Abbiamo già avuto modo di incontrare e chiacchierare con Thais Montessori Brandao, stylist freelance nata e cresciuta a Milano. In questa nuova intervista ci racconta il suo punto di vista sul mondo social con qualche riflessione anche sul sistema moda italiano.
Ci racconti chi sei e cosa fai nella vita?
Dopo i social di parole (Facebook), foto (Instagram), video (TikTok) e ora anche voce (Clubhouse), quale sarà il prossimo social secondo te?
Non ne ho la più pallida idea, guardo con curiosità e stupore la velocità con la quale nuove idee di social network prendono vita e come le nuove generazioni le accolgono e ne comprendono la semiotica e il linguaggio rapidamente e mi domando come sia possibile - e per quanto tempo ancora - riusciremo a creare novità così instancabilmente.
Abbiamo visto negli ultimi anni proteste prendere voce e potere grazie ai social: sarà sempre di più così? I social possono avere davvero un ruolo nel definire la storia?
I social sicuramente possono definire la storia in relazione ai rapporti sociali, rafforzare e ramificare la comunicazione mentre paradossalmente accorciano e creano distanza tra le persone. Oltre a definire la storia direi che sono una potente macchina per raccontarla.
Thais Montessori Brandão
...
I social hanno, in molti casi, contribuito a modificare la percezione della nostra immagine, a volte in positivo (la body positivity e la sua diffusione), altre in negativo (l'ambire a stereotipi finti o comunque "filtrati"). Tu che ne pensi?
In entrambi i casi ciò che accomuna questo fenomeno percettivo dei corpi (mostrati sui social) entra sempre nella logica dell’approvazione da parte dell’altro o del bisogno di conferme dall’altro, da chi ci guarda, ci giudica, ci ammira, ci segue. Quindi penso che i social usati saggiamente possano veicolare concetti positivi, permettere alle persone di organizzarsi, di creare riferimenti ispiratori per alcuni e detestabili per altri ma dall’altra parte credo che siano minati in partenza dal bisogno costante di un feedback. Il passo importante sarebbe riuscire a capire che non abbiamo sempre bisogno di una costante conferma da parte dell’altro. Un passo difficilissimo da compiere anche per me.

Quali step dovrebbe fare il sistema moda italiano per essere davvero inclusivo oggi?
Sicuramente estendere il concetto di body positivity anche al mondo maschile. In passerella vedo sempre le solite tre modelle curvy, ma perché l’uomo è escluso da questo processo di cambiamento? Per quanto riguarda l’inclusione di professionisti appartenenti a minoranze nel sistema moda siamo ancora molto indietro. Innanzitutto in Italia avremmo bisogno almeno di tre cambi generazionali per parlare ad una società variegata, mista, radicalmente multiculturale e in più credo che le scuole di moda (quasi tutte private e molto costose) dovrebbero dedicare delle borse di studio a supporto delle seconde generazioni. Perché spesso i figli di immigrati hanno alle spalle famiglie che non hanno le possibilità economiche per permettersi una scuola di moda. Agire alla base del problema per creare una generazione il più possibile sfaccettata di professionisti nel campo sarebbe un buon inizio. E far uscire finalmente questa tanto dibattuta #diversity dagli hashtag e renderla reale.
La moda negli ultimi anni è stata letteralmente travolta e pervasa dai social: l'hanno resa di sicuro più aperta e democratica. Come te la immagini nel futuro?
Non riesco a immaginare come sarà ma posso solo sperare in una filiera con meno sprechi, e spero anche che la volontà espressa da diverse maison di rallentare la corsa del sistema produttivo post Covid sia reale.
© Riproduzione riservata