Un nuovo passato
Il titolo dice tutto: Imagined Images. Ovvero, “immagini immaginate”. Così l’artista greco-russa Maria Mavropoulou ha chiamato il suo ultimo progetto: oltre 400 immagini che sembrano “scatti” del suo album di famiglia. In realtà, non sono fotografie, ma invenzioni realizzate con l’Intelligenza Artificiale.
«I miei antenati e i miei genitori hanno traslocato più volte da un Paese all’altro del mondo e parte dei loro ricordi, documenti, fotografie, sono andati persi. Mio nonno paterno ha lasciato la Grecia che era ancora un ragazzo. La sua famiglia era comunista e, durante la guerra civile, negli Anni 40, è fuggita in Uzbekistan, allora parte dell’Unione sovietica. La mia mamma è russa, lei e mio padre si sono conosciuti là e si sono sposati. Io sono nata nel 1989 e avevo quasi un anno quando i miei genitori sono tornati in Grecia», racconta Maria.
Mavropoulou per Imagined Images ha utilizzato DALLE, un algoritmo di Intelligenza Artificiale sviluppato da Open AI, la stessa società di ChatGPT, capace di generare immagini partendo da un testo. «Di solito al programma si chiede di creare un’immagine il più vicina possibile a quella che si desidera. La mia è stata più una collaborazione.
Una volta fornite alcune informazioni e suggestioni scritte (per esempio: “C’è una famiglia riunita a pranzo in un giorno festivo negli Anni 90 in Grecia”) ho lasciato all’algoritmo la libertà di creare». In che modo? In sostanza, processando migliaia, milioni di fotografie di famiglia scattate in situazioni simili. «L’algoritmo forniva ogni volta quattro versioni. Che cambiavano se ripetevo la stessa richiesta. La cosa sorprendente è che l’Intelligenza Artificiale sembrava saperne più di me su certi dettagli come per esempio sulla divisa che mia madre indossava al lavoro o su alcuni elementi della casa in cui la nostra famiglia abitava. Mia madre, guardando i risultati, si è commossa più volte». Un altro aspetto interessante, racconta Maria, è che, nonostante fornisse all’algoritmo input piuttosto generici, otteneva sempre immagini simili fra loro. «L’Intelligenza Artificiale forniva in qualche modo una “media statistica” delle fotografie che le persone avevano scattato e postato in Rete. E tutte le famiglie seguono gli stessi cliché: feste di compleanno, matrimoni, pranzi, vacanze... Tutti vogliamo immortalare il meglio della nostra storia».
Mavropoulou ha chiesto all’algoritmo di ricreare per lei anche momenti di vita che non si sono mai verificati e che lei avrebbe desiderato che accadessero. Il risultato, dice, è stato terapeutico. «La mia famiglia è tornata in Grecia senza niente, i miei avevano dovuto vendere tutto quello che possedevano in Uzbekistan. Sono dovuti ripartire da zero. Non ho avuto un’infanzia facile perché non potevamo permetterci di andare in vacanza, non ho mai avuto una festa di compleanno: creare immagini di momenti felici che avrei voluto vivere è stato un modo per rimediare a quella mancanza. Lo stesso quando si è trattato di riempire i vuoti rispetto a certi parenti che non ho mai conosciuto, come i nonni materni. Adesso ogni volta che guardo l’immagine che l’Intelligenza Artificiale ha creato della mia nonna materna mi sembra che sia davvero lei, anche se non so che aspetto avesse».
Ma Imagined Images, nelle sue intenzioni, spinge a molte riflessioni. «Le fotografie sono sempre state ritoccate e, a partire da Photoshop, modificarle è diventato alla portata di tutti. Ma adesso stiamo entrando in una nuova fase in cui foto e video creati dall’Intelligenza Artificiale sono assolutamente verosimili. Per la prima volta nella storia dell’umanità non possiamo più fidarci di un’immagine. Ed è una svolta decisiva perché abbiamo sempre definito reale solo ciò che vedono i nostri occhi».
Mavropoulou, inoltre, ha riflettuto su quei milioni di persone che vivono nei territori di guerra o che sono in fuga dai conflitti. «Ho pensato alla Siria, all’invasione della Russia in Ucraina, più di recente a ciò che sta accadendo in Palestina. Per chi cerca di scappare, definire la propria storia, le proprie origini è fondamentale».
In lavori precedenti, Mavropoulou ha investigato in che modo l’Intelligenza Artificiale rappresenta maschile e femminile. Lo ha fatto con immagini che, nel 2021, facevano parte di una mostra collettiva Her Data. «Gli algoritmi vengono allenati su contenuti, testi e immagini, creati dagli esseri umani. I sistemi di Intelligenza Artificiale fanno propri gli stereotipi diffusi nella società. Ma invece di dare la colpa alle macchine e chiederci come rendere gli algoritmi più paritari e inclusivi dovremmo eliminare i pregiudizi nella realtà. Vogliamo correggere la società o ciò che la rispecchia?».
Immagini di Maria Mavropoulou
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