Sydney Sweeney e American Eagle: perché tutti ne stanno parlando?

Doveva essere una semplice pubblicità e invece ha sollevato un polverone... Ecco cosa dovreste sapere sulla campagna (e sulla polemica) più chiacchierata del momento!
Da giorni sulla stampa e in Rete non si parla di altro, impossibile non imbattersi in quello che sta diventando un vero e proprio caso politico e culturale.
Protagonisti l’attrice Sydney Sweeney, nel cast dell’acclamata serie tv “Euphoria” e American Eagle, brand americano produttore di abbigliamento e jeans di cui Sweeney è il volto per la campagna della collezione denim 2025. Campagna che ha inaspettatamente sollevato un polverone, tra polemiche, accuse di sessismo ed eugenetica
Se vi state chiedendo cos’è successo, ecco un breve resoconto dell’affaire della campagna di American Eagle.
Sydney Sweeney per American Eagle: la campagna e il gioco di parole
Partiamo da principio: la campagna è totalmente incentrata sull’appeal sensuale di Sweeney: tra pose in stile Y2K, jeans a vita bassa e t-shirt e camicie aderenti, l’estetica dei video è chiara: evocare la nostalgia dei primi anni Duemila. Ma non è stato il denim ad attirare l’attenzione mediatica. A scatenare la polemica è stato soprattutto una frase e un gioco di parole apparentemente innocuo.
Nella versione video della campagna, si dice infatti “Sydney Sweeney has great jeans” ovvero "Sydney ha degli ottimi jeans", ma l’assonanza fonetica della parola "jeans" in lingua inglese ricorda il termine “genes” ovvero geni.
Questo dettaglio ha evocato, per alcuni, un immaginario ben preciso e neanche troppo lontano alla “white supremacy” molto amata dalla propaganda filo trumpiana: Sweeney infatti è una donna bianca, bionda, con occhi azzurri, magra ma con le curve al punto giusto (decisamente esibite nella pubblicità a favor di pubblico maschile).
L'effetto sui social e l'intervento di Trump
Sui social, com'era prevedibile, il dibattito si è acceso rapidamente: alcuni utenti hanno definito la campagna “involontariamente inquietante”, altri hanno parlato apertamente di “supremazia bianca in chiave pop”. A rafforzare la percezione che ci fosse qualcosa di più profondo (e problematico) dietro lo slogan, è intervenuto anche Donald Trump. Il Presidente ha elogiato pubblicamente la pubblicità, definendola “la più sexy dell’anno”, sottolineando quanto Sydney rappresenti “una bellezza americana classica” e non perdendo l'occasione di far notare che l'attrice risulta iscritta alle liste del Partito Repubblicano dall'anno scorso.
Non è un caso che proprio Trump abbia utilizzato più volte in passato espressioni come “buoni geni” in riferimento a tratti fisici o culturali, rievocando in alcuni casi la cosiddetta "racehorse theory" — la teoria secondo cui il patrimonio genetico determinerebbe il valore delle persone, come nei cavalli da corsa.
Le parole di Trump hanno avuto un effetto polarizzante. Alcuni media hanno sottolineato come il suo supporto abbia legato ancora di più la campagna a un immaginario conservatore ed escludente, mentre altri l’hanno visto come un’ulteriore prova della politicizzazione di qualsiasi contenuto popolare.
Persino la Casa Bianca è intervenuta, accusando la reazione social di essere “la prova del perché la gente ha votato Trump”.

In mezzo a tutto questo, Sydney Sweeney ha scelto il silenzio. Nessuna dichiarazione ufficiale, nessuna presa di posizione: l’attrice ha continuato a pubblicare alcuni scatti della campagna sul proprio profilo Instagram, senza entrare nel merito delle polemiche. Una scelta che ha diviso: c’è chi la vede come una strategia per evitare di alimentare lo scontro, e chi invece si aspettava da lei una presa di posizione più chiara, specie su un tema così delicato.
L'azienda American Eagle, dal canto suo, ha risposto con un comunicato semplice e diretto: “È sempre stata una campagna sui jeans. I suoi jeans. La sua storia.” Un tentativo di spegnere le polemiche e riportare il focus sulla moda. Ma ormai il dibattito era già esploso.
La campagna e le accuse sessiste
Ma la questione linguistica non è certo l’unica cosa problematica: la campagna è stata criticata anche per le immagini giudicate troppo sessualizzate. In una delle immagini più discusse, Sydney Sweeney indossa un micro top bianco — senza reggiseno — piegata sul cofano di una fiammante automobile Mustang bianca. Alcune utenti hanno parlato di un ritorno all’estetica iper-sessualizzata degli anni Duemila, un caso emblematico di campagna indirizzata al “male gaze”, senza nessuna reale rielaborazione critica.
Una cosa è certa, il caso Sydney Sweeney x American Eagle dimostra ancora una volta quanto la moda, oggi, non possa più permettersi di essere solo estetica: ogni immagine, ogni parola, ogni riferimento culturale viene immediatamente decifrato, interpretato, contestato. In un’epoca in cui tutto comunica — anche una battuta su un paio di jeans — ignorare il contesto può rivelarsi un errore di strategia.
Per alcuni, questo "scivolone" (inconsapevole o meno) ha però dimostrato che, tutto sommato, ogni pubblicità, anche cattiva, è buona pubblicità: infatti le azioni di American Eagle, brand che fino all'anno scorso non navigava in buone acque, hanno segnato in una settimana un bel + 12 % ...
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