai loro diritti. Erano previste attività ricreative di villeggiatura, una casa di riposo per gli anziani, adirittura un bonus speciale per le donne in gravidanza.
La seconda guerra mondiale congela i successi dei Cambiaghi. Molti lavoratori sono caduti in battaglia e la stessa fama del cappello come accessorio indispensabile si appanna progressivamente. La passione di quel sogno resta per circa sessant'anni nei faldoni d'archivio e arriva a Matteo nella forma di una suggestiva epopea di famiglia. Sua l'idea di ricominciare, riannodando i fili della memoria e valorizzando l'artigianalità autentica: «Il mio mastro artigiano è di Monza e custodisce i segreti di lavorazione di una volta». E anche se il cliente del cappello è oggi molto diverso da quello di un tempo, le proposte offrono il massimo in termini di materiali e rifiniture. Una fodera in seta, la fascia interna del marocchino in vera pelle, il lapin più raffinato lo rendono un oggetto di lusso. Per la donna il tocco contemporaneo si apprezza nelle colorazioni più vivaci ed estrose, per l'uomo i modelli si classificano in base alla destinazione d'uso; da quello per la montagna a quello più cittadino, fino alle forme destrutturate che si ripiegano come un berretto e stanno comodamente in tasca. «C'è poi la chicca del cappello con specchietto interno. Riedizione di un modello studiato nel 1926 per il re del Congo, evidentemente piuttosto narciso». Senza tralasciare il panama, intrecciato abilmente con paglia bianca di palma secondo la tradizione ecuadoriana.
Poi, le borse. Vera novità che completa l'offerta di accessori a firma Cambiaghi. Le migliori concerie italiane forniscono la materia prima per modelli che dichiarano il gusto del fatto a mano in ogni dettaglio: le singole cuciture sul fondo e sul riporto, la fodera in nappa, il marchio a fuoco che identifica ogni pezzo. Il disegno è pulito, il volume solido ma femminile, la tarsia dei materiali preziosi come camoscio e lucertola un capolavoro di equilibrio ed eleganza, le cromie dalle più neutre del cuoio e del panna al ciliegia, al verdone, al senape e blu regale. Non mancano soluzioni unisex, come la borsa da viaggio 36 ore, la shopper squadrata e i portadocumenti con inserto in cavallino. «Il principio di partenza è stato di concepirle con un design senza tempo, che non segua per forza la moda di stagione e che anzi si arricchisca di fascino vissuto. Cambiaghi celebra lo stile personale». E si vede.
© Riproduzione riservata
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