Charlize Theron: «È il mio corpo che vi parla»
Al cinem Charlize Theron è una spia sexy, muscolosa e di poche parole. «Un tipo feroce. Quasi come me», dice a GRAZIA l'attrice che, dopo la relazione con Sean penn, ha deciso che gli uomini non farà più sconti.
Charlize Theron mi viene incontro completamente vestita di nero. È molto sexy ma quando le chiedo il nome dello stilista che ha firmato il suo abito sbarra gli occhi: «Non lo so. È un vestito e basta», dice tagliando corto.
Mi è subito chiaro che non sarà una di quelle interviste dove ci si scambiano per forza complimenti. Proprio in questi giorni la diva, che recentemente è stata fotografata accanto a Gabriel Aubry, ex dell’attrice Halle Berry, è sulle tv americane con Il tuo ultimo sguardo, il film diretto due anni fa da Sean Penn, poco prima che la loro storia d’amore naufragasse tra mille clamori e supposizioni. «I rapporti finiscono, non bisogna farsi troppe domande», dice asciutta Theron, mamma single di Jackson, 6 anni, e August, 2, entrambi adottati.
Il 17 agosto Charlize è arrivata, invece, al cinema nel film Atomica bionda, dove ha la parte di un’agente dei servizi segreti britannici, alle prese con una complicata operazione di spionaggio nella Berlino del 1989, alla vigilia della caduta del Muro. Theron ha creato il personaggio con il regista David Leitch, prendendo spunto dalla graphic novel del 2012, The Coldest City.
A guardarla in Atomica bionda sono rimasto stupito da quante cose riesca a fare il suo personaggio.
«Non penso che sarei stata interessata alla parte se non fossi stata attratta dalla sfida di raccontare la storia in modo fisico. Visto il mio passato di ballerina di danza classica, sono affascinata dall’idea di usare il corpo per la narrazione. E David Leitch voleva un film dove si superassero i limiti. Solo dopo mi sono resa conto che le grandi idee hanno bisogno di muscoli quando bisogna realizzarle. C’erano mattine in cui non riuscivo a scendere dall’auto per il dolore. Poi sono diventata fortissima. C’erano persino due punti della sceneggiatura dove non era previsto che ci fossero combattimenti, ma alla fine li abbiamo inseriti lo stesso».
Il regista David Leitch è un ex stuntman. Come vi siete conosciuti?
«Lui è entrato all’improvviso nel mio ufficio. Aveva portato il suo computer e lo ha aperto per farmi vedere le fotografie del movimento punk e underground che negli Anni 80 del secolo scorso stava prendendo piede in Germania. Ho capito che potevano essere la base per costruire il personaggio provocatorio della spia Lorraine Broughton. Volevo fare qualcosa di diverso. E per lo stile mi sono ispirata anche alle fotografie di moda di Helmut Newton».
Un riferimento estetico impegnativo.
«Però ha funzionato. C’è una scena in cui lotto all’interno di un appartamento, con addosso una minigonna e un reggicalze. Il nostro costumista ha fatto un gran bel lavoro, neanche mi sono accorta di indossarli».
Nel film è una donna davvero feroce
«Guardi che non lo sono solo sullo schermo, ma anche nella vita».
E allora mi dice come si è sentita a prendere a pugni e a uccidere tanti maschi?
«Benissimo!», ride di gusto. «Scherzo, ovviamente. Però quando ti alleni così tanto non hai solo benefìci fisici. Prepararmi per il film mi ha fatto bene mentalmente. Era un combattimento a mani nude che sembrava reale, anche se non c’era contatto. Ma a fingere mi sono sentita bene, ho scaricato molte tensioni. E nella sequenza verso la fine del film in cui combatto nell’appartamento di Budapest, dove abbiamo ricostruito la Berlino del 1989, molti dei miei avversari si sono presi davvero qualche colpo imprevisto. Ho dovuto offrire loro da bere per scusarmi».
Secondo in articolo della rivista Variety, dopo l’enorme succeso di Wonder Woman, Hollywood è diventata femmina. È d’accordo?
«Non ne sono sicura. C’è davvero una bella fetta di torta che noi ragazze dobbiamo ancora prenderci. Hollywood ogni tanto dà più spazio ai personaggi femminili, ma non c’è coerenza. Non appena un film con un’eroina non funziona, ecco che tutto si ferma e nessuno vuole farne un altro: questo è il problema. Per quanto riguarda Atomica bionda è scoccata la scintilla quando ho letto le prime dieci pagine della graphic novel su cui è basato. Amo andare al cinema e da spettatrice vorrei vedere film così, dove le donne non fanno sconti ai maschi».
Quindi vuole continuare con le pellicole d’azione?
«A me piacciono soprattutto le storie. Mi commuovono e mi ispirano i bei racconti e per me è secondario dovermi trasformare anche radicalmente per portarle sullo schermo, come quando sono ingrassata 18 chili per Monster».
Pensa che riuscirebbe a essere una brava spia?
«Certo. Sia gli uomini sia le donne se la cavano bene con gli intrighi, ma se dovessi sbilanciarmi direi che le ragazze hanno più strumenti in questo senso. Non avranno mai la forza fisica dei maschi, quindi devono ricorrere ad altri espedienti: le donne reagiscono bene quando minacciate e, quando sono messe all’angolo, è lì che esce l’istinto di sopravvivenza, farebbero qualsiasi cosa per cavarsela».
È vero che durante una delle scene più violente del film si è scheggiata i denti?
«Non solo. Ho avuto dei problemi anche quando ho iniziato ad allenarmi. Il mio obiettivo era accontentare il regista, che voleva girare le scene di lotta per otto o nove secondi. Di solito poi si vedono sullo schermo uno o due secondi al massimo dell’azione, che viene poi costruita nello studio di montaggio. Posso dire con orgoglio che in questo caso il 98 per cento delle scene sono interpretate da me senza controfigura».
Riuscirebbe a stendere un uomo?
«Ci vuole abilità per farlo. Molto dipende dalla matematica, bisogna capire il peso di chi hai di fronte e come gestirlo. Se una ragazza dà un pugno sullo sterno di un uomo, si rompe una mano: deve usare gomiti, spalle, ginocchia, parti del corpo che non si fratturano facilmente. Se sei agile riesci a mettere al tappeto un avversario grande il doppio di te. E io, che amo le arti marziali, ci sono riuscita qualche volta».
L’hanno descritta come “una leonessa con un gran senso morale”. E in più lei ha fama di non avere peli sulla lingua, cosa molto rara qui a Hollywood.
«Non saprei essere diversa da quella che sono. E di questo devo ringraziare mia madre. Mi ha cresciuta proprio con l’idea che non esistono compiti e lavori da donna o da uomo. Poi mi ha insegnato a non tirarmi mai indietro e le sono grata, anche perché sono nata in un Paese, il Sudafrica, dove le persone per le vicissitudini politiche legate alla segregazione dei neri, vivevano di mezze verità».
Qualche critico guardandola in Atomica bionda ha detto: «Fatti da parte, James Bond».
«Lo considero un bel complimento».
Di solito James Bond seduce una ragazza. E qui anche lei seduce una donna.
«Sento la responsabilità di raccontare quel che succede nella società. A volte guardo i film e mi sembra che non rispecchino abbastanza il nostro tempo. Ecco perché inseguo e cerco storie fuori dagli schemi. La relazione a cui fa riferimento lei non c’è nel fumetto originale, dove, invece, la protagonista ha un legame con un uomo. Ma io volevo un film diverso.
Tutti si aspettano un uomo e una donna che si mettono insieme, anche se, nella realtà, ciò non accade sempre. Non solo, mi piaceva l’idea di inserire una relazione tra persone dello stesso sesso, ma anche che la protagonista avesse un rapporto che non fosse d’amore. Non è che James Bond si sia innamorato di ogni donna con cui è andato a letto. Per me era importante mostrare due persone che vivono un momento d’intimità, anche senza sentimenti. Riflette un’indipendenza sessuale femminile, una padronanza del corpo di cui al cinema si parla ancora troppo poco».
Che cosa dicono i suoi figli quando torna piena di contusioni al termine di una giornata lavorativa?
«Sarei un genitore terribile, se lasciassi vedere certe cose ai miei bambini. Quando giravamo a Budapest, un giorno sono arrivati sul set all’improvviso: avevo le protesi, il trucco di scena e la faccia piena di lividi. Non ero preparata e ho pensato: “Oddio, non è che li dovrò mandare in analisi per il resto della vita?”. Ma mio figlio mi ha spiazzata con questo commento, forse fatto anche per proteggere sua sorella: “Oggi la mamma si è mascherata”».
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