Jake Gyllenhaal: Vi lascerò senza parole
Al cinema ci ha abituati a ruoli che tengono sulle spine gli spettatori per tutto il film. Ora in Life Jake Gyllenhaal è un medico astronauta che nello spazio deve sopravvivere a una forma di vita aliena. Anche se è sulla Terra che tutti vogliono vedere l’attore alla prova: con la sua ex, la popstar Taylor Swift
«Stavolta volevo solo divertirmi». Mi dice così Jake Gyllenhaal, 36 anni, l’attore americano che più di ogni altro sembra scegliere ruoli destinati a far soffrire gli spettatori. Oggi è in completo nero e camicia bianca, ma davanti a me rivedo il Tony Hastings di Animali notturni, di Tom Ford, l’uomo che si vede portar via moglie e figlia da un gruppo di balordi e che affronta un disperato inseguimento.
Oppure mi sembra di scorgere il pugile maledetto Billy Hope, protagonista di Southpaw, o ancora la determinata guida alpina Scott Fischer di Everest. Jake è uno dei pochi attori americani che ha il potere di lasciare con il fiato sospeso chi lo guarda.
Probabilmente per questo è stato scelto per il thriller fantascientifico Life (ora nelle sale), dove recita accanto a Ryan Reynolds e all’attrice svedese Rebecca Ferguson, e interpreta un ufficiale medico all’interno della stazione spaziale internazionale, alle prese con la prima forma di vita aliena mai incontrata dall’uomo.
«È una storia che fa venire i brividi, per questo mi sono divertito molto a farne parte», conferma l’attore.
Oltre a Life, Gyllenhaal in queste settimane sta facendo parlare molto di sé per altre due ragioni. Una è il suo primo musical a Broadway, Sunday in the Park With George, dedicato alla vita del pittore puntinista Georges Seurat. L’altra, più frivola, riguarda il suo riavvicinamento alla ex, la popstar Taylor Swift, con la quale aveva avuto una relazione nel 2010, che lo aveva lasciato con una canzone abbastanza esplicita We Are Never Ever Ever Getting Back Together, cioè “Io e te non torneremo insieme mai e poi mai”.
«Ma quando hai una relazione, è inevitabile finire sotto esame da parte del tuo partner, no?», dice ora Gyllenhaal. Per il resto, quando si parla di vita privata - la relazione con le colleghe Kirsten Dunst e Reese Witherspoon, o con la modella Alyssa Miller - Jake è capace di diventare più silenzioso di David Johnson, il medico che interpreta in Life.
Per calarsi al meglio nel suo ruolo ha parlato con ex astronauti, ha avuto come tutor un allenatore specializzato in movimenti in assenza di gravità e un medico esperto in traumi violenti. Il risultato di tutto questo è un uomo quasi muto. Perché?
«Come tutto l’equipaggio, anche il mio personaggio viene affascinato dalla creatura aliena. E siccome lei non parla, ho pensato che i lunghi silenzi fossero il modo migliore di rappresentare questa tensione».
Anche lei, da bambino, sognava di diventare un astronauta?
«Niente affatto. Ricordo molto bene il disastro dello Space Shuttle Challenger, che esplose in volo nel 1986. Come tanti, quel giorno mi si spezzò il cuore».
E crede alla vita extraterrestre?
«Ho sempre pensato che possa esserci qualcosa di più certo punto, scopriremo della vita altrove».
Se fosse possibile davvero andare su Marte, in uno di quei viaggi che durano mesi, se non anni, lei si imbarcherebbe?
«No, credo che mi scarterebbero durante le selezioni perché non ho il tipo di personalità adatta. Sono un Sagittario, non saprei star fermo. La pazienza non è tra le mie qualità. Per queste missioni, e per quelle spaziali in genere, serve una personalità meticolosa e paziente, come quella di un collezionista di francobolli. Io, invece, già perdo la pazienza a incollarne uno su una busta da lettera».
L’impazienza è un po’ un difetto maschile.
«Oggi è più difficile generalizzare. Non è così facile definire quale sia una caratteristica “da maschi”, perché abbiamo davanti tanti modelli di mascolinità diversa. Io stesso sono abbastanza disorientato, anche se mi sento più a mio agio quando non devo nascondere di essere vulnerabile».
Per ammetterlo, però, ci vuole tanta fiducia in se stessi. Lei da dove ha preso la sua?
«Probabilmente dal fatto di essere il fratello più piccolo e di dover sopravvivere a mia sorella», ride di gusto mentre tira in ballo Maggie, anche lei attrice. «Scherzi a parte, oltre a lei ho avuto dei genitori fantastici, che mi hanno sempre permesso di esprimermi liberamente. Tutti abbiamo dei lati oscuri, dei non detti, ma la mia famiglia mi ha sempre aiutato a confrontarmi con essi. E ad accettare che non si può riuscire in tutto».
Che cosa le creava problemi da ragazzo?
«Per esempio, avevo problemi di vista. Dovevo sempre avere gli occhiali o le lenti a contatto e questo mi metteva a disagio. Giocavo a baseball e lanciavo la palla sempre troppo corta, mi chiamavano “quattrocchi”. Sembrano sciocchezze, adesso, ma di questo soffri quando sei un adolescente».
Ora che è una star di Hollywood, ed è stato accanto a donne bellissime, ha avuto la sua vendetta sui compagni che la prendevano in giro.
«Non credo molto al concetto di vendetta, preferisco concentrarmi sulla responsabilità. Se penso alle persone che ho veramente ammirato nella mia vita, non si tratta di gente con la mentalità da cowboy, ma di uomini che credevano nella non violenza, nel cambiare le cose senza dover per forza alzare un polverone».
Ha detto che Life è una metafora del nostro tempo. In che senso?
«Il film ti mette davanti alle due facce della stessa medaglia. L’umanità è curiosa: a volte, la curiosità ti porta a scoprire mondi nuovi e a dare il meglio di te; altre volte è solo tracotanza, la voglia di superare i limiti senza pensare alle conseguenze».
Anche in amore esistono equilibri sottili. Il film sugli alieni le ha insegnato qualcosa anche su questo tema? Jake inizia a ridere.
«Ho come la sensazione che ogni volta che concedo un’intervista, lo scopo non sia parlare del film, ma sapere se e quando mi sposerò. Lo farò, promesso. Su questa faccenda voi giornalisti siete più pedanti di mia madre».
« Su questa faccenda voi giornalisti siete più pedanti di mia madre »
Nel film Animali notturni interpreta uno scrittore che dedica alla sua ex un romanzo a tratti scioccante. Lei ha mai fatto qualcosa del genere a una donna?
«Ogni singola cosa che faccio è dedicata a qualcuno, credo sia inevitabile. Quando sei un artista finisci per trasportare nel tuo lavoro tante emozioni, comprese quelle della tua vita privata. E viceversa. Credo che sia una bella cosa, anche se non potrei mai dire che ogni ruolo che ho interpretato in passato possa essere dedicato a qualcuno».
È più facile che la rivedremo accanto a una sua ex o accanto a sua sorella in un film? L’ultima volta è stata 16 anni fa in Donnie Darko.
«Al momento sono più interessato a uscire con mia nipote (Ramona, 11 anni, ndr) senza imbarazzarla, che non a recitare con mia sorella. Ma so che, se dovesse capitare un bel progetto, nessuno di noi due esiterebbe a lavorare con l’altro. Sull’altra questione, non parlo volentieri della mia vita privata, lo sapete».
Allora parliamo di nuove esperienze: come è finito a Broadway?
«Le rispondo con una battuta del musical: “Qualunque cosa tu faccia, se viene da te, sarà sempre una novità”. È ciò in cui credo: quando vuoi cambiare qualcosa della tua vita, devi cercare la risposta dentro di te, fare a modo tuo e andare avanti. Magari non tutti ti capiranno subito, ma tu saprai di aver avuto ragione».
« Amo cantare, è una vita che lo faccio. Solo che non lo avevo mai detto in nessuna intervista »
Ma lei sapeva cantare?
«Odio i quiz, ho la tendenza a pensare molto e a dare risposte lunghe e contorte. Ma una cosa la so: amo cantare, è una vita che lo faccio. Solo che non lo avevo mai detto in nessuna intervista».
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