Loreena McKennitt torna a casa con il nuovo album The Road Back Home
C’è qualcosa di ancestrale e archetipico nelle melodie celtiche, un suono universale che unisce le persone e fa sì che si possano riconoscere tra loro e ritrovare la propria strada verso una casa vera o metaforica.
Lo sa bene Loreena McKennitt, cantante e polistrumentista canadese che ha fatto della ricerca e dello studio della musica e delle radici celtiche la sua vita e la sua carriera e che ha deciso proprio di chiamare il suo ultimo album (uscito l’8 marzo per la sua etichetta Quinland Road) 'The Road Back Home', letteralmente 'la strada verso casa' (dove back va a sottolineare l’atto del ritorno), registrato live durante quattro concerti in diversi festival folk nel sud dell’Ontario.
Foto John Fearnall
«Casa non è solo l’edificio dove si torna per dormire e mangiare, è un posto intessuto di rituali e abitudini che spesso coinvolgono altre persone. Per me è stato facile pensare a Manitoba (provincia canadese - ndr) dove tutto è iniziato. Alla fine degli anni 70 facevo parte di un club folk a Winnipeg dove mi esibivo e c’erano musicisti di origine scozzese e irlandese e c’era uno scambio continuo di idee e di musica. È un ritorno anche a un certo tipo di repertorio musicale, un guardare indietro a tutti i viaggi che ho fatto prima di poter davvero tornare a casa», ci dice la cantante che abbiamo intervistato durante le prove del nuovo tour vicino a Düsseldorf.
«Quando ho visto la copertina dell’album ho pensato che fosse proprio la rappresentazione concreta di questo viaggio mentale. Come se dopo un lungo peregrinare sulle montagne tornassi finalmente in questo piccolo folk club attorniato da un insieme di casette abitate da gente che conosci e musica che ami».
La cover dell'album The Road Back Home
McKennitt ci svela che questo album è nato quasi per caso, quando dovendo rinunciare al tour estivo come conseguenza del Covid e avendo l’estate libera ha deciso di mettere assieme una band di musicisti locali, la band di musica celtica chiamata The Bookends, creando assieme a loro un set di un’ora da suonare in diversi festival folk che spesso l’avevano invitata negli anni passati e pensando di registrare i vari concerti per i loro archivi. Tutte queste decisioni, apparentemente improvvisate, hanno portato alla creazione di un vero e proprio album live.
«C’è una certa vulnerabilità quando suoni live perché davanti a te ci sono tante persone, non sai se farai un errore e non puoi immaginare veramente mai cosa succederà. Ma c’è anche questo continuo scambio di elettricità tra te e il pubblico, una chimica psicologica completamente diversa rispetto a quello che succede quando sei in studio da solo e registri meticolosamente canzone dopo canzone. Lì manca la componente viscerale che hai dalle registrazioni dal vivo e credo che questo tipo di musica sia da associare proprio alla dimensione sociale dei live, in particolare ai festival di musica folk. Quando nell’album senti le persone applaudire ti sembra quasi di essere presente al concerto e questa era la sensazione che volevo catturare».
Molte canzoni che si trovano in The Road Back Home appartengono al passato, ad esempio Mary & The Soldier e Si Bheag, Si Mhor ai primi anni 80 quando l’artista suonava per strada al St Laurence Market di Toronto. Altre registrazioni, soprattutto quelle strumentali, agli anni 70, sono pezzi inediti per il pubblico di McKennitt, ma facevano parte di quella scena. Bonny Portmore, celebre brano incluso in The Visit del 1991, è più recente perché risale al 1990 quando McKennitt lo ‘incontrò’ in un negozio di libri di seconda mano a Montréal, ma essendo un pezzo tradizionale la sua matrice è la stessa dei pezzi contenuti nell’album e così ha trovato il suo posto tra le 10 canzoni scelte.
Foto John Fearnall
La connessione che c’è tra McKennitt e le sue canzoni è molto forte e riesce a restare viva anche dopo tanti anni. «Scelgo con attenzione quali canzoni includere nei miei album anche se non riesco a scegliere un album che preferisco. Mi sembra incredibile come riesca ancora a sentire molto vicino a me le canzoni di The Visit anche se sono passati più di 30 anni». Questo album farà infatti parte dell’Anniversary Tour per le date programmate in Italia, due a marzo, mentre a luglio ci saranno ben cinque date per i 30 anni di The Mask And The Mirror.
«Sono molto legata all’Italia. Deve essere bellissimo vivere in un paese così ricco di qualità. Non vedo davvero l’ora di tornare, il pubblico è sempre molto accogliente, è facile trovare una connessione con voi».
La connessione di cui parla McKennitt è la stessa che sentono milioni di persone nel mondo (più di 14 milioni di album venduti) che ascoltano la sua musica pur non essendo esperti di storia o di musica celtica e viene naturale chiederle come mai secondo lei si senta un’appartenenza quasi spirituale e immediata a qualcosa di più grande quando si ascolta la sua opera.
«Credo che prima di tutto ci sia qualcosa di contagioso nella musica celtica, la stessa forza che ha attirato anche me negli anni 70 in quel piccolo club folk a Winnipeg. Durante tutta la mia carriera sono stata influenzata da queste melodie irlandesi e in particolare da quelle scozzesi, che hanno una certa intensità e sono da un certo punto di vista irresistibili.
Il secondo ingrediente è l’insieme degli arrangiamenti, le diverse combinazioni di strumenti come le cornamuse e le percussioni orientali unite alla chitarra elettrica e al violoncello. Tutto il contrario di un arrangiamento convenzionale. Infine credo che la mia voce abbia la capacità di cantare in modo molto trasparente, come se qualunque tipo di interferenza mortale venisse cancellata così che qualcosa di più potente può connettere te e l’ascoltatore. È un legame temporaneo, ma molto forte. In più avendo studiato musica classica e essendo circondata da musicisti dalla tecnica sopraffina, possiamo dire che pur suonando quella che viene detta “world music” o musica folk, portiamo con noi un fortissimo approccio classico negli arrangiamenti, che è molto dinamico, a volte molto fragile e poi molto intenso in altri momenti. Ecco credo che questo insieme di elementi ci renda diversi».
Foto Richard-Haughton
Prima di salutarci vorremmo rubare qualche idea di look a McKennitt, affascinati dai lunghi abiti di velluto che è solita indossare quando suona, ma ridendo ci confessa che ora non ha più molto tempo da dedicare alla moda visto che tanto della sua giornata è dedicato alla gestione della sua etichetta e del suo brand artistico. «Non ho un manager e gestisco tutto in prima persona, per cui la mia vita è meno glam di quella di molti artisti anche se la moda mi piace, vorrei potermi dedicare anche a questo lato del lavoro, ma non ho davvero tempo!».
Lorena McKennitt sarà in concerto il 20 marzo al Gran Teatro Morato di Brescia e il 21 marzo al Gran Teatro Geox di Padova.
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