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Moda

Il Piccolo Principe: la collezione di Bea

Il Piccolo Principe: la collezione di Bea

foto di Gabriele Verratti Gabriele Verratti — 4 Dicembre 2012

Fotogallery Il Piccolo Principe: la collezione di Bea

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Bea Bernardini colleziona il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry in tutte le lingue del mondo. Senza tralasciare neppure il dialetto piemontese. O il latino...

Bea Bernardini colleziona il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry in tutte le lingue del mondo. Senza tralasciare neppure il dialetto piemontese. O il latino...

Tra le sei lingue che parla Bea Bernardini c'è il francese. «Ho iniziato a impararlo alle medie e il mio libro di esercizi particolare era una versione scolastica del Piccolo Principe. Di quelli dove sottolinei i verbi con l'evidenziatore e scrivi a matita i significati delle parole più ostiche». Da allora la passione per il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, superato in vendite solo dalla Bibbia, si è trasformata in una raccolta molto curiosa. «Ho avuto un colpo di fulmine per la storia, una trama semplice che però solleva interrogativi di vita mica da ridere. Ormai posso ben dire di conoscerla a memoria». Non trascurabile, poi, l'ossessione della poliglotta per le lingue straniere. «La seconda copia viene dall'Inghilterra, ero lì per i classici corsi di studio che si fanno durante le vacanze. Apro il Piccolo Principe e l'occhio mi cade sulla frase della volpe più citata in assoluto: "Non si vede che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi". Non ci ho pensato due volte a comprarlo».

Nel tempo la collezione si è arricchita di chicche assolute, tra cui una versione in latino ed una in dialetto piemontese. «La regola aurea su cui non transigo è che i volumi siano acquistati nel luogo dove effettivamente si parla quella lingua, sarebbe troppo facile recuperarli su internet». Ognuno dunque è un piccolo souvenir di viaggio, con tanto di dedica. «La faccio scrivere a chi mi accompagna per conservarne il ricordo. Oppure a chi mando in avascoperta al mio posto. Come i miei genitori, che si sono messi alla ricerca di una copia in nepalese a Kathmandu». Altra particolarità sono le versioni in russo e cinese. «A differenza della stragrande maggioranza dei casi, corredate dalle illustrazioni dell'autore, queste hanno disegni differenti e francamente bruttini. Non c'è paragone con quelle originali». L'acquisto più rocambolesco? «A Tunisi, stavo quasi per darmi per vinta. Poi, in aeroporto, afferro una copia e sulle prime la lascio lì perché vedo tutto scritto in francese. Per fortuna mio cugino è stato più sveglio e mi ha fatto notare che la versione in lingua locale iniziava a fine libro. Perché ovviamente l'arabo si scrive in senso contrario. Bella storia, no?».

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