Project The Skin, raccontiamo le donne e la loro pelle: ogni cicatrice è una storia
Succede quasi ogni giorno di incontrare virtualmente progetti e persone che cercano di raccontare storie di bellezza che ne ridefiniscono i canoni, Alexandra mi ha scritto su Instagram per raccontarmi del suo. Mi ha colpita subito la sua grazia particolare nel mostrare cicatrici e corpi che hanno sofferto dando loro uno spazio visibile ma sicuro, con una determinazione mutuata dall'esperienza personale e che cattura per la delicatezza.
Come ti è venuta l’idea di Project the Skin?
Ho la dermatite atopica da quando sono nata, è una malattia infiammatoria, ricorrente e cronica della pelle. Le mie braccia erano coperte di chiazze rosse, brutte e pruriginose. Per tutta la mia adolescenza mi sono vergognata moltissimo e d’estate portavo le magliette con le maniche lunghe. A 16 anni sono stata contattata per delle prove fotografiche in un’agenzia di moda. In bikini. Un incubo per me ma sono riuscita a superare la paura e sono andata. Non sono diventata una modella ma facendo provini su provini stavo affrontando le mie paure e i miei blocchi psicologici. Ho capito che ci si può liberare dal rifiuto delle proprie imperfezioni anche mostrandosi.
Alina
Perché hai scelto Instagram come media principale?
La notte del 19 marzo 2019 ho creato un account e avevo un’idea precisa su come farlo. Non sapevo ancora come e dove cercare le ragazze per le sessioni di foto. Non credevo fosse opportuno chiedere a sconosciute per strada: “Ciao, vedo una cicatrice, vorresti partecipare a un progetto fotografico?” quindi Instagram e il mondo digitale mi sono sembrati adatti.
Come sono state le reazioni e le risposte al tuo progetto?
Scrivevo ai centri di riabilitazione e ai centri di ustione chiedendo la possibilità di contattare pazienti interessate ma le risposte non arrivavano. Allora ho deciso di rivolgermi alle celebrity. Lavoro nel campo cinematografico, conosco molti attori e attrici russi famosi. Ho chiesto loro di condividere la mia richiesta e il risultato è stato che in pochi giorni ho ricevuto decine di mail. Cosi abbiamo cominciato la nostra strada.
Maria / Ph.: Zhenya Rukhlov
Dove pensi si stia dirigendo il mondo della bellezza?
Sto seguendo con ammirazione lo sviluppo dell’industria della bellezza. Se 15 anni fa non mi hanno permesso di partecipare alle sfilate di moda dato il mio problema di pelle, oggigiorno sto osservando modelle con il colore di pelle diverso, con una larga varietà di peso, con le smagliature, l’acne, transgender, non binary ed è straordinario. Questa nuova rappresentazione aiuta le persone a credere in se stesse, ad accettare il proprio corpo così com’è e a non rincorrere agli ideali irraggiungibili di Photoshop.
Come può essere ancora più inclusivo il mondo del beauty?
Dimostrando che la bellezza è poliedrica, che non importa che colore di pelle hai, il tuo peso, chi sei, che taglia di vestiti porti. La bellezza non dipende dai lineamenti esterni, la bellezza proviene da dentro che sembra la classica frase scontata ma trovo sia reale.
Elizaveta
Nella tua esperienza, cosa blocca le persone nell’operare un reale cambiamento?
Purtroppo siamo ancora sotto pressione sociale. C’è un termine psicologico: “La teoria del granchio nel secchio”. Un granchio sarebbe anche capace di uscire dal secchio ma quando prova a salire, gli altri suoi simili si aggrappano a lui e lo riportano indietro. Così il termine “Mentalità di granchio” si usa per descrivere una mentalità egoistica e miope, che è accordata con la convinzione che gli altri non possono avere quello che non ho nemmeno io. Credo che questo sia il problema fondamentale.
Essere inclusivi significa esserlo anche con le parole: quale altro significato possiamo dare alla parola bellezza?
Credo che noi abbiamo già fatto un passo in una nuova dimensione dove la parola “bellezza” non ha più il significato dell’immagine esterna. Per me la bellezza è la bellezza d’anima, la solidarietà, la misericordia, aiutare l'altro. La principessa Diana – che è la mia icona di bellezza - ritengo sia un mix perfetto.
Karina / Ph.: Vatalia Varshavskaya
Puoi raccontarci le storie delle donne fotografate?
Ogni storia è particolare, ogni storia racconta un vissuto di dolore e sofferenza e una lunga strada nel superarli. Ogni ragazza di cui ho parlato è la mia eroina e un esempio da seguire. La ragazza che ho più a cuore è Margo, 20 anni. All’età di 9 anni, a seguito di un incendio nella sua casa, Margo ha avuto ustioni sul 60% del corpo. Ha subito innumerevoli interventi, la morte clinica, più volte è andata in coma, 13 anestesie totali. C’era unico pezzo di pelle sana che è stato trapiantato sul volto e tutto questo quando aveva solo 9 anni. Un giorno Margo ha detto a se stessa: non voglio più vivere come un mostro rinchiuso ed è andata a scuola con una maglietta a maniche corte. Nel 2015 Margo ha smesso di fare operazioni. Non conosco una persona più coraggiosa e forte di questa giovane ragazza.
Maria ha donato un organo a una persona cara. L’intervento le ha lasciato per sempre una cicatrice sul suo ventre. Maria è un’insegnante di ginnastica artistica. Dopo aver partecipato al mio progetto ha trovato il coraggio di andare in palestra con un top cortissimo e raccontare orgogliosamente e apertamente la sua esperienza.
Maria / Ph.: Irina Vorotynseva
Natalya è una vittima di violenza domestica. Suo marito l’ha aggredita. Credo sia molto importante raccontare le storie di questo genere, purtroppo la violenza domestica è frequentissima.
Natalya / Ph.: Vitalia Varshavskaya
Come immagini l’industria del beauty tra cinque anni?
Spero che l’industria della bellezza avrà più attenzione sociale ovvero appoggiare sempre più persone con invalidità, parlare liberamente di transgender, di nazionalità diverse, di taglie di vestiti a prescindere dal peso. Che noi, finalmente, distruggeremo gli stereotipi che ci hanno inculcato da anni, che “Heroin chic” e la bellezza anoressica rimangano negli anni '90, che in primo piano ci sia la salute fisica e mentale e spero che il mio progetto sarà d’aiuto nel raggiungere questi obiettivi
E come immagini te stessa?
Il mio progetto sta aiutando anche me. Sono diventata più sicura, adesso so che esistono persone che pensano come me, che condividono le mie idee. Spero che cresceremo insieme, che ispireremo e romperemo gli stereotipi. Il mio compito più importante è dimostrare che tutto ciò è possibile. Voglio credere che sarà così.
Alexandra Yakovchuk founder Project The Skin / Ph.: Vitalia Varshavskaya
#onmyvanitytable series created by Daniela Losini
Artwork Cover: Simona Rottondi
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