Taron Egerton: «Anche le spie tornano a casa»
Taron Egerton è l’agente segreto più anticonvenzionale e divertente in arrivo al cinema con Kingsman: il cerchio d’oro. Ma in questa intervista confida la missione che gli sta più a cuore: «Scoprire dove si nasconde la ragazza giusta per me»
Dal primo scambio di battute con Taron Egerton capisco subito una cosa: questo ragazzo gallese, di 27 anni, non ha paura di mostrarsi insicuro.
E in una Hollywood dove i muscoli contano sempre parecchio e diventare un sex symbol è l’ambizione di tutti gli aspiranti attori in giro per provini, il giovane protagonista di Kingsman: il cerchio d’oro, mi spiazza subito per la sincerità. «Se, per esempio, avessi il fisico del mio amico Tom Holland (l’attore e ballerino inglese che ha interpretato Spiderman: Homecoming, ndr) non proverei nessun tipo di imbarazzo a indossare una tutina attillata e a saltare da un palazzo all’altro», mi racconta. «Ma in Kingsman: il cerchio d’oro sono il classico inglese in giacca e cravatta e per apparire sexy devo darmi da fare e alzare la posta in gioco», spiega l’attore che nel film, nelle sale dal 20 settembre, interpreta un agente segreto decisamente fuori dagli schemi accanto a Colin Firth.
Taron si sta, inoltre, preparando a interpretare una rilettura della leggenda di Robin Hood e una biografia dello sciatore Eddie Edwards, il primo atleta inglese a qualificarsi negli Anni 80 del secolo scorso alle Olimpiadi invernali per il salto con gli sci, nonostante una forma fisica completamente fuori standard, zero soldi e lenti spessissime per via di una forte miopia.
Sta dicendo che si sente goffo? So però che lei ha anche un altro asso nella manica: è bravissimo a cantare «Grazie, vuol dire che nel mio prossimo ruolo devo trovare il modo di inserire la canzone Faith di George Michael, il mio cavallo di battaglia. E comunque la mia gavetta teatrale mi ha insegnato che sul palcoscenico puoi essere qualsiasi cosa. Io, per esempio, ho debuttato a 15 anni sul palcoscenco strizzato in un abito rosso e avvolto in un boa di piume».
Tutti hanno amato il primo, Kingsman: Secret service. Che cosa ci racconta del seguito?
«È irriverente, provocatorio e in più abbiamo alzato i toni. Sono molto contento del ritorno di Harry Hart (il ruolo di Colin Firth, ndr), che nel finale del primo episodio veniva dato per morto. La sua relazione con il mio personaggio, Eggsy, il suo “protetto”, è quella che dà vita e senso alla storia».
Quando è stato deciso che Colin Firth sarebbe tornato?
«Questo me lo ricordo bene, perché fino a quel momento avevo sperato di avere finalmente tutta la scena solo per me. Scherzo naturalmente. Il regista del film, Matthew Vaughn, è uno che sa ascoltare il suo pubblico, lui lavora con gli spettatori, fa molte proiezioni di prova e analizza le reazioni. Il primo film funziona anche perché c’è questo elemento tragico, ma ti lascia la sensazione che Harry sia uscito di scena troppo presto, quindi c’era da parte del pubblico la voglia di sapere di più su di lui. E Matthew l’ha capito».
Tutta l’estetica di questa saga gira attorno all’immagine del gentleman inglese: dal modo di vestire a quello di comportarsi. Ma in Kinsgman: Il cerchio d’oro la vera novità è l’arrivo di una squadra di americani. Un bello scontro culturale.
«Scoprire a poco a poco pregi e difetti dello stile inglese era una delle cose divertenti del primo capitolo. Nel seguito Matthew e il team dei creativi hanno lavorato altrettato sodo per creare gli “Statesmen”, che sono la nostra esordicontroparte a stelle e strisce. E dal confronto, dalle armi usate e dal modo di combattere verranno fuori situazioni irresistibili. Inoltre abbiamo praticamente moltiplicato le scene d’azione. Matthew, odia l’idea di essere prevedibile. La storia vista finora dal pubblico lasciava l’idea che l’agenzia indipendente di servizi segreti Kingsman venisse distrutta. Ma il regista si muove proprio così: valuta che cosa si aspettano le persone da lui e poi fa il contrario, per soprenderle. E questo è un segreto utilissimo nella vita, che vorrei imparare anch’io».
Lei è molto amico di Vaughn, le darà sicuramente ottime lezioni in tal senso.
«Anche questo è vero. È una grande fortuna per un attore giovane come me incontrare qualcuno con cui si possa parlare di tutto, non solo di lavoro».
Sono cambiati i rapporti d’amicizia anche tra lei e Colin Firth, rispetto al primo film?
«Sì, e va sempre peggio: Colin non mi può più guardare negli occhi sul set, ora sono io il boss. Scherzi a parte, mi sono sempre trovato molto bene con Firth e credo che la cosa sia reciproca. Ho avuto subito la sensazione di aver trovato un amico e da allora siamo rimasti in contatto. Se qualcosa è cambiato tra noi, è il fatto che ora non sono più sull’orlo di una crisi di nervi. In quel periodo, infatti, ero molto nervoso, avevo 23 anni. A novembre ne faccio 28 e sto imparando a rilassarmi».
Non è un po’ troppo presto per mettersi tranquilli?
«In realtà no. Tra i miei più grandi desideri c’è anche quello di trovare la donna giusta e mettere su famiglia. Non mi piace l’idea di ritrovarmi sempre solo nelle stanze d’albergo quando giro un film. E per di più non avere neanche nessuno a casa che mi aspetta. Una famiglia rende più facili e sopportabili gli effetti collaterali di un lavoro senza orari e “nomade”».
A proposito di ragazze, questo è un film molto maschile dove, però, spiccano Halle Berry, che interpreta un’agente della Cia, e Julianne Moore, che ha il ruolo di un’imprenditrice senza scrupoli nel mondo della droga. Che cosa hanno apportato queste attrici al film?
«Halle e Julianne sono bellissime e hanno dato un tocco di vitalità, energia e sensualità a tutta la trama. Si sono perfettamente inserite nel cast, ma soprattutto si sono molto divertite a girare il film. Perché, in fondo, è stato anche questo il bello: tutti i nuovi attori che appaiono qui sono stati fan e ammiratori del primo episodio di Kingsman. A cominciare da Jeff Bridges, che è sempre stato un mio mito. Si rende conto? Jeff Bridges, che si congratula con me per il lavoro che abbiamo fatto insieme. Che cosa potevo volere di più?».
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