Vitamina D: a cosa serve la "vitamina del sole" e come integrarla in inverno

La vitamina D è strettamente collegata alla vita all’aria aperta perché la sua produzione è stimolata a livello della pelle dall’esposizione alla luce solare.
Quindi durante l'inverno, in cui le giornate durano di meno e in linea di massima si passa meno tempo all'aperto, è bene integrarla attraverso l'alimentazione.
Ecco perché è importante farlo e quali alimenti mangiare per riuscirci.
A cosa serve la Vitamina D e quali alimenti ne sono ricchi
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A cosa serve la vitamina D
La vitamina D è conosciuta anche come “vitamina del sole” perché la sua produzione è stimolata dall’esposizione alla luce solare ed è fondamentale per salute e benessere.
Favorisce l’assorbimento a livello intestinale e renale del calcio, minerale essenziale per la salute delle ossa e dei denti.
Regola la crescita delle cellule, aiuta a regolare la funzione dei muscoli, consente il buon funzionamento del sistema nervoso e il mantenimento delle funzioni cerebrali e del buon umore.
Favorisce anche il funzionamento del sistema immunitario.
Quando si ha carenza
Il livello di vitamina D cala soprattutto se l’esposizione alla luce naturale risulta carente.
Se si trascorre la maggior parte della giornata in ambienti chiusi, dalla casa all’ufficio, utilizzando prevalentemente la luce artificiale, la sua produzione ne risentirà.
Anche le creme solari che proteggono dai raggi ultravioletti riducono la produzione della vitamina D, così come l’inquinamento ambientale, le carenze alimentari, l’età avanzata, l’obesità e le malattie che causano un assorbimento intestinale ridotto.
Cosa succede quando la vitamina D è poca
La carenza di vitamina D ha conseguenze importanti che possono rivelarsi anche molto gravi.
Dal rachitismo in età infantile che comporta deformazioni ossee fino ai denti più deboli e maggiormente colpiti dalle carie.
E anche la psiche: livelli bassi di vitamina D sono spesso correlati a episodi di depressione perché questa sostanza stimola la produzione di serotonina, l'ormone del buon umore.
Se non è possibile esporsi al sole è importante cercare di integrarla con l’alimentazione.
I cibi che ne sono più ricchi sono alcuni tipi di pesce come l’aringa, le sardine e il salmone, l’olio di fegato di merluzzo, il tonno, le ostriche, i funghi e le uova.
Tuttavia anche con una dieta che include questi alimenti è possibile che il livello di vitamina D non sia sufficiente dunque il consiglio è quello di prendere comunque un po’ di sole, basta anche solo un’oretta al giorno.
In quali alimenti si trova la Vitamina D
Salmone
Il salmone è un’ottima fonte della vitamina del sole.
100 grammi di salmone contengono in media tra i 250 e i 988 IU di vitamina D.
Un contenuto maggiore di questa sostanza si trova nei salmoni selvatici, più ricchi di nutrienti rispetto a quelli da allevamento.
Il salmone selvatico contiene circa 988 IU di vitamina D per 100 g mentre quello d'allevamento ne contiene in media 250 UI.
Aringhe
L'aringa è un pesce ricchissimo di vitamina D.
Fresca, fornisce 1.628 IU per una porzione di 100 grammi, ossia quattro volte il fabbisogno giornaliero.
Anche le aringhe in salamoia sono una buona fonte, fornendo 680 IU 100 grammi, però i cibi in salamoia contengono inevitabilmente anche una quantità elevata di sodio, nemico della salute se consumato in eccesso.
Altri tipi di pesci grassi idonei sono l’halibut, lo sgombro, le sardine (sempre della famiglia delle aringhe).
Olio di fegato di merluzzo
L’olio di fegato di merluzzo è un integratore che permette di assorbire sostanze nutrienti difficili da ottenere da altri alimenti diversi dal pesce.
In un cucchiaino di olio di fegato di merluzzo sono contenuti 450 IU di vitamina D.
Contiene anche molti acidi grassi omega-3 e vitamina A, rivelandosi un vero elisir di benessere.
Tonno in scatola
Il tonno in scatola contiene ne fino a 236 IU in una porzione di 100 grammi, pari a più della metà del fabbisogno giornaliero. Inoltre si rivela una buona fonte di niacina e di vitamina K.
Sarebbe bene però consumarne al massimo 180 g a settimana per evitare di accumulare metil-mercurio, una tossina presente in molti tipi di pesce che può causare gravi problemi all’organismo.
Ostriche
Le ostriche sono il mollusco che ne è più ricco.
Una porzione di 100 grammi di ostriche contiene poche calorie (68) e 320 IU di vitamina D. E non solo: anche vitamina b12, rame e zinco, più presenti nelle ostriche che nei multivitaminici.
Gamberi
I gamberi sono crostacei con un contenuto di grassi basso e una buona quantità di vitamina D.
Ne contengono infatti circa 152 IU per porzione. Oltre alla vitamina D, non mancano i benefici acidi grassi omega-3.
Contengono anche circa 152 mg di colesterolo per porzione, il che non è poco. Tuttavia si tratta di colesterolo dietetico che non ha effetti particolari sui livelli di colesterolo nel sangue.
Tuorli d’uovo
Le uova sono un alimento ricco e molto nutriente.
La maggior parte delle proteine si trova nell’albume mentre i grassi, le vitamine e i minerali si trovano principalmente nel tuorlo.
Un tuorlo di uova di polli allevati a terra e nutriti con mangime arricchito di vitamina D ha livelli altissimi di questa vitamina, fino a 6.000 IU in un solo tuorlo.
Funghi
L’unica fonte vegetale di vitamina D sono i funghi. Questi sono in grado di sintetizzare la vitamina grazie all’esposizione alla luce solare, esattamente come accade agli esseri umani.
Però è bene ricordare che i funghi producono vitamina D2 a differenza degli animali che producono vitamina D3, molto più efficace.
Alcune varietà di funghi selvatici contengono fino a 2.300 IU per 100 grammi.
I funghi coltivati spesso vengono trattati al buio, quindi ne contengono poca. Alcuni però vengono coltivati con l’ausilio di irradiazioni di luce UV e possono quindi contenere da 130 a 450 IU di vitamina D2 per 100 grammi.
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In cerca di ricette sfiziose per Natale (e non solo)? Idee e miti da sfatare sul Cotechino Modena IGP

Non è Capodanno senza il Cotechino con le lenticchie, un abbinamento tradizionale che, se mangiato alla mezzanotte, si dice porti fortuna e prosperità per l'anno nuovo.
Ma allora perché concederselo solo durante le Feste? Il Cotechino Modena IGP è un ottimo prodotto italiano che si presta perfettamente anche a ricette gourmet, da servire non solo durante la stagione fredda, soprattutto perché meno calorico di quanto si pensi.
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Ogni anno, arriva puntuale il momento di scegliere il menu per il pranzo di Natale e il cenone di Capodanno. L’usanza (ma anche l’indubitabile bontà e gusto) vuole che il Cotechino sia sempre e comunque presente a tavola e, per abitudine, siamo soliti proporlo con i classici abbinamenti lenticchie e purea di patate.
Ma per stupire parenti e amici sappiate che ci sono ricette raffinate e innovative che combinano insieme tradizione e modernità.
Proprio il Consorzio di tutela Zampone e Cotechino Modena IGP – che oggi conta 13 aziende, tra i principali produttori dei due prodotti insigniti dell’ambito riconoscimento “Indicazione Geografica Protetta” – ha deciso di lanciare una sfida ai consueti luoghi comuni.
E così, grazie al coinvolgimento dello chef Luca Marchini del ristorante stellato L’erba del Re di Modena, sono venuti fuori piatti insoliti e originali come il Cotechino croccante accompagnato con zabaione semi salato, cipolle all’aceto balsamico di Modena ed emulsione oppure la Pasta all’uovo con un ragù di Zampone, fondo bruno e cioccolato fondente.
Ricette che fanno venire l’acquolina ancora prima di sentire il profumino che sprigionano in pentola e – ottima notizia! – contrariamente ai pregiudizi, si possono gustare senza grandi sensi di colpa. Sì perché il Cotechino ha meno calorie di quanto si pensi: un etto corrisponde a circa 250 calorie, un apporto inferiore a quello di un piatto di pasta scondita ed equivalente a quello di una mozzarella.
Altro mito da sfatare: il colesterolo è presente in quantità simili a quello contenuto nel pollo o nella spigola e comunque inferiori a quelle presenti in tanti alimenti che consumiamo abitualmente come le uova, frutti di mare o formaggio grana.
Questo prodotto dalla lunga storia e tradizione – una miscela di carni suine ottenute dalla muscolatura striata, grasso suino, cotenna, sale e pepe intero e/o a pezzi – rispetto al passato, ha visto ridursi il contenuto di grassi e sodio e oggi è in linea con i suggerimenti della moderna scienza nutrizionale.
Lo dicono gli esperti, e in particolare le recenti analisi dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (ex INRAN ora CREA NUT): il Cotechino non solo ha un elevato contenuto di proteine nobili e un moderato contenuto di grassi (perché persi in parte con la cottura) ma anche più grassi insaturi rispetto a quelli saturi ed è ricco di vitamine del gruppo B e di minerali, soprattutto ferro e zinco.
Si tratta poi di un prodotto costantemente controllato proprio perché tutelato da un Consorzio, ormai attivo da oltre 20 anni, che ne garantisce la produzione nel territorio previsto dal disciplinare (Modena, Ferrara, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena, Bologna, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Cremona, Lodi, Pavia, Milano, Varese, Como, Lecco, Bergamo, Brescia, Mantova, Verona e Rovigo), secondo l’originale e tradizionale ricetta (determinati ingredienti, proporzioni e spezie) e rispettando precise caratteristiche qualitative (colore, sapore e soprattutto un contenuto minimo di proteine e massimo di grassi).
E poi, ultimo ma non per importanza, da considerare la velocità di preparazione di questo piatto. Quanto quella di un piatto di pasta, tra ebollizione e cottura: proprio così. Grazie al packaging in alluminio della versione precotta, che richiede una cottura in acqua bollente, ci vogliono solo 20 minuti. Quindi, cos’altro aspettare? Se già state sognando un bel piatto di Cotechino fumante, il conto alla rovescia è già partito e da questo momento avrete meno di un quarto d’ora per sbizzarrivi!
Se volete cimentarvi in ricette alternative con il Cotechino Modena IGP – un prodotto la cui origine risale addirittura al Cinquecento – potete consultare la sezione ricette del sito web del Consorzio con un’ampia serie di proposte che vanno dal brunch all’aperitivo.
Pubblicazione finanziata con la Legge Regionale dell’Emilia-Romagna n. 16/95
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