Roberta Mattei: Non sono più una ragazza di periferia
Si è fatta conoscere interpretando donne estreme che vivono ai margini. E ora che Roberta Mattei è diventata uno dei nuovi volti del Cinema italiano, vuole mostrare a tutti quello che ha imparato negli anni: “Che una donna vera non può essere ridotta a un’etichetta”
Occhi neri profondi, capelli lunghi e selvaggi, magrissima, sempre ai margini. L’attrice Roberta Mattei, 33 anni, si è fatta conoscere con due film drammatici. In Non essere cattivo di Claudio Caligari (candidato all’Oscar 2016 per l’Italia) interpretava la compagna saggia dell’eroe maledetto Alessandro Borghi. In Veloce come il vento di Matteo Rovere era la fidanzata tossicodipendente di Stefano Accorsi.
Così, quando la incontro in un locale del quartiere Pigneto, la periferia amata dagli intellettuali di Roma, mi aspetto di ritrovare il personaggio “pasoliniano” che ho conosciuto sullo schermo. Ma Roberta invece rivela una personalità gioiosa e aperta. Mentre mangiamo cibi speziati dice che sta per trasferirsi in questo quartiere da Spinaceto, la borgata romana in cui è nata e cresciuta e dove, otto anni fa, ha fondato con i familiari il Teatro della Dodicesima. «Ma sono stanca di sentirmi dire che sono una ragazza di periferia», dice. «Le etichette non servono a niente, conta quello che hai dentro».
Al momento della tisana, cominciamo a parlare dei nuovi film girati da Roberta: Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda (nelle sale il 2 marzo) e La banda dei tre di Francesco Maria Dominedò, in uscita più avanti.
Si tratta di due commedie, una svolta nella carriera dell’attrice.
È stata lei a cercare dei ruoli leggeri o glieli hanno offerti?
«Sono stata io. Fin da piccola possiedo doti comiche che convivono con una certa malinconia. Adoro le commedie e non volevo rimanere intrappolata a vita nel personaggio socialmente svantaggiato. Con Capatonda è nata un’amicizia, poi lui ha scritto la sceneggiatura pensando proprio a me. Mi ha dato fiducia».
E qual è il suo personaggio?
«Sono un’ispettrice di polizia, l’unica persona normale in un mondo di mostri. Omicidio all’italiana prende in giro la televisione che cavalca la cronaca nera: si svolge in un paese in cui è avvenuto un delitto e tutti sperano, grazie alle dirette tv, di ricavarne dei vantaggi».
Com’è finita a fare l’attrice?
«Verso i 12 anni ho sentito il desiderio di recitare perché a scuola non andavo bene. Diciamola tutta, ero un’asina, come mi ripetevano gli insegnanti, ma da grande ho scoperto di aver sofferto di un vero disturbo dell’apprendimento, il deficit di attenzione. Ero distratta, iperattiva, non avevo voglia di imparare secondo gli schemi tradizionali. Sono cresciuta convinta che tutti fossero più intelligenti di me».
E quando ha scoperto che non era così?
«A vent’anni ho capito che la cultura non viene solo dai libri, ma in gran parte dall’educazione. In casa ho assorbito i veri valori della vita, poi con i miei ho fondato il teatro nel mio quartiere. Lo mando avanti con mia madre, mio padre e mio fratello, che si occupano della parte pratica. Sono talenti non sbocciati, ma sempre al mio fianco».
Quali sono i valori più importanti che si scoprono in una borgata?
«L’autenticità e la solidarietà. Nel mio quartiere difficile sono cresciuta ponendomi tante domande».
Non provenire da un ambiente borghese può essere un problema nel suo lavoro?
«Sì, ma mi è capitato di pensarlo solo quando mi sono imbattuta in persone poco intelligenti. Chi ha cervello e cultura non conosce i pregiudizi, non giudica e non rifiuta una realtà diversa».
Qual è oggi la difficoltà più grande che incontra?
«Pur avendo girato due film importanti, non sono popolare. Nell’ambiente sanno chi sono, ma devo ricordarlo a tanti. È il prezzo che pago per aver debuttato nel cinema d’autore».
Che cosa ha imparato sul set di Non essere cattivo, diretta da Caligari che poi sarebbe scomparso alla fine delle riprese?
«Il rispetto per il lavoro, il senso del sacrificio e il valore universale dell’amore. Alla Mostra del Cinema di Venezia, dove il film è stato accolto da ovazioni, l’emozione era tangibile come se i sentimenti del regista raggiungessero tutti. Non lo dimenticherò mai».
L’amore totale per il suo lavoro rischia di avere ripercussioni sulla vita privata?
«Chi entra nella mia vita sa come sono fatta e deve “farci pace” subito».
Ha un amore, attualmente?
«No, sono single. Ho chiuso da poco una storia durata quattro anni con un musicista. Nel futuro mi vedo ancora in coppia, ma con nessuno del mio ambiente».
Non ci si capisce meglio quando si fa lo stesso lavoro?
«Forse, ma nel cinema una coppia suscita i pettegolezzi. Io sono riservata, non amo essere sulla bocca dei colleghi».
Come dev’essere un uomo per conquistarla?
«Coraggioso, altruista e simpatico».
Ha molti amici tra gli attori?
«Piuttosto tra gli artisti, vado d’accordo con quelli più grandi di me».
E con la rivalità come la mette? Siete tante, voi attrici 30enni.
«Non ho mai avvertito l’invidia. Nel mio ambiente si preoccupano tutti di non farti sapere la verità».
Che rapporto ha con la moda?
«Adoro i bei vestiti, come tutto quello che esalta la bellezza femminile. Nella vita sono tutt’altro che sofisticata, ma sul tappeto rosso mi trasformo».
Che cosa fa quando non lavora?
«Pratico le arti marziali, cucino, studio la medicina olistica, che mette in relazione il corpo con la mente e l’ambiente. Percepisco l’energia delle persone».
E se questa energia le appare negativa che cosa fa?
«Provo empatia, se deriva dalla malinconia del mio interlocutore. Ma se viene dal suo desiderio di potere, mi allontano».
Che cosa si augura per il futuro?
«Per ora il mio unico programma è non avere rimpianti. E non perdere tempo».
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