#PronoviasFashionShow: una sfilata da sogno per tornare a dire "Sì, lo voglio" in grande stile!
Si chiama "Versailles" la collezione di abiti di sposa 2023 di uno dei marchi più amati del settore, Pronovias. Un nome che richiama tutto il fasto, l'opulenza e la ricchezza di un periodo storico in cui la moda è stata status sociale, certamente, ma anche espressione di creatività, libertà e fascino.
Quella magia rivive negli splendidi abiti che hanno sfilato al termine della Bridal Fashion Week di Barcellona, la scorsa settimana, in uno show che catapultato tutti gli ospiti nell'atmosfera dorata di qualche anno fa, prima che il Covid cambiasse drasticamente il volto di sfilate ed eventi.
Abiti da favola, veri capolavori di alta moda, nati dalle mani esperte di sarte premiére, che hanno dato vita a vestiti con dettagli unici e preziosissimi: pizzi e ricami a profusione, applicazioni e tulle, un'ode alla bellezza, alla voglia di tornare a vivere e celebrare un momento tra i più importanti, quello del matrimonio.
Tessuti scintillanti e luminosi che rieccheggiano la ricchezza della Galleria degli specchi della Reggia del Re Sole, maniche a campana dal mood romatico (che si possono rimuovere per cambiare look), volumi ampi e principeschi o "sirene" seducenti, drappeggi classicheggianti, strascichi degni di una regina, insomma, una festa per gli occhi e per il cuore, quasi un tuffo in una pellicola "in costume" come "Marie Antoinette" che però guarda con attenzione e consapevolezza alla contemporaneità e ai gusti e sogni delle spose di oggi.
A chiudere lo show, in grande stile, la super top spagnola Esther Cañadas con un modello a sirena in pizzo e dei lunghi inserti e dettagli in tulle a fare da "strascico".
Tra il pubblico celeb spagnole, influencer (c'erano anche le italiane Ludovica Bizzaglia, Ludovica Ragazzo e Ginevra Mavilla accanto all'attrice Isabella Ferrari con la figlia Teresa Osti) hanno assistito a un evento magico all'interno della Fiera di Barcellona.
Uno show "mozzafiato che ci ha fatto sognare e che ha regalato tanta bellezza", come ha detto Amandine Ohayon, CEO di Pronovias Group ringraziando Alessandra Rinaudo, da settembre 2019, Chief Artistic Director del brand.
Abbiamo colto l'occasione per scambiare due chiacchiere proprio con Alessandra Rinaudo che quei sogni li conosce e dà loro corpo da anni.
Sei Chief Artistic Director del Pronovias Group da settembre 2019. Come sono stati questi primi due anni e mezzo alla guida di uno dei gruppi bridal più grandi del settore?
Sono stati due anni molto intensi, a settembre 2019 ho preso in mano la direzione delle collezioni del gruppo e poco dopo è scoppiato uno dei momenti più challenging della storia recente, la pandemia, a inizi 2020.
Una sfida per tutti noi che ci ha imposto nuovi modi di vivere e lavorare, ma posso dire che è stata un'esperienza, professionalmente parlando, molto interessante. In questi due anni sono cresciuta molto nella visione globale del mondo bridal, nel design soprattutto, aprendo la mia visione al panorama internazionale, grazie al team di persone che lavorano con me e che mi ha fatto comprendere le diverse esigenze delle clienti in ogni parte del mondo. Ho portato un mio modo di lavorare e creare l'abito che l'azienda ha accolto con entusiasmo. Già dai tempi di Nicole Spose sapevo che non si tratta solo di creare un abito ma anche saperlo poi raccontare con la comunicazione, a tutta la "catena" di coloro che poi incontrano le spose, ovvero le venditrici. C'è ancora tanto da lavorare e migliorare ma non posso che essere soddisfatta.
Come ha "impattato" la pandemia sul vostro lavoro?
Durante la primissima fase e il primo lockdown ho vissuto la situazione un po' come tutti, con shock. Ma non mi sono fermata o arresa. Dietro le quinte non abbiamo mai smesso di lavorare alle collezioni, perché sentivo il peso della responsabilità delle persone che dipendevano lavorativamente da me. Abbiamo trovato nuovi metodi per andare avanti, per procedere nella produzione, dalla scelta dei tessuti, alle spedizioni, senza perdere di vista la qualità. Al tempo stesso cercavo di essere vicina alle spose, comunicando con loro quello che stava succedendo, anche dopo con le varie restrizioni, e le prime riaperture nel maggio 2020.
Abbiamo comunque imparato tanto, la tecnologia è stata essenziale e ora quegli strumenti sono il nostro presente e il futuro per noi.
La collezione Versailles che ha sfilato a Barcellona è una celebrazione assoluta di bellezza, un ritorno trionfale alle cerimonie, composta da 47 abiti, una collezione molto ricca. Quali sono i focus più importanti al quale avete lavorato?
La collezione racconta la voglia di avere un abito spettacolare, unico, volevo il meglio della qualità in tutto: materiali, costruzione del vestito, immagine. Ha un grande significato, è frutto di una nuova consapevolezza, del matrimonio voluto fortemente e celebrato finalmente alla grande.
Atelier Pronovias simboleggia la bellezza, l'attenzione al dettaglio come espressione di grandezza, quel periodo del resto è stato la "culla" della haute couture, con creazioni esclusivi che raccontavano lo status di chi le indossava. Lo show che abbiamo creato rende omaggio anche alla storia del marchio, vuole raccontare cosa c'è dietro, la nostra mission, la volontà di creare un prodotto bello, elegante e innovativo. Abbiamo tanti progetti in progress in questo periodo, è un momento sicuramente entusiasmante.
A proposito di progetti, ci racconti qualcosa?
Sono davvero molti al momento! C'è Second Life, che accoglie il tema, importantissimo, della sostenibilità: l'abito da sposa idealmente è percepito come un qualcosa che si usa una volta sola; invece noi abbiamo pensato di creare una selezione di modelli che, dopo il matrimonio, possono essere modificati dalle nostre sarte per vivere una nuova vita.
Stiamo implementando l'uso di tessuti ecologici e metteremo a disposizione stock di tessuti su una piattaforma a favore di studenti e scuole che necessitano di materiali.
C'è il tema dell'inclusività - su cui siamo da sempre molto attenti ma su cui bisogna fare ancora molto - vogliamo dare volto e corpo alle diverse bellezze che rappresentino tutte le donne in giro per il mondo. Abbiamo aderito all'extended size, ovvero non abbiamo una divisone tra "regular" e curvy o non conforme, ma lavoriamo con un tabella taglie unica per tutti i fisici, con gli opportuni sviluppi sulla costruzione dell'abito, e anche una migliore declinazione del "nude" per venire incontro all'incarnato di tutte.
E poi abbiamo Unconventional, una collezione composta da modelli diversi, con pantaloni giacca, abiti plissé, un'immagine non tradizionale che accoglie una nuova mentalità e un nuovo modo di vivere questo momento.
Insomma cerchiamo di essere un brand innovativo e attento a tutto quello che è il mondo oggi.
Per anni sei stata la mente e il cuore del Nicole Fashion Group, alla cui guida oggi c'è tua figlia Nicole. Com'è vostro il rapporto lavorativo?
Io provengo da una famiglia che ha sempre lavorato nel settore e, per attitudine, il lavoro fa parte di noi a 360 gradi, quindi per me è naturale parlarne spesso con Nicole. Come Direttore creativo ovviamente seguo da vicino il brand (Nicole Milano fa parte del gruppo Pronovias ndR), come faccio con tutte le collezioni, ma mantengo sempre il giusto rispetto per le diverse opinioni di ciascuno. Al di là di questo è una passione forte che abbiamo in comune e che entra, comunque, nelle nostre vite e nei nostri discorsi costantemente ma serenamente.
Sei stata tra le prime designer a portare il mondo bridal in tv (nel 2014, con la trasmissione "La stilista delle spose su Real Time), saresti disposta a tornare a un progetto televisivo?
All'epoca l'idea di partecipare fu molto naturale e spontanea, era una novità, oggi quel formato mi sembra sia stato affrontato e raccontato in tutti i modi possibili. Comunicare è importante, certo, la tv e i social sono fondamentali per narrare le collezioni e veicolare la comunicazione e l'immagine di un brand. Al momento ho delle priorità di tempo e lavoro e farei fatica a seguire un progetto del genere. Ma chissà, magari un domani...
Penso che tutto quello che sia comunicazione e informazione sia importante, basta che sia trasmesso sempre con verità, sincerità e soprattutto qualità.
Ultima domanda e chiudiamo con una curiosità... Ma com'era il suo abito da sposa?
Era molto classico, quando mi sono sposata ero molto giovane, avevo 22 anni, ma essendo cresciuta in una famiglia che aveva atelier e laboratori di sartoria avevo le idee abbastanza chiare. Era un modello con una scollatura omerale, il corpetto in pizzo, gonna ampia e strascico lungo. Ma il ricordo più bello è legato a mia nonna che con mia mamma ha lavorato sul vestito e l'hanno reso davvero unico, speciale. Ed è la stessa esperienza che auguro a tutte le mie spose. Se dovessi dare un consiglio direi: non cercate la perfezione a tutti i costi, in un particolare o un dettaglio, sono importanti, certamente, ma godetevi quel momento, magari accanto alle persone che amate e vi amano, vivete la preparazione, le prove, le emozioni che arrivano con esse perché è un qualcosa davvero di speciale e irripetibile.
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