Dimmi dove ti ha portato al primo appuntamento e ti dirò che uomo è

Lea Seydoux;Daniel CraigLea Seydoux;Daniel Craig

Si può capire molto dell’uomo con cui si sta per uscire dal luogo che sceglie per il vostro primo appuntamento: provare per credere

Il primo appuntamento può dire molto dell'uomo che ve lo propone anche prima di incontrarlo.

Già, perché dove e quando vi incontrerete è un tassello che vi aiuterà a tracciare i contorni della personalità del vostro date.

Fare di tutta l’erba un fascio sarebbe sbagliato (e imperdonabile!), ma è altrettanto vero che alcune ricorrenze nella scelta del posto sono rivelatrici del carattere e delle intenzioni degli uomini.

Come capire che uomo è in base al primo appuntamento che vi propone

anteprima dieta colazione

Primo appuntamento per colazione in un bar

Si tratta di una scelta inusuale, ma più comune di quanto si pensi, e prima di andare al lavoro, al mattino presto, vi ritroverete a trangugiare un cappuccino e una brioche davanti a colui con cui vi siete scambiate innumerevoli sms nelle settimane precedenti.

I sostenitori di questo tipo di appuntamento tendono a nascondere una confusione di fondo: può la colazione definirsi un «appuntamento» con tutti i sacri crismi?

Nella loro testa (e probabilmente anche nella vostra) la risposta è no, ed è rivelatrice di un’iniziale reticenza all’impegno.

Fatevi una maschera decongestionante per eliminare le borse sotto agli occhi, applicate dosi generose di blush e non rinunciate comunque a un primo caffè appena sveglie: se la partita si presenta difficile, dovete mettere in campo lo schieramento migliore che avete.

Carrie Bradshaw pranzo

Primo appuntamento a pranzo

Meno faticoso della colazione, ma ugualmente bizzarro, anche il pranzo è il classico «finto primo appuntamento», proposto in genere da uomini che amano andare sul sicuro e non lanciarsi in proposte azzardate che potrebbero indurvi a volare troppo con la fantasia.

Il fatto di avvenire infra-settimanalmente vi darà a disposizione una sola ora, quella della pausa, per studiare il vostro date e cogliere eventuali segnali criptati.

Cercate di non incentrare tutta la conversazione sulla giornata lavorativa in corso, raccontategli di voi, di ciò che amate fare nel tempo libero e, se è davvero interessato, vedrete che troverà un aggancio per proporvi una seconda uscita.

Magari dopo le sei del pomeriggio.

All’aperitivo

L’uomo che propone di «prendere un aperitivo» come primo appuntamento è – di fatto – un possibilista.

Perché l’aperitivo in sé pone la palla al centro e apre un’infinità di bivi: si tramuterà in una cena dopo un paio di drink?

Permetterà all’uomo in questione (e magari pure a voi) di svicolare elegantemente fingendo un’emergenza improvvisa? Evolverà in una colossale sbronza il cui finale verrà censurato negli anni a venire?

Non fasciatevi la testa prima del tempo, e concentratevi sull’unica certezza che vi è data: questo tipo di invito è come l’incipit di un libro, e il resto è tutto da scrivere. 

Carrie e Big cena

Primo appuntamento a cena

Rintocchi di campane, effetti sonori, sirene spiegate: qui si fa sul serio.

L’uomo che in prima battuta, come uscita inziale, vi porta fuori a cena è davvero interessato a voi.

Questo tipo di date infatti lo «blinda» al tavolo del ristorante, e – a meno che costui non sia un masochista – si tratta di un impegno che nessuno prenderebbe con una persona nei confronti della quale non prova un minimo sindacale di attrazione.

Certo, saranno poi le chiacchiere a decretare l’esito della serata, ma sicuramente avete di fronte a voi un tipo abbastanza sicuro di sé, che magari ha navigato un bel po’ nel mare magnum degli appuntamenti, e ora sa benissimo cosa vuole e come fare a prenderselo.

Di questi tempi, una sorta di manna dal cielo: schiacciatevi un bel cinque alto allo specchio, e correte a studiare l’outfit migliore che potete sfoderare.

Per un drink post-cena

Semaforo arancione per l’invito più anni ’80 che possiate ricevere. O state per uscire con uno yuppie (o presunto tale) in carriera, oppure con un uomo che ama andare al sodo.

E soprattutto ama non perdersi in chiacchiere inutili e andarci in fretta.

È noto ai più che viviamo in un’epoca in cui il tempo è denaro e chi si ferma è perduto, ma forse non tutte apprezzano lo scatto da centometrista provetto.

La decisione sta solo a voi: nel caso in cui desideriate unirvi alla corsa, sono consigliabili lingerie d’effetto e ceretta preventiva d’ordinanza.

anteprima primo appuntamento cinema

Primo appuntamento al cinema

A meno che non stiate per uscire con un liceale o con un appassionato cinefilo, il primo appuntamento al cinema è un tantino inquietante.

Pensateci un attimo: perché mai un uomo dovrebbe inaugurare (quella che si spera essere) una serie di uscite con voi in un luogo dove vige l’impossibilità di chiacchierare?

Timidezza e scarsa fiducia nelle proprie possibilità sembrano le motivazioni più plausibili che orientano questa scelta: nel caso decideste di accettare, siate scaltre nelle ordinazioni al bar pre-spettacolo.

Da evitarsi popcorn e bibite gassate nel caso in cui il vostro datedecidesse di sacrificare la visione del film per qualcos’altro; meglio ripiegare su un the freddo e orsetti gommosi di semplice e veloce masticazione.

A un evento mondano

Se avete ricevuto un invito di questo genere, allora di certo il vostro date è un presenzialista nato incline al narcisismo, dato che innegabilmente ama mostrare le sue «prede» agli altri.

C’è di sicuro anche il lato positivo della faccenda, poiché l’uomo in questione a quanto pare non si ritrae di fronte all’eventualità di presentarvi ad amici e conoscenti, il che è già di per sé un passo importante per l’umanità.

Prendetela sportivamente: il vostro animo festaiolo a lungo tenuto a bada ne gioirà, così come quel vestito che da troppo tempo giace intonso nell’armadio… senza contare che, per la legge dei grandi numeri, potreste pure incontrare qualcuno di più interessante del vostro accompagnatore.

discoteca

A ballare in discoteca

Beh, sicuramente sarà stata la passione per il clubbing ad unirvi in prima battuta, e in tal caso allora tutto torna.

Se così non fosse, chiedetevi se quello che avete davanti non sia un kidult – o bambino nel corpo di un adulto, che dir si voglia – e decidete se vale comunque la pena tentare (chissà, magari poi potreste pure finire per divertirvi) o declinare l’offerta sin dall’inizio e attenderne una migliore.

Se scegliete la prima opzione, prestate molta attenzione al tipo di serata e di musica su cui andrà a parare, perché anche questi dettagli sono spesso rivelatori… e sperate soltanto che non sia compreso anche un eventuale after a seguire.

O per lo meno, sinceratevi che non sia un after danzereccio, almeno.

Perfetti Sconosciuti cena

Primo appuntamento a quattro, con un'altra coppia

Imbarazzo, tremendo imbarazzo. Quest’uomo è parente, se non intimo amico, del patito cinefilo, con la sola differenza che non ha bisogno di uno schermo per nascondere le proprie insicurezze, ma di una spalla… anzi, di quattro spalle.

Ora, se siete delle pr nate, con doti affabulatorie senza precedenti e poco inclini a sentirsi a disagio in situazioni un po’ bizzarre e atipiche, non avrete alcuna difficoltà ad accettare: bene o male che andrà, rimarrà un aneddoto divertente da raccontare alle vostre amiche.

In caso contrario declinate gentilmente fingendo un impegno precedente, nella speranza che costui nel frattempo assuma una dose extra di fiducia in se stesso. O che all’orizzonte si palesi un individuo più impavido.

Katia Smutniak coppia cucina

Primo appuntamento... a casa sua

Ehm… davvero dobbiamo dirvi noi cos’ha in mente un uomo che come primo appuntamento vi invita a casa sua?

Che sia per un aperitivo, una cena o un dopo cena poco conta: quello che avete di fronte è la versione maschile della classica «tigre del ribaltabile», per cui – nel caso in cui sia il vostro istinto romantico a prevalere – lasciate perdere.

Se invece desiderate comunque farvi un giro sulla giostra, prenotate un appuntamento anche con la vostra estetista, e non scordatevi di nascondere nella tasca interna della borsa un paio di precauzioni per evitare di essere colte impreparate.

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Se l’amore diventa routine cambiate questo (e non partner)

Quando l’amore entra nella routine quotidiana può sembrare spento, ma spesso è solo una fase: ecco come riconoscerla e affrontarla

Succede anche nelle relazioni più forti e stabili: le giornate scorrono tutte uguali, i messaggi diventano automatici, le cene si assomigliano una all'altra. Non siete infelici, ma nemmeno davvero entusiaste.
Non è che l’amore sia finito: è che è diventato routine.

Questo però non significa necessariamente che ci sia una crisi di coppia. A volte è solo un segnale: non di rottura, ma di immobilità. È il segnale che forse è arrivato il momento di cambiare qualcosa.

Non la persona accanto a voi, ma il modo in cui state insieme.

La routine in amore non è la fine (finché non diventa automatismo)

La routine, di per sé, non è un problema. Anzi. È ciò che rende una relazione sicura, affidabile, abitabile nel tempo. Sapere cosa aspettarsi dall’altro, condividere abitudini, sentirsi “a casa” è una base sana.

Il punto critico arriva quando tutto diventa automatico. Quando i gesti non sono più scelti ma ripetuti, quando le attenzioni esistono ma senza intenzione, quando le domande (anche le più banali tipo “com’è andata la giornata?”) vengono fatte senza ascoltare davvero la risposta.

È lì che la routine smette di essere contenitore e diventa inerzia. Non fa rumore, non crea scosse, ma spegne lentamente la curiosità. E senza curiosità, anche l’amore più solido rischia di appiattirsi.

Se vi sembra di essere in una situazione di stallo nella vostra relazione, allora i seguenti consigli vi aiuteranno a porre rimedio. 

**4 trucchi per ravvivare la vita di coppia e scongiurare la noia**

(Continua sotto la foto)

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Come riconoscere la routine in amore

Uno degli errori più comuni è confondere lo stallo emotivo con una crisi di coppia. In realtà, i segnali sono molto più sottili e quotidiani. Vi sentite più coinquiline che partner, parlate soprattutto di organizzazione e impegni, fate progetti perché “si è sempre fatto così”.

Magari non litigate quasi più. Ma non perché tutto vada bene: semplicemente perché non avete più voglia di affrontare certi discorsi. Le piccole cose iniziano a infastidirvi più del dovuto, mentre quelle belle non sorprendono più.

Non sono campanelli d’allarme da ignorare né red flag da drammatizzare. Sono segnali di immobilità emotiva, che indicano che la relazione ha bisogno di movimento, non di una fine.

Perché pensiamo che, senza passione, l’amore sia finito

Siamo cresciute con l’idea che l’amore debba essere sempre intenso e travolgente. Film, serie tv e social ci raccontano una versione dell’amore fatta di picchi continui, di scintille costanti, di storie che non conoscono pause.

La realtà è diversa. La passione non scompare, ma cambia forma. Non è più adrenalina pura, ma presenza, scelta e attenzione. Il problema nasce quando continuiamo a confrontare il presente con l’inizio della relazione, come se fosse l’unico parametro valido.

Così, invece di chiederci cosa possiamo nutrire oggi, restiamo bloccate a rimpiangere quello che eravamo. E perdiamo di vista quello che potremmo diventare.

**Come mantenere viva la passione nella coppia? 4 consigli salva-relazione**

La domanda giusta da farsi (insieme)

Quando l’amore sembra diventato routine, la domanda da farsi non è “lo amo ancora?”. Spesso, infatti, la risposta è sì. La domanda più utile allora è un’altra: stiamo crescendo insieme o stiamo solo andando avanti?

Cambiare qualcosa dentro una relazione non è un fallimento, bens' un atto di cura. Significa riconoscere che anche l’amore, come le persone, ha bisogno di essere aggiornato e ripensato.

Perché una relazione non si salva, ma si coltiva giorno dopo giorno. 

**Come capire se una relazione non è più giusta per voi**

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Cosa cambiare davvero (senza cambiare partner)

In queste situazioni, molto spesso, il modo in cui ci muoviamo dentro la relazione può aver bisogno di una revisione. Superare la routine non significa stravolgere tutto, ma rimettere intenzione dove si è inserito l’automatismo.

Il primo passo allora è smettere di dare per scontata la connessione. Parlare non solo di cosa va fatto, ma di come ci si sente davvero. Anche quando sembra scomodo, anche quando non c’è un problema evidente. Riportare conversazioni emotive nella quotidianità aiuta a uscire dalla modalità “gestione” e a tornare a quella di relazione.

Un altro punto chiave è interrompere, anche solo a tratti, i ruoli fissi che con il tempo si cristallizzano: chi organizza tutto, chi si adatta, chi tiene insieme, chi si defila. Rimettere in discussione queste dinamiche permette di vedersi di nuovo come individui, non solo come funzione all’interno della coppia.

Serve poi creare spazio per esperienze che non abbiano uno scopo pratico. Non per forza viaggi o grandi gesti, ma momenti non programmati, tempo di qualità passato insieme, occasioni in cui non c’è nulla da risolvere o decidere. La routine spesso nasce quando ogni momento è funzionale a qualcosa; l’intimità, invece, ha bisogno di gratuità.

Infine, è importante accettare che cambiare non significa tornare a com’eravate all’inizio. Quella fase non va replicata, ma superata.

Ogni relazione sana evolve, e attraversare momenti di piattezza è normale. La differenza la fa il modo in cui li si attraversa: con rassegnazione o con presenza.

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Ecco il motivo psicologico per cui restiamo in relazioni che non funzionano più

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Ci illudiamo di poter guarire amando chi ci ferisce. Ma spesso restare in relazioni sbagliate è solo un modo per provare, ancora una volta, ad aggiustare quello che non ha funzionato nel nostro passato

Ci sono relazioni che non funzionano da tempo, eppure restiamo.

Restiamo anche quando non siamo più felici, quando i silenzi fanno più rumore delle parole, quando ci sentiamo più soli dentro un abbraccio che fuori. Restiamo e intanto ci raccontiamo che è per amore, per i figli, per paura di ricominciare.

Ma spesso non è per nessuna di queste ragioni. Restiamo perché speriamo, inconsapevolmente, di aggiustare qualcosa che si è rotto molto tempo fa.

**Come capire se una relazione non vi rende felici (anche quando sembra funzionare)**

(Continua sotto la foto)

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Le dinamiche del passato condizionano le dinamiche del presente

Ognuno di noi porta nelle relazioni adulte le dinamiche che ha vissuto da bambino in famiglia; come è stato amato e come ha visto amarsi i propri genitori.

Si porta con sé le mancanze, gli sguardi che non ha ricevuto, l’amore condizionato — quello che dovevi meritarti con il comportamento giusto, la versione “buona” di te.

Così da adulti, senza rendercene conto, cerchiamo di riscrivere quella storia.Scegliamo persone che ci ricordano proprio chi non ci ha saputo amare, e proviamo, con loro, a ottenere finalmente ciò che non abbiamo avuto allora.

È come se l’inconscio dicesse: “Se questa volta ce la faccio, se riesco a farmi scegliere da qualcuno come lui o come lei, allora guarirò”.

E così restiamo.

Restiamo anche quando ci sentiamo invisibili, anche quando ogni discussione diventa una guerra fredda, anche quando il rispetto si è perso per strada. Restiamo perché se andassimo via, dovremmo guardare in faccia il fallimento del nostro tentativo di guarigione.

E allora preferiamo restare in un dolore conosciuto, piuttosto che affrontare un vuoto nuovo.

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Ma non si guarisce dove ci si è feriti. Restare nelle relazioni che non funzionano più sperando che diventino la cura è come cercare di medicare una ferita con ciò che l’ha provocata.

Il presente non aggiusta il passato: lo ripete.

E mentre cerchiamo di sistemare l’altro, finiamo per trascurare ancora noi stessi - come abbiamo imparato a fare da bambini, quando per sopravvivere bisognava essere “bravi”, adattarsi, capire tutto prima, anche il non detto.

La verità è che certe relazioni non si aggiustano perché non nascono per funzionare: nascono per insegnarci dove fa male. E quel dolore, una volta riconosciuto, non va negato o ignorato, ma attraversato.

Capire perché restiamo è il primo passo per smettere di restare. Non per diventare più forti o più cinici, ma per diventare più liberi.

Guarire, in fondo, non è riuscire a farsi amare da chi non può o non sa farlo. È smettere di cercare in un altro la prova del proprio valore. È restare dove l’amore non chiede di essere dimostrato, ma semplicemente vissuto.

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Come capire se una relazione non vi rende felici (anche quando sembra funzionare)

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Capire quando una relazione non fa più stare bene è difficile, soprattutto se non ci sono crisi evidenti: ecco i segnali più importanti da osservare

Può capitare che in una relazione non ci siano particolari problemi: non ci sono litigi, crisi evidenti o grandi drammi. Eppure, qualcosa non va.

È come se la vostra energia fosse spenta, come se la spontaneità avesse perso intensità e alcune parti di voi fossero rimaste indietro senza un motivo preciso. Succede più spesso di quanto si pensi: tutto sembra “a posto”, ma dentro si percepisce una sottile sensazione di blackout emotivo.

È una sensazione che molte persone vivono senza riuscire a darle un nome, perché “sulla carta” è tutto a posto: la relazione funziona, c’è affetto, c’è routine, c’è stabilità. Ma non sempre questo basta a far sentire vivi. 

Qui proviamo a raccontare proprio quella zona intermedia e difficile da definire, dove i segnali non sono immediatamente riconoscibili, ma parlano comunque di qualcosa che merita attenzione.

**“Se mi amassi davvero…”: 6 frasi per capire se lui vi sta manipolando**

(Continua sotto la foto)

terapia di coppia

Quando non succede nulla… ma non vi sentite più voi stesse

Le relazioni non diventano difficili solo quando scoppiano i conflitti. A volte la fatica arriva quando tutto procede in modo apparentemente tranquillo, ma voi avete la sensazione di non riconoscervi più.

È una forma di cambiamento lento, che si manifesta quando iniziate a fare meno cose che vi fanno brillare gli occhi, a parlare meno di ciò che amate, a chiudere un occhio un po’ più spesso per evitare discussioni inutili. Magari vi scoprite meno spontanee, più controllate, più attente a non disturbare che a condividere.

E mentre all’esterno tutto sembra “normale”, dentro qualcosa vi dice che la vostra energia emotiva non scorre più come prima. È quel tipo di stanchezza che non viene dalla giornata pesante o dalla mancanza di sonno, ma dal sentirvi un po’ più piccoli di come eravate. Una forma di adattamento che vi costa più di quanto vi restituisca.

I piccoli segnali che non sembrano segnali

Quando una relazione inizia a togliere più di quanto dà, di rado lo fa in modo evidente. Spesso tutto avviene in una serie di dettagli: piccole rinunce quotidiane che sembrano irrilevanti, ma che nel tempo costruiscono una distanza tra chi eravate e chi siete diventati.

Capita, ad esempio, di trovarsi a parlare meno dei propri sogni perché non si percepisce entusiasmo dall’altra parte. Oppure di sentire che ogni discussione potenziale va evitata, così da non introdurre tensioni che sembrano sempre troppo grandi per essere affrontate.

Con il passare dei mesi questa dinamica diventa quasi automatica. La voce si abbassa, i desideri si riducono, la spontaneità lascia spazio alla prudenza. Persino il corpo manda segnali: meno energia, meno iniziativa, meno voglia di condividere momenti che un tempo sarebbero stati fonte di piacere. E non perché la relazione sia “sbagliata”, ma perché la somma delle piccole cose può finire per erodere la vitalità emotiva più di quanto ci si accorga.

Quando ci si accorge che stanno cambiando i propri desideri

Il desiderio è uno dei primi elementi a risentire di una relazione che non nutre. E qui non si parla soltanto di desiderio sessuale, ma di quella forza interna che dà direzione alla vita: i piccoli progetti personali, le idee nuove, le scelte che fanno brillare gli occhi.

Se tutto questo sembra spento, se non si prova più entusiasmo per ciò che prima vi faceva saltare di gioia, forse è il momento di cercare di capire cosa sta succedendo.

A volte si tratta di un semplice periodo di stanchezza, ma altre volte ciò che si riduce non è la voglia di fare, ma la percezione di potersi permettere di esistere pienamente dentro la relazione. Quando i desideri si appiattiscono, quando i momenti di gioia diventano più rari, quando ci si sorprende a mettere in pausa parti importanti di sé “per il bene della coppia”, il punto non è trovare un colpevole, ma capire come recuperare spazio per la propria autenticità.

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È davvero la relazione… o è un momento della vita?

La domanda più difficile, e spesso anche la più importante. Non sempre una sensazione di “spegnimento” è legata al partner: lo stress del lavoro, la famiglia, la salute mentale, la fatica accumulata possono trasformare anche la relazione più sana in un luogo di minor energia. Vale la pena chiedersi se, al di fuori della vita di coppia, si prova la stessa sensazione.

Ciò che può aiutare a fare chiarezza è una domanda semplice ma rivelatrice: con questa persona ci sentiamo più noi stessi o meno noi stessi?

Perché le relazioni sane non cancellano i momenti difficili, ma li attraversano creando spazi di sostegno e non di ulteriore fatica. A volte parlarne con sincerità permette di aprire una porta nuova dentro la coppia; altre volte rivela che il malessere non ha a che fare con la storia ma con il periodo della vita.

Cosa fare se non vi riconoscete più

Accorgersi di essersi un po’ spenti non significa dover chiudere una relazione. Significa, piuttosto, prendersi cura di ciò che si prova, senza minimizzarlo.

Recuperare spazi solo per sé può essere un primo passo: un corso, un'amica da rivedere, un hobby messo in pausa, un po' di tempo di qualità con la propria interiorità. Condivisione e autonomia, nelle relazioni, crescono insieme.

Parlarne con il partner – con calma, senza accuse – può essere un momento prezioso: l’altro non può intuire ciò che non viene espresso. E se serve un confronto esterno, amici di fiducia o un percorso psicologico possono dare strumenti utili.

Qualunque sia il percorso successivo, una cosa resta vera: l’amore che fa bene è quello che permette di espandersi, non di rimpicciolirsi. È quello che accende, non quello che spegne. E nessuna relazione dovrebbe mai privare della possibilità di sentirsi pienamente vivi.

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“Se mi amassi davvero…”: 6 frasi per capire se lui vi sta manipolando

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Le frasi usate da un partner manipolatore possono sembrare banali, ma non lo sono: ecco le più comuni alla quale prestare attenzione

Non sempre chi manipola alza la voce. A volte, infatti, la manipolazione passa da frasi gentili, apparentemente affettuose, pronunciate con calma o con il sorriso. Frasi che sembrano normali, eppure lasciano dentro un senso di colpa sottile, la sensazione di essere sbagliate o troppo sensibili.

Un partner manipolatore non si riconosce sempre a prima vista. Lui stesso, a volte, non è nemmeno consapevole del fatto che vi sta manipolando.

Ma certe frasi, se ricorrenti, possono rivelare molto più di quel che sembrano. Spesso, infatti, non è l’intensità con cui vengono dette, ma la frequenza con cui vi fanno sentire sbagliate a fare la differenza.

E se vi fanno dubitare di voi stesse, se iniziate a giustificarle più che a sentirvi comprese… allora è tempo di fermarsi.

**Dieci comportamenti da non accettare mai in un fidanzato**

6 frasi che vi aiuteranno a riconoscere un partner manipolatore

(Continua sotto al foto) 

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“Ti stai inventando tutto”

È la frase classica del gaslighting: la tecnica più subdola di manipolazione emotiva. Il partner non nega un fatto con una spiegazione, ma nega direttamente la realtà che avete percepito. Vi siete sentite ignorate, sminuite, o ferite da un suo comportamento? "Non è successo", dice lui. "Te lo sei immaginato". Con il tempo, iniziate davvero a dubitare della vostra capacità di giudizio. Ecco perché è tra i segnali più pericolosi di un partner manipolatore.

“Se mi amassi davvero, non mi faresti questo”

Colpevolizzare è una delle tecniche più comuni nelle relazioni disfunzionali. In questa frase, i vostri bisogni diventano automaticamente un atto di egoismo. Se mettete un confine, se chiedete tempo per voi, se non acconsentite a qualcosa che lui desidera, ecco che scatta la trappola emotiva: siete voi le insensibili. Il risultato? Si innesca il senso di colpa, e iniziate a mettere da parte voi stesse pur di "non ferire" l’altro.

“Io sono fatto così, sei tu che devi accettarmi”

Sembra una dichiarazione onesta, ma è una scappatoia. Serve a evitare il cambiamento, a congelare le dinamiche. In una coppia sana, ci si viene incontro. Quando invece ogni discussione si chiude con un “devi adattarti tu”, c’è una chiusura al dialogo. Chi la usa spesso può rivelarsi un partner manipolatore che si sottrae a ogni responsabilità emotiva. Anche se ve lo dice con tono calmo.

“Tutte le mie ex erano pazze, solo tu sei diversa”

All’inizio sembra un complimento. Vi fa sentire speciali, scelte. Ma in realtà è l’inizio di un discorso già sentito: un racconto in cui tutte le ex sono state isteriche, problematiche, irrazionali. Questo tipo di frase crea due effetti: da un lato isola, perché vi spinge a prendere le distanze da chi c’era prima; dall’altro, vi mette sotto pressione. Perché se un giorno non sarete più “diverse” abbastanza, potreste diventare la prossima ex pazza.

“Ti dico queste cose solo perché ti amo”

Una critica mascherata da affetto. È la classica frase che arriva dopo commenti su come vi vestite, vi truccate, parlate, o vi comportate in pubblico. La manipolazione qui è sottile: si presenta come preoccupazione, ma in realtà è un modo per esercitare controllo sotto forma di amore. Un partner manipolatore può usare frasi del genere per ridurre la vostra autostima senza che ve ne accorgiate.

“Nessuno ti capirà mai come ti capisco io”

Potrebbe sembrare una frase romantica. Ma non lo è. È, al contrario, una frase che isola, che vi fa sentire al sicuro solo dentro la relazione, e inadatte a essere comprese fuori. Serve a creare una dipendenza affettiva: voi da sole non bastate, solo lui può capirvi. Ma l’amore non ha bisogno di rinchiudere. Se sentite spesso questa frase, è il momento di chiedervi: vi sentite amate o vi sentite imprigionate?